25 novembre 2015

MATTARELLA 2015. UNA REPUBBLICA FONDATA … SULLA PROPRIETÀ


La Carta Costituzionale non è solo il testo nella sua scrittura letterale, ma anche il suo vissuto sociale e politico, ovvero la costituzione materiale: a quella scritta si affianca quella di tutti i giorni. Ce ne ha dato pessima prova, spiace dirlo, il Presidente Mattarella, con la sua prima decisione in materia di grazia. In breve, nei giorni scorsi ha ritenuto di applicare le sue prerogative sovrane per ridurre la pena a un imprenditore edile lombardo che nel 2006 uccise a colpi di fucile un ladro che stava fuggendo con il suo Suv.

03ucciero41FBLa grazia è tra le competenze esclusive del Capo dello Stato, a cui si riserva in via eccezionale di “concedere grazia e commutare le pene”, consentendogli di derogare all’esecuzione delle decisioni penali in casi di particolare rilievo etico, tra cui quelli dove la misura della giustizia formale (la pena) non coincide con la misura sociale del giusto. Un potere discrezionale, delicatissimo nel suo esercizio, esattamente in quanto ampiamente soggetto a valutazioni di merito che, pur esercitate nel quadro di rigorose procedure amministrative, possiedono intrinsecamente forte valenza politica.

E vediamola allora questa valenza, inquadriamola nel contesto di questi anni, ma anche di questi giorni, interpretiamola alla luce della ricostruzione del fatto che ne è all’origine. Che la nostra amata Costituzione fissi a chiare lettere il principio per cui la Repubblica Italiana è fondata sul lavoro è ben noto: da questo assunto generale son derivate rilevantissime conseguenze anche nell’interpretazione offerta dai giudici in materia di conflitti sul lavoro. Ma questo principio, ben vivo e cogente fino alla fine del secolo scorso, si è sempre più affievolito, ritirandosi dalle coscienze e dalle culture diffuse, sempre più contrastato da un principio opposto, per il quale non il lavoro ma la proprietà forma l’effettivo fondamento della società italiana.

È stata questa una torsione che via via si è radicata negli anni, generando l’humus su cui si sono via via sedimentati i sentimenti sociali della destra italiana, tra rancore territoriale e identità proprietaria. La dominanza ideologica della proprietà, la sua esaltazione quale valore massimo nella vita delle persone e delle comunità, si è estesa, ha preso il sopravvento ed è divenuta principio materiale della nostra costituzione effettiva, non egemone fin da subito, certo, ma sempre più ampiamente condiviso e vissuto.

La sua lesione fonda per la destra il presupposto di una interpretazione “estensiva” del concetto di legittima difesa, che così “transiterebbe” dall’esercizio della forza disponibile per difendere la persona dal fatto gravemente ingiusto, a quello di forza necessaria per difendere la proprietà delle cose contro la persona che ingiustamente ce ne toglie il possesso (legge sulla “legittima difesa”, 2006- Governo Berlusconi). Dalla Repubblica del lavoro e delle persone, alla Repubblica della proprietà e delle cose.

In questo contesto complessivo, si viene a collocare la decisione di Mattarella che riduce di un terzo la pena all’omicida che, vedendo un ladro sottrargli il beneamato Suv, pensa bene di sparargli al costo di togliergli la vita. È bene qui sottolineare due circostanze essenziali per valutare merito etico e politico della decisione presidenziale.

In primo luogo, il ladro stava fuggendo e non si trovava più nell’abitazione, ma in una sua pertinenza esterna, non minacciava la persona, o i suoi cari. Non brandiva un’arma, né minacciava di farlo: di conseguenza, l’uso del fucile da parte del Monella non era determinato da un rischio di grave danno a sé o ad altri, ma dal desiderio di mantenere il possesso del bene in pericolo. In sintesi, e pur con tutte le considerazioni ad attenuanti, la vita altrui contro una cosa propria. Per questo il Monella era stato condannato a 8 anni per omicidio volontario.

La seconda considerazione sta nelle modalità specifiche dell’esercizio della grazia, che viene concessa per la prima volta nel suo mandato presidenziale da Mattarella. Questa modalità esprime grande valenza etico politica, nella misura in cui, a fronte di centinaia di altre domande di grazia che si possono ben presumere giacenti sul tavolo del Guardasigilli, solo a questa si è deciso di dare seguito, con effetti politici di assoluto rilievo nel vivo dell’attuale dibattito. Il Presidente della Repubblica, come noto, non risponde politicamente dei suoi atti, ma, aggiungiamo noi, eticamente sì. A quest’onere morale, si somma per forza, simmetricamente, la responsabilità del soggetto politico che “copre” il Presidente, ossia il Ministro di Grazia e Giustizia e quindi il Governo.

Al Ministro Andrea Orlando tocca quindi per primo la responsabilità di aver, pur obtorto collo, concesso la grazia parziale per l’omicidio di un ladro che non minacciava la persona ma il possesso della cosa. Al Presidente del Consiglio dei Ministri, Matteo Renzi, incombe la corresponsabilità politica della grave decisione.

Infine, al Sindaco d’Arzago d’Adda, nonché segretario provinciale del PD, tocca il grande merito di essere il promotore e primo firmatario della domanda di grazia, presentata in questo bel modo da alcuni sostenitori “Richiesta di grazia per Antonio Monella, l’imprenditore di Arzago d’Adda condannato, dalla Cassazione, a sei anni e due mesi per aver ucciso otto anni fa un rapinatore albanese che gli stava rubando il Suv dopo essersi introdotti nella propria abitazione. Divieto di violare la proprietà Privata … Italianiiiii uniamoci !!!!”

Una decisione insomma, questa di Mattarella, che appone il sigillo presidenziale su di un processo degenerativo della rilevanza della persona di fronte a quella delle cose, della vita di fronte alla proprietà, attestando con il massimo effetto istituzionale la sacralità del principio tanto caro al leghismo nostrano: chi tocca la “roba” muore.

E qui viene finalmente in rilievo una circostanza squisitamente politica, che annotiamo per segnalare una coincidenza fattuale davvero assai curiosa e tutta da interpretare. Nel vivo della battaglia per l’approvazione della cosiddetta riforma del Senato, il senatore Calderoli presentò alcuni milioni di emendamenti, con il fine dichiarato di opporre ostruzionismo alla tempistica dei lavori parlamentari. Pochi giorni dopo, se ne uscì proponendo lo scambio tra il ritiro degli emendamenti e la concessione della grazia al condannato Monella, cavallo di battaglia leghista.

Proposta naturalmente irricevibile in termini formali, e la cosa sembrò finire lì. Ma i fatti son duri e ci provocano: il Calderoli ritirò in breve gli emendamenti, la riforma del Senato fu approvata, e ora il Monella viene, pur parzialmente, graziato. Un caso? O una cambiale giunta al pagamento atteso?

Non vogliamo credere che una persona dal passato specchiato come il Presidente Mattarella si sia prestata allo scambio, ma i fatti sono duri e ci provocano … . In ogni caso, scambio o no, da oggi c’è molta più comprensione per chi colpisce le persone per difendere le sue cose: l’Italia è una Repubblica Democratica fondata sulla proprietà.

 

Giuseppe Ucciero

 



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