9 settembre 2015

FESTE NEI PARCHI: DOVE, COME, CON QUALI CRITERI?


Giostre e concerti, spettacoli e bancarelle, teatro e balletti, serate singole ed eventi che si protraggono per giorni (e settimane): che cosa va bene e che cosa no, per i parchi della città? Che cosa li danneggia e che cosa li arricchisce? Come dovrebbe porsi un’amministrazione che abbia a cuore il proprio patrimonio di verde e di alberi e, allo stesso tempo, la cultura e il diritto al divertimento dei cittadini? Qual è il modo giusto di vivere e di fare vivere i parchi della città, facendone luoghi d’incontro e al tempo stesso tutelandoli e tutelando anche il diritto al riposo di chi nei pressi dei parchi vive? Quali regole, quali veti, quali principi generali si dovrebbero utilizzare?

06grandi30FBPur essendo favorevoli all’idea che i nostri parchi non debbano essere luoghi avulsi dalla vita cittadina e che, anzi, debbano e possano essere usati e vissuti, fruiti e condivisi, è evidente che non si dovrebbe mai dimenticare che stiamo parlando di luoghi delicati e preziosi che non sempre, e non tutti, sono in grado di accogliere grandi afflussi di persone, o strutture troppo impattanti.

Negli ultimi mesi, complice anche la bella stagione, abbiamo assistito al moltiplicarsi di feste ed eventi musicali nei parchi, quindi anche nei due parchi storici della città (caratterizzati da una particolare fragilità). Alcuni di questi eventi hanno provocato polemiche e accese discussioni, anche all’interno dei partiti che governano la città; per non dire delle posizioni assunte da comitati e cittadinanza attiva. Polemiche non sempre oziose, né frutto di posizioni esasperate di sparuti gruppi di ambientalisti, né necessariamente provocate dalla sindrome Nimby (di cui, del resto, siamo purtroppo molto spesso vittime), ma dettate dalla consapevolezza che a volte ci si è spinti troppo oltre, dal buon senso, da esperienze pregresse.

In breve, ci troviamo di fronte al desiderio di rendere sempre più ricca la proposta culturale e di svago da una parte e, dall’altra, alla necessità di proteggere il patrimonio di verde della città. Facciamo alcuni esempi: se per la Festa dell’Unità, ridotta nelle dimensioni rispetto alle passate edizioni, ci si augura che i possibili danni ai Giardini Montanelli siano contenuti e reversibili, lo stesso (è sicuro) non sarebbe accaduto per Ballo nel Parco, i tre giorni di musica previsti all’interno di Milano Film Festival, evento che in pochi giorni ha assunto dimensioni tali da preoccupare non solo gli uffici del Settore Verde, ma anche quelli deputati alla sicurezza e gli organi di Pubblica Sicurezza; se il ballo liscio nella Piazza del Cannone, o gli Ape nel Parco, o i concerti e gli spettacoli al rinato e bellissimo Teatro Burri, o i tre giorni di Orticola ai Giardini Montanelli, sono indubbiamente eventi che danno l’opportunità di godere di più (e a più persone) della bellezza dei nostri parchi, lo stesso non si può dire per Wired, o per il City Sound al Monte Stella (per fortuna annullato come è avvenuto per Ballo nel Parco), o per le giostre al parco Sempione.

Insomma, siamo tutti d’accordo nel dire che i parchi devono essere usati anche per manifestazioni musicali, culturali, sportive; ma ciò dovrebbe avvenire sempre nel rispetto delle caratteristiche e dell’ubicazione delle aree prescelte. Senza mai dimenticare appunto che stiamo parlando di luoghi preziosi e delicati, che devono essere rispettati e protetti. Se non porremo delle regole e dei criteri, e se non li sapremo far rispettare, rischieremo di andare incontro a un pericoloso effetto a catena che consentirà, nel volgere di breve tempo, qualsiasi cosa: come sarebbe possibile, infatti, negare un permesso a un’iniziativa analoga a quella per cui il permesso è stato concesso?

Allora a ben poco serviranno cauzioni o depositi a garanzia di danni che, inevitabilmente, saranno sempre di portata maggiore di quanto possa essere quantificato da meri conteggi (tot alberi, tot aiuole, tot cordoli: sappiamo bene, ad esempio, che ogni albero danneggiato non sarà più lo stesso e che, nel caso si dovesse sostituirlo, quello nuovo ci metterà decenni per diventare uguale all’originale).

Per queste ragioni credo sia necessario definire in maniera inequivocabile quale sia il modo migliore di rendere disponibili per manifestazioni pubbliche i parchi di Milano: per fare cultura, teatro, musica, sport al loro interno senza correre il rischio di alterarne l’ecosistema.

Innanzitutto andrebbe chiarito, attraverso uno strumento generale, cosa si può e cosa non si può fare, in termini di eventi, in ogni parco cittadino: quali manifestazioni, con quale numero massimo di persone, con che impatto acustico, di quale durata, con quali orari, con quali costi per l’occupazione del suolo pubblico, con che cauzioni. Tali norme non potranno essere eluse in alcun modo (neppure in corso d’opera, com’è avvenuto nel caso dell’organizzazione di Ballo nel Parco), pena la negazione del permesso o l’annullamento dell’evento.

In secondo luogo, ed è questo il punto fondamentale (che avrebbe dovuto essere risolto da tempo e della cui mancata realizzazione tutti noi, amministratori di Milano, dobbiamo sentirci in parte responsabili), è indispensabile definire e identificare degli spazi (nei parchi, in aree sottoutilizzate, in luoghi da valorizzare e da restituire alla città) destinati ad accogliere concerti ed eventi musicali di ampia portata o manifestazioni quali sono ad esempio le feste dei partiti.

Milano è ricca di aree che ben si potrebbero adattare a questa funzione. Si tratta di sceglierle e di dare loro una precisa destinazione d’uso, di dotarle dei necessari servizi, di renderle quindi adatte ad accogliere flussi importanti di persone, musica ad alto volume, iniziative di rilevante impatto ambientale.

Infine, perché non inserire in questa sorta di grande piano cittadino, una forma di incentivo che preveda facilitazioni nel caso in cui gli organizzatori di un evento dessero la loro disponibilità ad arricchire il patrimonio del verde urbano cittadino, o a valorizzare un’area, a fronte del loro utilizzo? I comportamenti virtuosi potranno allora divenire sempre più frequenti e ci troveremmo di fronte ad un fenomeno virale, finalizzato al bene della città.

 

Elena Grandi



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