4 marzo 2015

EXPO 2015: NUTRIRE IL PIANETA … MA COME?


Il tema dell’Esposizione Universale di Milano che inizierà il 1° maggio 2015 è “Nutrire il Pianeta, Energia per la Vita”. Sulla home page del sito web il concetto è esplicitato: “Nutrire il Pianeta, Energia per la Vita significa sicurezza alimentare, accesso alle risorse alimentari, sostenibilità […] Finora hanno aderito a Expo Milano 2015: Onu – Organizzazione delle Nazioni Unite, Ue – Unione Europea e Cern – Organizzazione Europea per la Ricerca Nucleare.”

12marazza09FBDunque, la Politica (ONU e UE) e la Scienza (CERN) unite per promuovere uno sviluppo sostenibile che possa consentirci di assicurare una corretta nutrizione a tutti gli abitanti del pianeta senza distruggere in maniera irreversibile le risorse ambientali. Pare ovvio, ma è bene sottolinearlo: chi altri può fornire la conoscenza necessaria allo sviluppo di tutte le più avanzate tecnologie per ottenere il necessario sostentamento nutrizionale a più di sette miliardi di persone che abitano un pianeta le cui terre fertili si riducono di giorno in giorno, se non la scienza?

E chi altri può creare le condizioni necessarie affinché le conoscenze scientifiche si traducano in tecnologie e applicazioni al servizio di tutti, soprattutto dei più svantaggiati, se non la politica?

Dunque è evidente che un Expo che ha fatto suo un tema così importante e impegnativo non possa non avere da un lato una forte caratterizzazione scientifica e dall’altro che si impegni ad auspicare e proporre politiche che possano far sì che i paesi più tecnologicamente avanzati mettano a disposizione di tutti gli altri i frutti del loro sapere.

Questa è l’unica maniera per far sì che si possa portare in ogni angolo del mondo un’agricoltura che risponda ai bisogni delle popolazioni meno ricche e fornire a quelle più sviluppate un’alimentazione più sana. In altre parole: combattere tutte le aberrazioni collegate all’alimentazione, dalla denutrizione endemica dei paesi in via di sviluppo fino all’obesità crescente dei paesi più sviluppati.

Con il massiccio incremento della produzione agricola nella seconda metà del XX secolo noto come Rivoluzione Verde, la popolazione mondiale passò da 2,5 miliardi di persone nel 1950 ai 7 miliardi di oggi. A partire dal 1944 – data di inizio della RV – si utilizzarono le più avanzate conoscenze scientifiche e tecnologiche per ottenere piante alimentari geneticamente modificate (grazie a ibridazioni e mutazioni indotte da radiazioni) e nuovi modi di coltivarle che consentirono di aumentare di molto la resa per ettaro grazie all’uso massiccio della chimica (fertilizzanti e fitofarmaci), dell’irrigazione e dei macchinari pesanti. Al padre della Rivoluzione Verde, l’agronomo statunitense Norman Borlaug, venne significativamente assegnato nel 1970 il Premio Nobel per la Pace.

Il mondo non può più reggere l’impatto ambientale della RV di Bourlag. Per non consumare in maniera irreversibile le risorse naturali abbiamo bisogno di piante meno “avide” di acqua, cioè che possano crescere anche in terreni aridi; piante che abbiano bisogno di meno pesticidi e meno prodotti chimici inquinanti per poter essere coltivate senza che il raccolto venga distrutto da infestanti e parassiti. E infine, abbiamo bisogno di piante che possano dare un corretto apporto nutrizionale a quelle popolazioni che vivono in posti dove la loro dieta è povera e poco variata.

C’è un solo modo per ottenere questo e affrontare il futuro alle porte, quello che vedrà la popolazione mondiale arrivare a 10 miliardi fra pochissimi decenni: ottenere nuove piante alimentari con le caratteristiche desiderate. La tecnologia esiste da decenni, è quella dell’ingegneria genetica applicata alle specie coltivabili ad uso alimentare. I suoi prodotti sono noti come OGM, che sta per Organismi Geneticamente Modificati. In realtà anche quelli che a cui siamo più abituati (soia, frumento, mais …) sono modificati geneticamente, solo che lo sono in maniera più invasiva e meno efficace.

Expo si presenta con due anime: quella di una grande occasione, anche culturale, di poter affrontare il problema di “nutrire il pianeta” con tutti i mezzi che lo stato dell’arte del sapere scientifico ci mette a disposizione e quella di chi invece pensa che debba essere una kermesse per la promozione di prodotti tipici locali che sono ottenuti con metodi vecchi, dispendiosi e inefficaci su larga scala.

Naturalmente non ci sarebbe alcuna contrapposizione fra queste due visioni, se non che i fautori del ritorno ai classici “bei tempi andati” (più mitizzati che reali) avversano in ogni modo gli sforzi di chi invece pensa che per sfamare – anzi: nutrire, che non significa solo un’alimentazione di sussistenza – i 10 miliardi che saremo fra poco senza depauperare le risorse, si debbano utilizzare tutti i mezzi che abbiamo disposizione senza preclusioni ideologiche e pregiudizi infondati.

 

Marco Marazza



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