10 dicembre 2015

CONCENTRAZIONI EDITORIALI: MONDAZZOLI. NON È QUI IL PROBLEMA


Nel febbraio scorso un gruppo di autorevoli autori Bompiani (ma non solo) sottoscrisse un appello contro la fusione Rizzoli Mondadori perché “questa fusione darebbe vita a un colosso editoriale che non avrebbe pari in tutta Europa perché dominerebbe il mercato del libro in Italia per il 40%. Un colosso del genere avrebbe enorme potere contrattuale nei confronti degli autori, dominerebbe le librerie, ucciderebbe a poco a poco le piccole case editrici e (risultato marginale ma non del tutto trascurabile) renderebbe ridicolmente prevedibili quelle competizioni che si chiamano premi letterari” (sai la novità), insomma le auguste firme ci avvisano del rischio che corre la democrazia con l’editore grande fratello; a quell’appello è seguito recentemente con gran battage la fondazione di una nuova casa editrice.

06marossi43FBQuasi nessuno aveva invece manifestato preoccupazioni per un’altra fusione: quella della distribuzione, che pure aveva preoccupato l’antitrust: “L’operazione” si legge nella nota, conclusiva dell’indagine “riguarda i due principali operatori a livello nazionale del mercato della distribuzione per conto di editori terzi (Feltrinelli, Messaggerie ndr. Di conseguenza, l’accordo eliminerà la pressione concorrenziale che questi soggetti esercitano reciprocamente l’uno sull’altro … l’AGCM (Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato) ha accertato che la futura joint venture andrà a detenere una posizione dominante sul mercato della distribuzione dei libri di “varia” per conto di editori terzi e che l’operazione notificata sarebbe stata suscettibile di produrre effetti unilaterali nei confronti degli editori indipendenti medio – piccoli: questi ultimi avrebbero disposto di un potere negoziale sensibilmente ridotto nei confronti della nuova entità e in assenza delle misure decise dall’Autorità, sarebbero stati esposti al rischio di disdette dei contratti in essere, di dinieghi indiscriminati di negoziazione ovvero a un peggioramento delle condizioni economiche e contrattuali applicate.”. Per queste ragioni l’antitrust ha posto alcuni vincoli a tutela dei piccoli editori che peraltro scadono il 31 dicembre 2016, come dire tutela democratica a scadenza contro posizioni dominanti.

Concentrazione degli editori, concentrazione della distribuzione ma anche concentrazione dei canali di vendita: il 40,6% dei libri (fisici) è venduto in libreria di catena, il 30,7% in librerie indipendenti (calo dell’8% sull’anno precedente), il 14% su internet (il settore in aumento assoluto e costante peraltro anch’esso dominato dai grandi gruppi). Il resto negli altri canali, in primis la grande distribuzione che registra un calo (tra 2011 e 2012 le vendite in supermercati e autogrill erano scese del 5%, tra 2012 e 2013 del 10%, e tra 2013 al 2014 del 13,7%). Quindi il 70% del libro cartaceo è venduto da grandi gruppi.

Ma anche concentrazione delle vendite, che sono in calo. Dice l’AIE (Associazione Italiana Editori) che il 2015 tende a chiudersi con un segno positivo: a fine ottobre registra per i libri di carta nei canali trade e senza Amazon, un -1.6% di fatturato mentre e un -4,4% di copie nei primi dieci mesi del 2015 (non mi è chiaro cosa c’è di positivo). In pratica il calo è imputabile al tracollo della grande distribuzione che non è stato recuperato, con buona pace di tutti quelli che tuonavano contro la politica degli sconti selvaggi dicendo che erano vendite sottratte alla libreria. Chi comprava libri scontati non li compra a prezzo intero. Significativo il fatto che le librerie su Internet e gli ebook abbiano ormai raggiunto i volumi di vendita della grande distribuzione: 172 milioni di euro di fatturato contro i 175 di supermercati e autogrill, quattro anni fa, la Grande distribuzione valeva il doppio della vendita online e degli ebook.

L’ebook pesa secondo alcuni per il 5% del totale del mercato (l’AIE dice che ebook + banche dati e servizi web ad aziende e professionisti vale il 9,4%) i dati sono ballerini perché difficoltosa è la rilevazione un po’ come nei sondaggi politici: qui si può solo notare che la sua crescita è molto più lenta del previsto. Quanto alle vendite in termini di valore è facile immaginare che il peso dei grandi gruppi sia ben oltre il 70%.

Concentrazione anche nel canale edicole, anch’esso in calo costante sia come numero di punti vendita (nessuno ha il numero preciso, ma basta girare per le città per rendersi conto della moria) sia come valore: dal 2011 i libri venduti in edicola separatamente dai giornali sono diminuiti del 34%, come all’incirca i libri allegati ai quotidiani che nel 2011 generavano 71 milioni di euro, mentre nel 2014 sono scesi a 43, mentre la vendita di libri a fascicoli nel 2014 perde il 13,5% (-50% dal 2011).

Ma anche concentrazione degli spazi: oggi infatti le librerie, specie quelle delle catene tendono a rimpicciolirsi riducendo costi ma anche ovviamente l’offerta e nello spazio ridotto c’è sempre più da comprendere gli scaffali per il non libro e per l’immancabile aperitivificio/bistrot, anzi a volte sono bistrot con libreria o bar con book crossing. E concentrazione dei prezzi che sono in calo costante così come l’occupazione.

Sopratutto assistiamo a una concentrazione dei lettori, il 59% degli italiani non legge neanche un libro in un anno (in Francia è il 30%), senza grandi differenze di classe e di studi visto che tra i non lettori assoluti c’è un 40% di dirigenti e professionisti. A salvare l’esistenza del libro sono le donne (almeno il 48% legge un libro l’anno contro il 35% degli uomini) e i bambini/ragazzi (tra gli 11 e 14 anni c’è il picco di lettori).

L’unica cosa che non si concentra è il numero di editori e di titoli. Sono 1.190 le case editrici che hanno pubblicato più di 10 libri nel 2014, circa 4.900 i marchi; 30.961 titoli pubblicati tra gennaio e giugno di quest’anno; 26.908 ebook nei primi sei mesi del 2015 (la loro incidenza sul cartaceo è ormai dell’86,9% (era del 28,8% solo quattro anni fa). I piccoli editori pubblicano il 51% dei titoli (154.000 in catalogo, il 18% del mercato). Pubblicare una grande quantità di titoli non corrisponde ad avere una fetta di un mercato: 26,5% Mondadori, 12% Rizzoli, 10% Gems, 6% Giunti, 4,6% Feltrinelli, 2,3% De Agostini; ancor maggiore percentualmente lo spazio occupato fisicamente sugli scaffali.

Così come non si concentrano anzi proliferano gli eventi, le fiere e in genere i luoghi dove i libri vengono presentati o venduti occasionalmente: le vendite di libri nelle fiere e festival è cresciuta dell’11,5 per cento, nei musei del 4,2%, tuttavia il numero di fiere e presentazioni (così come quello dei premi) sembra più funzionale a valorizzare l’immagine degli organizzatori pubblici e privati che alla diffusione del libro visto che calano lettori e copie. Tra un po’ assisteremo alla protesta dei librai contro gli eventi, un po’ come i ristoratori protestano contro le sagre e le feste della birra.

Insomma in questo quadro di grandi trasformazioni la vicenda Mondazzoli appare francamente trascurabile e certo meno rilevante delle altre concentrazioni. L’allarme derivatone è dovuto non tanto a uno strabismo politico essendo la Mondadori (con Einaudi e Pimme) berlusconiana e Feltrinelli con Mauri progressista/renziana quanto alla tradizionale spocchia degli intellettuali italiani.

Quanto alle domande sulla democraticità del libro: chi salverà il piccolo editore? Chi salverà la pluralità culturale? Chi salverà la democrazia dell’editare? La risposta è semplice. Il web. Dove a tutte le ore del giorno e della notte si potranno comprare tutti i libri di carta che si vogliono, leggere e editare tutti gli ebook che si pensano, cercare tutte le copie fuori commercio esistenti e rintracciare le più sperdute edizioni. Amazon ci salverà con buona pace degli amanti des dames du temps jadis.

 

Walter Marossi

 



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