5 ottobre 2009

LIBERTÁ DI STAMPA. IL PD LOMBARDO NON MOBILITA


“Lo scout è leale, disponibile, generoso”: così iniziava il giuramento del boy scout, un didascalico ed esaustivo prontuario dei comportamenti di un bravo ragazzo dedito all’impegno sociale. Naturalmente aveva molta rilevanza la parte non scritta, che si apprendeva a colpi di pedate nel didietro, quella che specificava che prima di tutto lo scout non è stupido e quindi, prima di iniziare l’opera di volontariato, si allaccia le scarpe, controlla lo zaino e se lo porta in spalla.

E’ del tutto evidente che nessuno tra gli organizzatori della manifestazione per la libertà d’informazione a Milano della scorsa settimana aveva un’esperienza di questo tipo: eppure, trattandosi del “nuovo” Pd, per definizione privo di passato e quindi di esperienza politica, sarebbe stato utile che qualcuno avesse portato qualche pillola di saggezza organizzativa, almeno!

Qualche centinaio di persone, per massima parte mobilitate da associazione e passaparola (ArcipelagoMilano ha fatto il suo), non sono riuscito a vedere più di un consigliere comunale, provinciale o qualcuno dei non ancora decimati regionali del Pd, pochissimi giornalisti o rappresentante della Fnsi (le due cose spesso coincidono solo formalmente), del sindacato, non parliamo delle cooperative o di altre associazioni ex collaterali. Il trionfo della società civile, si dirà: a parte l’esiguità relativa delle presenze, mica tanto, perché comunque gli oratori erano il segretario regionale Pd uscente, forse rientrante Martina, e una delle figlie di Biagi dedita ormai a tempo pieno alle celebrazioni votive istituzionalizzate del più prolifico tra i giornalisti del recente passato, non esattamente dei dilettanti, almeno sulla carta.

Nei Giardini Pubblici è andata in scena una parodia malfatta di Hyde Park Corner, perché là chi vuole parlare al pubblico si porta dietro almeno una cassa di sapone vuota sulla quale salire in maniera da farsi vedere e sentire, mentre alla manifestazione sotto la statua dorata e abbacinante di Indro Montanelli gli oratori, entrambi molto lontani dalla statura fisica del filiforme Gran Toscano, parlavano malamente amplificati e infossati tra i manifestanti, probabilmente esternando frasi e parole meritevoli di essere intagliate sul marmo ed affisse sul vicino ex Palazzo della Stampa, ma inevitabilmente ormai affidate alla memoria delle poche persone che, per vicinanza fisica, hanno potuto raccogliere i loro molti sussurri e le loro poche grida.

Il vostro Giano Bifronte ha assistito a decine di manifestazioni organizzate dal vecchio Pci, di diverse dimensioni ed in diversi luoghi della città ed è certo che non era mai mancata la presenza del “Quadro attivo”, delle insegne, del microfono, del palco adatto alla bisogna. Se qualche segretario di sezione di periferia avesse dato vita ad uno spettacolo simile a Greco od al Gratosoglio, sarebbe stato retrocesso all’attacchinaggio per almeno due Congressi.

Si dirà che il Pci di allora in realtà organizzava le manifestazioni contro la libertà di stampa, come al Corriere dei tempi di Tobagi quando i poligrafici Cgil-Pci facevano sciopero selvaggio per non pubblicare editoriali sgraditi, mentre adesso le cause di mobilitazione sono giuste, per alcuni perfino sacrosante e quindi occorre apprezzare prima di tutto l’evoluzione politica che, come diceva Veltroni, grazie all’alleggerimento della struttura ma anche la nascita del più grande partito riformista della Storia che entro non più di trent’anni arriverà alla maggioranza eccetera etc.

Sarà sicuramente così, ma le migliori intenzioni sono sempre tutte da verificare e la prima verifica è data dall’impegno e lo scrupolo con il quale si persegue un obiettivo, piccolo o grande che sia.

Nel mausoleo del cimitero di Sesto San Giovanni, dove riposano i dirigenti del Pci di Milano deve essere in corso un “attivo” per chiedersi dove hanno sbagliato e come sia stato possibile che gente cui loro non avrebbero affidato nemmeno la vendita domenicale dell’Unità abbia raggiunto responsabilità nell’organizzazione di quel che resta del partito di sinistra spostatosi nel frattempo al centro, mentre Montanelli starà smoccolando sulla sciatteria dei milanesi “progressisti” che nemmeno degli scout si ricordano più.

Franco D’Alfonso



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