2 dicembre 2015

SILICON VALLEY A EXPO? A MILANO ESISTE GIÀ GRAZIE ALLE STARTUP


«Un grande centro di ricerca mondiale, il simbolo di un nuovo Umanesimo», così l’ha definito in un tweet dello scorso 10 novembre il presidente del Consiglio Matteo Renzi. Che contenga centri di studio e sperimentazione negli ambiti delle tecnologie mediche, del welfare, della nutrizione, dell’eco-sostenibilità, della genomica, dei big data e pure del patrimonio artistico e culturale. Insomma, qualunque cosa tutto questo significhi, il destino dell’area dell’Expo pare essere segnato: con “Human Technopole Italy 2040”, le 25 cartelle che contengono le linee guida del piano d’attacco, i terreni ex Cabassi di Rho-Pero dovranno ospitare una Silicon Valley all’italiana per la quale il Governo è pronto a sborsare 150 milioni di euro all’anno.

07amodeo42FBMa il piano sembra ancora un po’ troppo vago, mentre è risaputo che ai milanesi piaccia essere pragmatici. Prova ne è che proprio nella città sono già attive realtà che, da alcuni anni, producono tecnologia applicata al mondo medicale, digital ma anche dell’innovazione sociale, dell’agrifood e dei wearable device: è il variegato sottobosco delle startup, un microcosmo in continua trasformazione, la cui mappatura (si trova qui:http://startup.registroimprese.it/) è difficile proprio perché in eterno aggiornamento.

Per la maggior parte sono inserite in luoghi fisici chiamati incubatori e acceleratori dove, affiancate da mentor, seguono percorsi di formazione per progettare, crescere e inserirsi nel mercato. Cartina di Milano alla mano, si nota che questi luoghi, vere residenze delle startup, sono disposti in zone ben precise della città: quelle periferiche del nord (Quarto Oggiaro, Bovisa, Chinatown) e del sud (Ripamonti, Vigentino o addirittura Lodi). Qui si trovano i nuovi laboratori italiani dove non solo si produce la “silicon” tecnologia, ma dove si formano anche gli imprenditori, i consulenti e i manager di domani.

Partendo dall’estrema periferia nord di Milano, Quarto Oggiaro, si trova FabriQ, incubatore ideato dal Comune di Milano e sviluppato dalla Fondazione Giacomo Brodolini e da Impact Hub Milano. Inaugurato nel 2014, FabriQ si occupa di innovazione sociale, che si lega a quella tecnologica attraverso due start up che operano in mercati simili.

La prima e più quotata è XMetrics: si tratta di un dispositivo per nuotatori da indossare sulla testa prima di iniziare a nuotare e che, dal momento dell’immersione, registra ogni parametro di allenamento, dal numero di vasche alle pulsazioni, fornendo un riscontro audio immediato e aiutando gli sportivi a migliorare le loro prestazioni.

La seconda è Aria, una tecno soletta per le scarpe che, comandata attraverso un’app per smart phone, permette di mantenere costante la temperatura dei piedi all’interno delle scarpe emettendo aria calda o fredda, e di registrare i dati del movimento che possono essere utilizzati per un consulto medico. «La collaborazione tra start up – dice Matteo Bina, incubation manager di FabriQ – è importantissima», e tra XMetrics e Aria c’è stata. «Poiché entrambe trattano wearable device – prosegue – uno dei fondatori di XMetrics, che è una delle nostre prime start up, ha accettato di fare da mentor ai ragazzi di Aria: i problemi erano gli stessi, ma le soluzioni, questa volta, sono state velocissime». … Per continuare a leggere l’articolo su LINKIESTA clicca qui

 

Clara Amodeo

 



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