4 giugno 2015

ELEZIONI IN LOMBARDIA TRA NANI PRESUNTUOSI E CRONICARIO DI SINISTRA


Premesso che è inutile fare raffronti tra elezioni con sistemi elettorali differenti, l’unico dato significativo è l’insofferenza verso il voto di una parte crescente della popolazione (l’astensionismo infatti non è protesta ma indifferenza, è la convinzione che gli schieramenti sono intercambiabili senza drammi), le elezioni regionali modificano il quadro e la narrazione politica:

02marossi21FB1) Il partito del 40% non c’è più. Il Partito della nazione si allontana. Il presidenzialismo de facto esce ridimensionato.

2) Il renzismo non sfonda al centro, la spaccatura a sinistra è netta, antropologicamente incolmabile, Renzi a gauche e nel sindacato è un “socialtraditore”. É la maledizione dei riformisti da Bissolati in poi. La scissione, come nel 1907, nel 1914, nel 1921, nel 1922, nel 1946, nel 1969 … è già realtà. Certo in passato i protagonisti della erano Gramsci, Lenin, Turati, oggi Civati.

3) Le primarie non servono a contenere le contraddizioni anzi spesso le acuiscono.

4) Il centro destra organizzato non c’è più, Forza Italia è solo un rassemblement di baroni locali, ma ci sono ancora gli elettori, che sono maggioranza in molte zone del paese.

5) Il centro destra si radicalizza attorno alla Lega, l’unico partito che aumenta in valori assoluti rispetto alle europee. Lega indispensabile al centro destra molto più di quanto la sinistra radicale sia indispensabile al centro sinistra.

6) Il Nuovo Centro Destra non esiste, scompaiono tutte le opzioni di un centro autonomo.

7) Il sud vota più centrosinistra del nord. La questione settentrionale è ancora tutta aperta.

Risultati Lombardi. In Lombardia si è votato in 66 dei 1530 comuni, 16 sopra i 15000 abitanti: un campione non significativo. Inutile raffrontare i dati dei partiti nazionali: liste civiche come se piovesse, astensione record, candidati per ogni gusto tra cui imperdibile, anche un “ultimo discendente maschio di una nobile famiglia di Principi Pontifici,discendente dai Re del Sacro Romano Impero, imparentata con quattro Sante, Papa Benedetto XIV e la Regina di Svezia; ha come progenitore il Console e Dittatore Romano Lucio Cornelio Silla della gens imperiale Cornelia”. In generale:

1) È aumentata la partecipazione attiva (13 liste a Bollate, 17 a Cologno Monzese, 15 a Segrate, 13 a Corsico) e con l’aumento della partecipazione è aumentata l’astensione! In regione vota il 57% degli aventi diritto; a Bollate e Corsico si sta sotto il 50%. Considerando le elezioni precedenti a Cologno c’è un candidato ogni 67 elettori, uno ogni 63 a Segrate e Bollate, uno a 60 a Corsico. In regione si arriva ad un rapporto 1 a 50 a Mantova con 18 liste, poco di più a Saronno con 16 liste e a Vigevano 17 liste. Con il risultato di domenica il rapporto scende in alcuni casi al limite del voto di scambio. La proliferazione di liste e candidati favorisce il ricorso al secondo turno.

2) Molte liste ma risparmiose. Sfogliando tra i bilanci si evidenzia che la lista Forum per Mantova vuole spendere 76 euro a candidato, 64 euro a cranio per i 5 stelle di Cologno Monzese e così via. Pochi i ricchi come Sinistra Colognese che intende spendere 18.300 euro (cioè 762 euro a candidato, quasi il quadruplo di quello che spendono i suoi alleati Pd e PSI) o il Pd di Mantova 40.000 euro. A parità di elettori lo stesso partito può presentare previsioni di spesa 10 volte superiori; come venga definito il costo contatto è misterioso. Non tutti i comuni rendono consultabili on line i bilanci preventivi delle liste anche se la legge dice che “unitamente alle liste e alle candidature, nei comuni con popolazione superiore a 50.000 abitanti, dev’essere presentato un bilancio preventivo di spesa, da rendersi pubblico” questo perché sono stati introdotti limiti massimi alle spese elettorali dei candidati e delle liste anche per le elezioni comunali (chissà come faranno a Milano).

3) Molti candidati potevano risparmiarsi la fatica. Ad esempio quelli della Lista Cattolici Moderati a Mantova che per 32 potenziali eletti ha ottenuto 43 voti o i Pensionati di Saronno che su 22 candidati ne hanno 19 che non prendono neppure una preferenza o i paladini della lista per la legalità di Viadana i cui dodici candidati si dividono complessivamente 4 preferenze individuali.

4) In nessun comune si può prescindere dalle liste civiche che pesano più del 50 % a Vigevano, il 35% a Voghera, il 52% a Viadana, il 48% a Somma, il 34% a Seregno, il 44% a Segrate, il 31% a Saronno, il 33% a Samarate, il 61% a Lonato, il 46% a Cologno, il 40% a Mantova, il 25% a Lecco. Il peso del civismo è determinante sia nel centro sinistra che nel centrodestra. Tutti i candidati a sindaco eletti o passati al secondo turno (tranne uno) sono appoggiati da una o più liste civiche. La più parte delle liste civiche sono caratterizzate dall’identificazione con un candidato a sindaco, poche quelle legate a singole issues.

5) I 5 stelle si insediano stabilmente in tutti i comuni, ma il loro peso è contenuto perché una parte dell’elettorato gli è conteso dal civismo, anzi spesso i cinque stelle sono vissuti come un’altra lista civica.

Chi ha vinto? I civici rivelatisi numerosi e determinanti. Poi la Lega cui molto giova la scelta di essere meno lumbard e federalista e più nazionalpopolare. Infine, pur se inferiore alle aspettative, c’è stato uno spostamento verso il centro sinistra quindi vince anche il Pd.

Chi ha perso? Forza Italia ridotta alla parodia del partito pigliatutto che fu, con un gruppo dirigente in preda al panico e sottomesso ai leghisti. Perde la sinistra radicale tradizionale che amministrativamente parlando, è quasi insignificante. Evaporano: il centro, il formigonismo e quel tanto spesso elettoralmente sopravvalutato mito di CL. Perdono anche i renziani dell’ultimo momento o di complemento che speravano di gattopardare la situazione, quelli del “sto con Renzi ma …”, quelli che speravano di aver sfangato la rottamazione.

Conseguenze Salvini tratterà personalmente con un Berlusconi (in Lombardia ancora un king maker) e insieme sceglieranno il candidato a sindaco e quello alle regionali (Maroni è pensionando) nessuna primaria e nessun barone avrà voce in capitolo. Nel Pd le minoranze interne rialzeranno la testa, le segreterie verranno contestate, si rifarà la conta degli amici, le primarie si infuocheranno, le alleanze torneranno al centro del dibattito.

E a Milano? La partita per il centro sinistra si complica perché il centrodestra a trazione leghista si consolida e perché si incattivisce il dibattito attorno alla scelta del candidato. Aumenta infatti il peso degli arancioni, dei dissidenti, dei referendari, dei comitati, delle associazioni, dei nostalgici e diminuisce quello gruppo dirigente nuovista che si vedrà costretto a dare vita a tutto quello che considera obsoleto: comitati di consultazione, tavoli di coordinamento, commissioni di garanzia, gruppi paritetici, assemblee programmatiche etc.

Riappaiono gli ottimati vogliosi di bypassare i partiti e di costruire candidature (i 51 sono già riconvocati). Pisapia sarà costretto a intervenire nella scelta del successore e non potrà passare il tempo a scrivere libri (non ci saranno suicidi). Ad alcuni verrà anche la voglia di non fare le primarie, il ricordo del rogo di Boeri è ancora fresco; basterebbe creare un incidente chiedendo omogeneità tra la maggioranza locale e quella nazionale, come al tempo delle giunte anomale, come in Liguria, ma con più astuzia perché c’è il doppio turno.

Alla fine partoriranno comunque un candidato genericamente renziano. Ma di che tipo? Ortodosso nel caso di Fiano. Assessorile nel caso della De Cesaris. Eterodosso nel caso di Majorino. Complementare nel caso di Rocca. Subordinato nel caso di Sala. Costruttivo nel caso di De Albertis. Innovativo nel caso di Catella. Sansepolcrista nel caso di Maran. Aggiuntivo nel caso della Tajani. Emozionale nel caso di Ambrosoli. Trendy nel caso della Trussardi. Deamicisiano nel caso di Lia Quartapelle. Manageriale nel caso di Guerra. Ministeriale nel caso di Lupi. Vendicativo nel caso di Stefano Boeri. Cainesco nel caso di Tito Boeri. Vedremo.

 

Walter Marossi

 

 



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