11 febbraio 2015

EXPO 2015, EDILIZIA: UNA OCCASIONE DI RINNOVAMENTO TECNOLOGICO


Le esposizioni internazionali del XIX e XX secolo furono caratterizzate, prima di tutto, dalla loro natura transitoria e isomorfa. La maggior parte di tutte le strutture, inclusi gli edifici e i padiglioni, fu progettata allo scopo di essere distrutta immediatamente dopo la chiusura dell’evento e fu quindi «destinata solo a scopi temporanei», come fece notare il sociologo Georg Simmel nel 1896. Tuttavia ciò non impedì loro – sia individualmente sia collettivamente – di acquisire significati, dare inizio a tradizioni o creare eredità in termini di architettura, di sviluppo urbano o di storia mediatica, destinati a durare molto più a lungo rispetto alla mera durata delle rispettive esposizioni.” (1)

06collina06Dal punto di vista architettonico le grandi Esposizioni sono sempre state occasione di sperimentazione sia dal punto di vista del linguaggio, pensiamo alla pianta libera e gli spazi fluenti (2) del Padiglione di Barcellona di Mies van der Rohe o al “Poème électronique” di Le Corbusier a Bruxelles, sia per quanto riguarda la ricerca tecnologico-materica, dal ferro e vetro del Crystal Palace di Joseph Paxton, alla Tour Eiffel, dalla copertura del padiglione portoghese di Alvaro Siza (una vela in calcestruzzo sostenuta da tiranti in acciaio, spessa solo 20 cm), al cemento trasparente realizzato a Shanghai da Italcementi nel Padiglione Italiano di Giampaolo Imbrighi.

Anche Expo Milano 2015 costituisce un’occasione per portare innovazione nel settore delle costruzioni per diversi motivi: perché, come sempre, si cerca di creare padiglioni che stupiscano, che emergano rispetto agli altri; perché tutto ciò viene realizzato in situazioni di grande complessità con limiti di tempo e di budget e, infine, perché, sempre più, si ambisce a progetti sostenibili che siano facilmente smontabili, reversibili e magari riutilizzabili.

Relativamente agli aspetti tecnologici, l’involucro dei padiglioni è certamente uno dei temi più interessanti a cui grande attenzione è stata prestata da parte dei diversi team di progettisti. Qui si riscontra un uso corrente del legno, materiale particolarmente adatto per la temporaneità dell’evento e che al contempo ben rappresenta i contenuti dell’esposizione inerenti il paesaggio e l’agricoltura.

La pelle lignea, spesso associata a materiali metallici (come l’acciaio, il rame, l’alluminio e, in alcuni casi, persino l’oro), assume nei diversi progetti una moltitudine di configurazioni diverse: dall’involucro continuo del padiglione Zero e Expo Center ai pannelli adottati dall’Angola; dalle lamelle orizzontali dell’Azerbaijan ai trafori della Polonia, che fungono, con modalità diverse, da brise soleil; dal susseguirsi apparentemente infinito di elementi verticali nel padiglione della Russia, alle gigantesche strutture a ombrello rivestite in bamboo, materiale ecologico dalla veloce crescita, nel caso del Vietnam.

Straordinaria è inoltre la grande copertura del padiglione della Cina caratterizzata da una morfologia complessa che ibrida lo skyline delle città cinesi con i paesaggi più collinari. La struttura in legno e acciaio è coperta da grandi pannelli in bamboo. Data la complessità geometrica della superficie, l’intera progettazione e realizzazione si è basata sull’integrazione tra modellizzazione digitale e prototipazione fisica di alcuni componenti.

Una pelle cangiante, in materiali diversi, si associa a una sequenza di portali in legno nel caso della Spagna, mentre un involucro in vetro e legno assume la forma di tre sfere, o meglio tre biosfere, nello spazio destinato all’Azerbaijan.

Il vetro, ricorre con modalità innovative, in molte soluzioni in corso di realizzazione: dalla vela di coronamento del padiglione Italia prodotta da Stahlabu Pircher, una superficie che interpreta l’immagine della chioma di una foresta, caratterizzata da vetro fotovoltaico e da campiture geometriche per lo più quadrangolari, sia piane che curve, alla copertura realizzata con pannelli fotocromici del padiglione USA che trasferisce nel campo dell’edilizia delle soluzioni già utilizzate nel settore automobilistico per l’oscuramento dei lunotti.

L’involucro in legno diviene più spesso e acquisisce funzioni strutturali, oltre che di rivestimento, in alcuni padiglioni tra cui il Giappone e il Cile. I due setti laterali, che delimitano e contengono il padiglione nipponico (progetto di Atsushi Kitagawara), sono costituiti da un’imponente struttura eseguita secondo tecniche tradizionali, ma calcolate attraverso moderne analisi strutturali. Alti 6 metri e spessi 1,20 metri, totalmente giuntati a secco, mettono in scena la combinazione proficua tra saggezza delle tecniche antiche e tecnologie avanzate. Sempre al passato, ma alla ricerca di prospettive future, guarda il Marocco con l’uso della sabbia come materiale da costruzione (proveniente dalla Sicilia).

Un altro “materiale” che ricorre nelle diverse soluzioni dei padiglioni è certamente il verde nelle sue diverse forme: dai tetti-giardino (che ricoprono il 50 % delle coperture piane) alle pareti vegetali; dai patii alle “oasi urbane”: si pensi ad esempio alle grandi superfici a verde previste nei padiglioni di Israele e del Principato di Monaco così come alle serre e ai sistemi di coltura idroponica adottati nel padiglione del Kuwait (progettato da Italo Rota), sistemi molto diffusi nel paese che rivestono l’involucro esterno dell’intero padiglione.

Più raro l’uso del calcestruzzo, generalmente utilizzato in forma di pannelli prefabbricati, come nel padiglione Italia, dove gli elementi in cemento biodinamico evocano l’intreccio dei rami di una “foresta urbana”.

Particolare attenzione è stata riposta, inoltre, sul ciclo di vita dei padiglioni, sulla loro possibilità di riutilizzo totale o di recupero, riuso o riciclo di componenti o singoli materiali, in un ottica di sostenibilità ambientale che sposa le caratteristiche di mutevolezza e temporaneità tipiche dell’epoca postmoderna. Al momento alcuni padiglioni sono stati ideati tenendo in considerazione un loro futuro riutilizzo. Tra i tanti figurano quelli del Cile, della Repubblica Ceca, dell’Azerbaijan, dell’Ungheria, degli Emirati Arabi Uniti, del Brasile e del Bahrein.

Infine Expo 2015 può essere occasione anche di interventi d’innovazione sociale. Un gruppo di ragazzi immigrati tra i 15-17 anni insieme a studenti del Politecnico di Milano stanno realizzando attraverso un workshop alla Fabbrica del Vapore i pannelli di rivestimento in bamboo e gli arredi del futuro padiglione di Save the Children.

Soluzioni high tech e nuove interpretazioni di tecnologie tradizionali; applicazione di brevetti studiati ad hoc e trasferimenti di tecnologie da altri settori; sofisticati sistemi di calcolo e modellizzazione digitale e realizzazione di prototipi fisici in scala 1:1; componenti innovative e materiali quotidiani; imprese all’avanguardia, artigiani e ragazzi ancora in formazione: questo e molto ancora costituisce oggi un grande laboratorio sperimentale non solo per Expo 2015 ma per il settore delle costruzioni in generale.

 

 

Luisa Collina e Giulia Gerosa

Politecnico di Milano

 

 

 

(1) Città brevi: storia, storiografia e teoria delle pratiche espositive europee, 1851-2000, in Memoria e Ricerca, n. 17, Milano, Franco Angeli, settembre-dicembre 2004

(2) Claire Zimmerman, Mies van der Rohe, Colonia, Taschen, 2007



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