18 febbraio 2015

RICOSTRUIRE IL BURRI: UNA DECISIONE ERRATA NEL MERITO E NEL METODO


Il proposito della Giunta Comunale di ricostruire una copia del teatro Burri al centro del parco Sempione , una iniziativa importante ed estremamente delicata considerato il luogo e l’interesse del progetto, non ha minimamente considerato l’opportunità, se non il dovere, di creare una occasione per ascoltare la voce della città. La delibera di accettazione venne assunta il 31 luglio nell’ultima seduta prima delle vacanze e una conferenza stampa di presentazione venne fatta il 2 ottobre.

08_monici07FBCiò che ha caratterizzato questa presentazione é stata la assoluta mancanza di dubbi sulla opportunità di tale scelta, come se fosse un fatto dovuto la costruzione di una copia di quello realizzato nel 1973. Se agli amministratori appariva ovvia e scontata la decisione di ricostruire il teatro, a noi, cittadini milanesi, frequentatori del parco appariva ovvia e scontata, neppure ipotizzabile, qualunque ipotesi di una sua ricostruzione.

Il teatro Burri era un oggetto nella memoria, collocato in una sua epoca e in uno spazio, il parco, che è oggi diverso da allora, il prato è più stretto e il teatro ne occuperebbe quasi per intero l’ampiezza, diverso è il contesto storico, sociale e politico in cui allora si era collocato, diverso è il senso di questa operazione che mentre allora era inserita in un progetto artistico sperimentale complessivo, oggi risulta avulsa dal contesto e andrebbe a confliggere col vincolo monumentale posto nel 1986 dall’allora sovrintendente Lionello Costanza Fattori che definitivamente poneva il Parco sotto la tutela della Legge 1089 che esplicitamente considera “i parchi e i giardini che abbiano interesse artistico o storico.“, e prescrive che “Le cose medesime non possono essere adibite ad usi … tali da recare pregiudizio alla loro conservazione ed integrità.”

Evidentemente si sono dimenticate le polemiche e le critiche seguite alla realizzazione del teatro nel 1973 che era stata concessa in via temporanea, la impossibilità di una corretta gestione, il degrado provocato al verde del parco e il senso di sollievo che era seguito alla sua demolizione. Come la scoperta di un affresco antico sotto un intonaco, così la riscoperta della veduta che unisce l’Arco della Pace al Castello, libera da ingombri e fratture, fece comprendere il senso di armonia, coerenza e magnificenza monumentale che era stato immaginato da Emilio Alemagna alla fine ‘800.

Fu questo uno dei tasselli per la rinascita definitiva del Parco Sempione, che da spazio degradato qual’era è diventalo il luogo che oggi conosciamo, rappresentato in tutto il mondo proprio con quella veduta prospettica che ampia e libera si vorrebbe di nuovo sacrificare agli interessi di un soggetto privato che da quella collocazione trarrebbe enormi vantaggi di visibilità, prestigio e valorizzazione economica.

Ma certamente anche i sostenitori della ricostruzione hanno argomenti da portare a sostegno della propria proposta, ma non vi è stato il modo, il tempo, l’occasione di confrontare le reciproche posizioni in modo esauriente. A tutte le nostre critiche e obiezioni si è sempre risposto invocando la figura dell’artista demiurgo cui tutto è permesso, richiamandosi alla memoria nostalgica della propria fanciullezza, come se questa fosse una giustificazione, o negando l’evidenza dei fatti come nel giudizio della Sovrintendenza del 7 gennaio 2015 che tautologicamente afferma che il teatro è “una valorizzazione del luogo e non certo in intervento invasivo ed incongruo“, ma senza spiegare in nessun modo perché non sarebbe invasiva una struttura che occupa il centro di “una composizione prospettica di notevole importanza urbanistico – monumentale“, e perché non sia incongrua una struttura di cemento armato e acciaio dipinto di bianco e di nero al centro di una veduta romantica ottocentesca.

Soprattutto nelle sue risposte l’assessore Del Corno si è richiamato il diritto della Giunta di amministrare e di “compiere scelte e atti conseguenti“. Ma compito dell’amministratore dovrebbe essere di assumere decisioni rapide ed efficaci in tutto ciò che riguarda la manutenzione , la conservazione, l’organizzazione della città, non di compiere autocraticamente e senza confronto coi cittadini, i comitati e le associazioni, modificazioni che andranno a incidere fortemente e in perpetuo, come più volte ribadito sulla delibera, sull’ambiente e la percezione dei luoghi.

In questi casi l’amministratore dovrebbe comportarsi da arbitro neutro e favorire il raggiungimento di una soluzione condivisa. E in ogni caso bene sarebbe per l’Amministrazione attenersi a principi di precauzione, di rispetto della legalità e di salvaguardia dei beni più prestigiosi che appartengono alla collettività intera.

Forse siamo ancora in tempo, il nostro comitato, cui fanno capo diversi comitati e associazioni cittadine, ha proposto soluzioni alternative alla collocazione del teatro perché i 40 anni passati sono una intera era geologica, ciò che allora aveva senso oggi è totalmente fuori contesto, superato, e quella che è presentata come una operazione moderna e dinamica è al contrario un inutile sussulto nostalgico.

 

Walter Monici

Comitato Parco Sempione
col contributo di: Edoardo Croci, Franco Puglia, Ivan Salvagno, Luigi Santambrogio.

 



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