13 maggio 2015

NUOVI SPAZI DISCUTIBILI PER LA PIETÀ RONDANINI


Il 12 aprile di quest’anno la Repubblica dava notizie di una lettera dell’architetto Francesco Scoppola, direttore generale del Ministero di Beni Culturali inviata ad Antonella Rinaldi, neo soprintendente per le Belle Arti, in cui si chiedevano precisazioni sulle motivazioni del trasferimento della Pietà Rondanini di Michelangelo dalla sala degli Scarlioni alla sala dell’ex ospedale spagnolo sempre del Castello Sforzesco. Nella stessa si ipotizzava che il trasferimento si dovesse considerare provvisorio e che, alla chiusura di Expo, la Pietà dovesse ritornare da dove era partita. Non so se a questa lettera sia stata data una risposta.

11piva18FBOra che il nuovo spazio è stato aperto al pubblico è possibile fare ulteriori riflessioni e rendere forse maggiormente auspicabili i suggerimenti ministeriali. Il progetto del trasferimento dell’opera michelangiolesca aveva incontrato molte ostilità, dall’inizio del suo percorso attuativo, da chi sosteneva non si potesse interrompere il progetto museologico e museografico realizzato dopo l’ultima guerra, sottraendo, a un’esposizione conclusa, l’opera più importante. Costantino Baroni, responsabile del progetto museologico e BBPR del progetto museografico, avevano creato un museo diventato famoso in tutto il mondo entrando nella storia dei modelli più celebrati del XX secolo. Si era detto che la sottrazione del gruppo michelangiolesco equivaleva alla modifica di un verso dell’Infinito di Leopardi o di alcune note di uno spartito mozartiano! In sintesi, molti articoli sui giornali nazionali, lettere e discussioni non erano riusciti a distogliere gli organizzatori e responsabili dal portare a compimento un nuovo allestimento in un nuovo spazio che in questi giorni è stato aperto al pubblico. Ora possiamo valutare l’operato osservando il risultato del restauro della sala dell’ospedale che appare garbato per la semplicità e misura degli interventi fatta eccezione per i pavimenti lignei che sembrano estranei ai materiali presenti in tutto il Castello.

Il sistema di illuminazione artificiale adottato purtroppo risulta annullare gli effetti della luce naturale. La luce artificiale colpisce il gruppo marmoreo da tutti i lati tanto che, in assenza di ombre il modellato si appiattisce e assume un aspetto gessoso privo di drammaticità. Se osserviamo i repertori fotografici realizzati negli anni da grandi fotografi ci accorgeremo che la drammaticità del modellato è raggiunta dalla distribuzione sapiente delle ombre. Del resto la nicchia predisposta dai BBPR a fondale di contenimento della Pietà si avvaleva della luce naturale proveniente dal finestrone alla sinistra di chi guarda. Quella luce lavorava il marmo e modellava le superfici scabre e valorizzava il senso delle espressioni che a loro volta variavano a seconda delle stagioni e delle ore destinate alla aurora e al tramonto. La luce artificiale è di per sé povera e può essere di aiuto purché non vada a interferire o ad annullare gli effetti della luce naturale. Chi entra dunque nel salone dell’ex ospedale percepisce un bagliore, un gruppo marmoreo informe (si è scelto di dare al retro della statua molto rilievo), il pubblico che vuole vedere la Pietà accelera il passo e la maggiore concentrazione si realizza di fronte, in asse con la Madonna che regge il figlio che con il suo peso le sta scivolando dalle braccia.

Carlo Scarpa a Castelvecchio aveva insegnato a vedere una figura marmorea anche dal retro ma in quel caso si trattava di una splendida fanciulla la cui veste cade rigonfia a incorniciare trecce di capelli lunghi e leggeri. Del resto la visibilità del retro era assicurata nel tutto tondo anche dai BBPR. Da qualunque parte lo si voglia vedere inoltre l supporto non pare avere relazione alcuna con il sostenuto.

Prima di entrare nell’ex ospedale ho ripercorso il museo lapideo gremito di persone. Ho riguardato con entusiasmo il Barnabò Visconti nella sua regale maestà e via via le pietre tombali, i crocifissi e gli angeli, le opere del Bambaia sino a quella mano di pietra che proteggeva la Pietà. Un percorso ancora vivo e così vitale da far sentire la forza di tanta sapienza ed eleganza oggi come allora, mezzo secolo fa. Ho vissuto in quegli spazi a lungo per studiare e proteggere, con la speranza di vedere sparire l’impossibile bar a cavallo di tre corti ducali. Incidente da cancellare al più presto ascoltando le voci del dissenso in un momento in cui Milano sta aprendo nuovi spazi museali come quello della Fondazione Prada: nuovi interessanti paesaggi della cultura.

Antonio Piva



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