18 febbraio 2015

PISAPIA, I COMITATI E IL PERCORSO INIZIATO: I DILEMMI DI CHI ATTENDE


Sentirsi a metà strada. Tra chi “si è fatto tutto il possibile, meglio di così non si poteva” e chi “la Giunta arancione non è stata all’altezza, tutto da buttare“. In bilico tra due estremi, l’ottimismo cieco, quasi arrogante, di alcuni e la polemica sterile e rabbiosa di altri. Ma una certezza fa propendere più da una parte: per il dopo-Pisapia è troppo presto, a Milano. Il cambiamento è appena cominciato, per quanto lento, non privo di errori e non suffragato da quella condivisione in cui si era sperato quattro anni fa.

03poli07FBSettimane intense, in città, attesa e preparazione: ma preparazione a che cosa ancora non è dato sapere, ed è questo che spiazza; il problema, il dubbio sulle possibili scelte, personali e collettive, si radica nel limbo dell’attesa. Ricandidatura o ricerca di un nuovo candidato? Intanto si prendono le misure, innanzitutto di se stessi come cittadini: c’è tempo, anche troppo, per domandarsi se l’impegno di un passato che sembra lontano avesse come obiettivo una persona o un progetto. Insomma, se la persona non ci fosse più, il percorso iniziato esisterebbe ancora? La risposta è tutt’altro che scontata e univoca.

In questi giorni i ComitatixMilano tornano a riunirsi e a discutere, a ricordare di essere stata la forza che più di ogni altra ha contribuito, nel 2011, all’elezione di Pisapia. Si incontrano per contarsi, rifare il punto: non del tutto spontaneamente, pressati come tutti dall’impellenza del momento, dal nuovo compito che (forse) li attende. Eppure quest’operazione di sintesi – ed eventuale riposizionamento – sarebbe stata comunque necessaria, prima o poi. Non si può trascurare che, come in ogni storia, il tempo ha scavato dei solchi e fingere di tornare semplicemente indietro non sarebbe d’aiuto, neppure nel caso di un analogo obiettivo da perseguire.

In quattro anni sono successe molte cose. Le strade dei Comitati si sono diramate sul territorio, perché in questo era stata individuata la loro missione, e in molti casi con ottimi risultati. Non pochi sostengono che senza lo stile, il metodo dei ComitatixMilano tante esperienze locali positive non avrebbero mai visto la luce, mai trovato l’energia e le condizioni per fare incontrare le persone e convincerle a lavorare insieme su iniziative concreti: da quelle del gruppo che si occupa dei magazzini raccordati di via Ferrante Aporti a tante altre contro il gioco d’azzardo e le ludopatie, solo per fare due esempi.

Tuttavia se i Comitati sul territorio proseguono con successo un cammino, anche integrati con altre realtà, non sono mai diventati una forza “politica” in grado di incidere sulla città nel suo complesso. Scelta deliberata o doppio errore di valutazione, dei Comitati stessi e dell’amministrazione, magari persino del Sindaco? Ora non ha più importanza appurarlo. Fatto sta che la forza che avevano i Comitati nel 2011 si è in larga parte dispersa. Quasi con la paura di poter diventare, o almeno essere scambiati per, “il partito del Sindaco” e di godere di eventuali privilegi nel rapporto con la Giunta, i Comitati si sono lasciati invece trascinare nella deriva opposta che li ha portati a restringere il loro campo d’azione. Ci si aspettava forse, un po’ ingenuamente, che l’associazionismo, i movimenti e i comitati stessero per diventare il vero ago della bilancia della politica milanese, il maggior polo aggregante; si è dovuto ammettere (più o meno apertamente) che sono ancora i partiti, diciamo il PD, a fare l’andatura.

Non si tratta adesso di contare gli attivisti e i simpatizzanti dei ComitatixMilano, zona per zona, non è così rilevante censire quanto siano ancora numerosi; meglio chiedersi a quante persone, cittadini “esterni”, riuscirebbero a parlare da oggi in poi, quando il nodo della ricandidatura sarà sciolto. L’impresa è ardua. Perché in una città piena di problemi, alla vigilia di un Expo controverso e con tante incertezze nel futuro, niente viene più facile che seguire l’onda del “tutto va male”, più difficile è contrastarla. In ogni situazione il negativo ha visibilità maggiore e l’istinto autodistruttivo sta in agguato, senza concedere il minimo riconoscimento ai passi avanti compiuti. D’altra parte anche l’eccessiva ostentazione dei risultati raggiunti – come se non ci fosse niente da migliorare perché è tutto perfetto – e la totale impermeabilità alle critiche, neppure questo aiuta, rischia addirittura di innescare una reazione contraria.

Da dove ripartire allora? Non ci sarà mai più la piazza del 2011, non è detto però che non potrà essercene un’altra, di diversa bellezza: i cittadini crescono, anche i Sindaci crescono, e i progetti subiscono modifiche nel confronto con la realtà, ridimensionati o ampliati. Non è detto che il percorso sia rettilineo. Si possono anche ammettere limiti in passato ignorati: limiti della stessa idea-guida di partecipazione e della sua attuabilità, per esempio; in considerazione del fatto che è stata largamente travisata e strumentalizzata a uso e consumo degli uni o degli altri, e si è toccata con mano la difficoltà di trarne benefici per il bene comune. Non è detto che una nuova esperienza non si possa impostare su altri presupposti.

A questo punto però i Comitati una cosa dovrebbero proprio pretenderla: di non essere uno strumento, un totem per chiunque, politico di turno, abbia bisogno di rimarcare quanto sia stato e sarà importante il contributo della società civile; dovrebbero pretendere di essere un soggetto attivo che decide e valuta le modalità di un proprio possibile ma non scontato contributo. Siamo quasi in campagna elettorale, è vero, ma andiamoci piano!

Una città non si cambia in uno o pochi anni, se non altro perché la mentalità della gente non cambia così in fretta. Estendere a molti un’idea che è ancora di pochi: molti cittadini sono disposti a riprovarci, in vista del 2016, certo con una consapevolezza diversa. Non siamo più i “volantinatori” e sbandieratori folli sguinzagliati nei quartieri della città, il quotidiano ha preso il posto dell’ebbrezza, le aspettative sono mutate, c’è chi ha avuto piccole e grandi delusioni, subìto tradimenti, affrontato brutte sorprese. Siamo cambiati, tutti, non ci attendiamo più miracoli.

Personalmente sono convinta che anche Giuliano Pisapia – dal suo punto di vista – potrebbe forse provare, o aver provato, qualcosa di simile. Che come noi possa essere veramente indeciso, se valga o non valga la pena sottoporsi di nuovo ogni giorno al rischio di una sconfitta anche dopo avere vinto, alla solitudine di sbagliare in ogni caso, qualunque decisione si prenda, nella troppa visibilità mediatica o nel silenzio, nel mostrarsi strasicuro come nell’apparire incerto. Non deve essere facile accettare il rischio di perdere consensi per strada, di non essere mai davvero libero e di trovarsi spesso a fare scelte non del tutto volute.

Una cosa è certa, una persona senza idea e senza progetto è vuota, ma ancora di più un progetto o programma senza una persona in cui credere è del tutto inutile. Ripartiamo dai nostri successi e anche dai nostri errori, senza sottovalutarli. Ecco, io semplicemente chiederei a Giuliano Pisapia di riprovarci, con noi, e gli direi che ne vale la pena.

 

Eleonora Poli



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