22 aprile 2015

PISAPIA, SISIFO E L’ASSURDO CHE COINVOLGE TUTTI


Ho sempre amato questo libro di Camus – Il mito di Sisifo – soprattutto per come si presta a spiegare, con la semplicità dell’inevitabile, infinite situazioni storiche e umane. Potrebbe benissimo essere, perché no, una metafora della Milano politica di questo periodo. Sento persone e leggo “opinioni”, per usare un eufemismo: e ciò che vedo, al fondo di tutto, è l’inesorabile macigno di Sisifo che rotola giù, dopo essere stato spinto con fatica in cima alla montagna. Non solo chi ha cercato di dominare per quattro anni “l’assurdo” e le contraddizioni di una città, anche chi si è impegnato a farlo insieme a lui, si sente in qualche modo tradito.

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Non tanto ripensando agli obiettivi non raggiunti e agli errori commessi, quanto alle parole gettate ora da chiunque – con o senza ragioni – ad alimentare un calderone di rivendicazioni e risentimenti; traditi, ancora di più, da tanti inquietanti, imbarazzanti silenzi, più eloquenti delle parole. Pisapia non si ricandida, scateniamoci! Ciascuno sta cercando di riposizionarsi in un “giro” che sia, per il singolo o il gruppo, nuovamente sicuro e vantaggioso, sia mai che si rischi di essere travolti dalla pietra che rotola in discesa.

Nessuno, pochissimi che vogliano compromettersi, spendersi in un apprezzamento per il lavoro svolto, per il valore di una persona, per un’idea in cui come cittadini si è bene o male vissuto. Sia mai. Non parlo solo dei dirigenti del PD, che perseguono disegni politici nei quali è più difficile entrare non conoscendoli a fondo; neppure dei milanesi in generale, molti dei quali hanno recepito a stento l’informazione che Pisapia non si ricandida nel 2016. Parlo dei militanti PD, degli attivisti di ogni ambito e di una parte – la parte ex – del cosiddetto “popolo arancione”, nel quale molte persone hanno trovato una casa, e non solo in senso metaforico.

Mi riferisco a tutti coloro che negli anni hanno avuto modo di conoscere il Sindaco e di valutare nello specifico il lavoro dell’amministrazione; ora sembrano soffrire in tanti di un’improvvisa, studiata amnesia, o essere ansiosi di risvegliarsi in una verve polemica che vira nel rancore represso. Fa parte del gioco, della realtà, mi dicono; scendi sulla Terra. Mi spiace no, non mi associo. Perché un conto è la critica, un conto è il biasimo totale e cieco al quale si assiste sui social network e nelle dichiarazioni ai giornali di quanti riescono a darsi voce, magari solo con una frase. Le bocciature arrivano dai tanti delusi della prima ora e spesso per motivi seri, certo, ma inaspettatamente anche da chi nel tempo è stato ascoltato e ha potuto realizzare porzioni di progetti grazie al Comune, ha voce in capitolo e potere, spazio e visibilità su temi specifici proprio grazie a questa Giunta.

Esce il libro di Pisapia Milano città aperta, racconta fatti ai quali molti di noi hanno in prima persona assistito, se non attivamente partecipato. Ed ecco tutti a meravigliarsi delle considerazioni poco diplomatiche su certi collaboratori, su alcuni membri o ex membri della Giunta e su altri personaggi incontrati lungo la strada di questi quattro anni. Ma dico, noi c’eravamo! Sappiamo quello di cui sta parlando, non siamo romani o di un’altra città. Quali sono le “novità” scandalose espresse nelle pagine del volume, e nelle interviste, che possono essere lette come gossip o sfoghi ingiustificati? Quanto deve aspettare chi ha vissuto e vive da protagonista una storia a dire o scrivere ciò che pensa, come l’ha recepita e vissuta?

È forse una sorpresa scoprire che Pisapia e Boeri non avevano molto in comune e che la permanenza di quest’ultimo in Giunta non è stata facile fin dagli esordi? Tanto per fare un esempio… È davvero fuori luogo riportare pubblicamente qualche retroscena del quale la maggior parte degli addetti ai lavori, e non solo, era comunque al corrente, non è nel diritto dell’autore del libro, del sindaco di una città? Visto che ciascuno sta dicendo la propria, in un rimbalzare di ipotesi, possibili alleanze e opportunismi vari che escono finalmente allo scoperto, non è legittimo che anche il diretto interessato, quanto mai coinvolto, si esprima? Oltretutto perché c’è ancora chi si aspetta, e ha piacere che lo faccia. E non parlatemi per favore di mancanza di stile, visto quello che stanno mostrando tutti gli altri, da tempo.

Un adagio risuona nelle discussioni correnti, nei numerosi incontri di riassestamento che hanno fatto seguito alla decisione di Pisapia e cercano di immaginare un orizzonte per un prossimo candidato. L’adagio ricorre, “è mancata una visione della città“: lo si sente ripetere in continuazione (non dai cittadini, che si esprimono con termini diversi, bensì da chi fa politica attivamente e usa questo linguaggio) e viene da chiedere: scusate, qual è la vostra, di visione della città, quali idee avreste per renderla reale? E soprattutto, prima di esporla, qualcuno mi può spiegare che cos’è esattamente, “una visione della città“? Non sono i singoli progetti, le azioni concrete e i provvedimenti pratici che mancano di prospettiva globale; non è tappare i buchi, fare gli amministratori di condominio. Non, non, non: nessuno però che ne faccia un’affermazione in positivo.

I particolarismi sono di casa ovunque, persino nello stesso quartiere, nello stesso condominio, e ora il rimprovero più frequente all’amministrazione è quello di mancare di un’idea d’insieme. Paradossi… Io non credo di avere chiarezza su cosa sia questa visione omnicomprensiva di cui tutti parlano, eppure devo riconoscere, senza difficoltà del resto, che seppure “senza di essa” (evidentemente) Milano è cambiata, sta cambiando e in ogni caso mi sento vicina a ciò che si tenta di costruire. Non sono convinta che ciò sia scontato, tantomeno acquisito per sempre, e mi piacerebbe che tutti ci riflettessimo senza farci sopraffare dalla tentazione polemica.

Le vicende umane, il successo, il consenso sono di una fragile precarietà, oggi è quanto mai evidente a Milano e in chissà quanti altri luoghi che neppure conosco. Speriamo soltanto che domani ci sarà qualcun altro che – con la stessa buona fede di Pisapia – si sobbarchi la fatica di risospingere la pietra sopra la montagna, consapevole che prima o poi tornerà comunque a rotolare giù. Per quanti sforzi si facciano.

Eleonora Poli

 



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