13 maggio 2015

TRA MILANO E PD: UN RACCONTO DI “SINTONIA”


Ripercorrere i passaggi importanti dell’esperienza amministrativa milanese degli ultimi cinque anni dà grande soddisfazione: stiamo vivendo una stagione entusiasmante, estremamente faticosa, ma entusiasmante. Molti prima di me si sono prodigati nell’elencare i successi e i passi avanti che Milano ha saputo compiere fino ad arrivare alla grande inaugurazione di Expo del 1 maggio.

05scavuzzo18FBGuardo la mia generazione: se andiamo a rileggere in chiave critica come eravamo, alla luce anche di ciò che oggi siamo diventati ci accorgiamo di quanto siamo cambiati. Abbiamo sperimentato che cosa significhi fare politica da protagonisti con onestà e passione civile. Conosciamo il peso e la fatica dell’ascoltare per poi progettare, valutare e decidere. Abbiamo portato il peso della responsabilità, l’importanza dell’essere presenti, la possibilità di fare la differenza. Abbiamo attraversato questa stagione di governo e ne siamo usciti temprati, liberati da un velleitarismo che poco si addice a chi non si ferma alla parola, ma ha la responsabilità dell’azione. Di questa scossa il centrosinistra aveva bisogno, questo Milano ci ha chiesto. E Giuliano Pisapia è stato l’interprete dell’incontro fra Milano e un centrosinistra che ha voluto uscire dalle retrovie della contestazione per fare un passo avanti.

I cittadini ci hanno dato fiducia e ciascuno di noi si è impegnato a interpretare il proprio ruolo con questa prospettiva. Non senza errori, non sempre con una visione d’insieme ambiziosa e audace, certamente con ampi margini di miglioramento: ma finalmente con la consapevolezza di essere forza politica che ha il coraggio di muoversi in uno scenario non facile, in modo responsabile, credibile, autorevole. Quel socialismo municipale a cui tanto ci siamo richiamati in questi anni, finalmente è tornato ad avere interpreti e attori. A noi il compito di proseguire un percorso appena iniziato, impegnandoci nel formare una nuova classe dirigente capace di consolidare quanto abbiamo cominciato a fare in questi anni.

La rivoluzione arancione del 2011 ha anticipato il vento di cambiamento che di lì a qualche tempo avrebbe attraversato il nostro Paese. Non si ferma il vento con le mani. E come spesso accade, Milano lo ha avvertito in anticipo e si è data da fare per interpretarlo e prepararsi a proseguire il cammino insieme a tutto il Paese. Il centrosinistra aveva bisogno di uscire da quei rigidi steccati in cui i dissidi interni l’avevano rinchiuso, da quell’autismo politico che lo aveva reso incapace di essere con la gente e fra la gente, da quella autoreferenzialità che rende asfittici i progetti, meschine le ambizioni, inadeguati al ruolo molti degli attori.

Guardare alla città e non alle tessere, guardare al Paese e non alle correnti o ai propri interessi, guardare al futuro in modo coraggioso e ambizioso per portare l’Italia fuori da una palude politica che diventa stasi economica, sociale e culturale: questa, a mio avviso, la riforma più importante. Anzi, una rivoluzione copernicana del punto di vista e della percezione di sé. E il Partito Democratico ha avuto un ruolo fondamentale, a livello politico e a livello istituzionale, nell’aprire una stagione riformista che non si ferma di fronte alla retorica, che non retrocede di fronte ai ricatti, che non si annacqua nel consociativismo che impedisce qualsiasi vera riforma.

Le elezioni europee del 2014 raccontano una Milano che chiede al Partito Democratico di questo Paese – oltre che a quello cittadino – di essere all’altezza della sfida europea, e di fatto gli affida il compito di misurarsi con la responsabilità di governo, esprimendo la volontà di rimettere in moto l’Italia – e Milano – con determinazione ed energia. Che sia finalmente #lavoltabuona.

Milano è per vocazione inserita in quel virtuoso tessuto connettivo che la rende snodo cruciale per l’economia e per la cultura, per l’innovazione politica e la sperimentazione sociale. E quindi Milano guarda con grande attenzione la stagione delle riforme che sta attraversando il nostro Paese. Milano o è riformista o non è Milano, abbiamo avuto occasione di ripetercelo più e più volte, consapevoli del fatto che non si può avere un vero e profondo cambiamento se i cittadini non ne fanno parte.

La straordinaria risposta all’iniziativa #nessunotocchimilano è figlia di questa consapevolezza: nelle ore che sono seguite agli incidenti del 1 maggio in tanti ci siamo chiesti non se, ma come Milano avrebbe potuto rispondere a ciò che era accaduto. Decine e decine le sollecitazioni che arrivavano a ciascuno di noi: che cosa fare? È in questo contesto che nasce #nessunotocchimilano. Solo qualche giorno prima, il 25 aprile, abbiamo ricordato i Quindici Martiri a Piazzale Loreto: credo che la domenica successiva ci fosse in piazza quella stessa Milano che – oggi come allora – non si piega alla violenza e alla barbarie, ma sa rialzarsi e ricominciare, ricordare e impegnarsi, affermare ciò che si è mettendosi al lavoro in prima persona.

Non mi interessa la polemica sulla paternità – o maternità! – dell’iniziativa. È stata un’ottima idea, ha interpretato correttamente il bisogno di rivalsa nonviolenta e attiva che i milanesi chiedevano: siamo finalmente riusciti a essere in sintonia con la città, questo a mio avviso il dato politico più importante. E la città ha risposto con tutto l’entusiasmo e la partecipazione di chi si sente ascoltata e compresa.

Non sono più i tempi in cui si gridava allo scandalo perché la stazione Leopolda non esondava di bandiere e simboli di partito. Quella domenica non era il caso di scendere in piazza con le bandiere, semplicemente perché non servivano. Abbiamo scelto di sfilare per la città senza alcun segno distintivo, senza bisogno di marcare la differenza. Milanesi e democratici, siamo stati persone fra le persone, società civile ed esponenti dei partiti finalmente insieme: non abbiamo avuto bisogno di dividerci, distinguerci e chiuderci ciascuno nei propri confini. Abbiamo tutti aperto le porte. E allo stesso tempo ci siamo sentiti più forti, più uniti, capaci di metterci tutti insieme al servizio della nostra città in modo efficace e discreto.

Questo è il Partito Democratico che stiamo costruendo: disponibile al dialogo con le altre forze politiche, aperto al contributo di quelle forze socialiste e riformiste che per troppo tempo sono rimaste orfane nella nostra città, capace di interpretare i bisogni dei cittadini e di meritare la loro fiducia. Questo è il Partito Democratico che guarda al futuro di Milano Metropolitana e che si prepara a raccogliere tutte le forze che serviranno a riportare il centrosinistra a vincere nel 2016.

Anna Scavuzzo



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