4 febbraio 2015

DIMENTICARE IL PASSATO: UN OBBROBRIO A NORMA DI LEGGE


Il limite del buongusto credo lo si sia superato da un po’: siamo all’eutanasia del decoro urbano, alla sua morte legalizzata. C’era una volta lungo i Bastioni di Porta Volta il capolinea di numerose linee tramviarie intercomunali: fu creata “una stazione che serviva a dare riparo e a ospitare, in una grande sala chiusa e riscaldata, i passeggeri in partenza. Nelle sale d’attesa è collocato un bar”. Siamo nei primissimi anni ’50. Passano gli anni le linee del tram sono dismesse, qualche capolinea resta e così il bar. Il bar dell’Atm. Uno dei primi a proporre il rito dell’aperitivo, quando ancora l’happy hour non era di moda, uno dei locali storici della movida milanese. Molto amato nei primi 2000 da architetti e designer milanesi e stranieri (come recitano le guide francesi dell’epoca).

09mattace5FBEnormi ponteggi lo coprirono a lungo, veniva quasi da pensare che il cantiere fosse finanziato dalla pubblicità, in uno dei punti di maggior visibilità della cerchia dei Bastioni. E poi la sorpresa una volta scoperchiato: in copertura una massa di volumi tecnici spropositata, e una nuova pensilina metallica strallata a parziale protezione del nuovo roof garden. (I volumi tecnici, si sa, non vengono conteggiati nella slp, perché lesinare?)

La pensilina funziona da parasole d’estate, ma d’inverno compaiono, dopo qualche stagione, tendoni grigi scorrevoli con pois arancioni a guisa di finestre, sostituiti di recente da serramenti fissi, marroni, a riquadri. Evidentemente lo spazio non basta proprio mai: quel che resta del roof garden è attualmente coperto da un gazebo “gonfiabile”, contornato di pinetti e lampioncini in stile ottocento.

Ultima novità una nuova rampa di scala esterna, sulla coda dell’edificio, che atterra nei pressi di un improvvisato locale pattumiera a vista, delimitato (?) da grigliati metallici, a fianco dell’altro deposito spazzatura contornato da vasi e rampicanti. Non poteva mancare (per necessità reale ma non progettata) un prefabbricato per una toilette provvisoria dedicata agli autisti in pausa.

E credo tanto potrebbe bastare per cercare di capire come si creino queste zone franche del decoro urbano. Ma la riflessione si spinge oltre sapendo che quello di partenza non era un edificio qualunque: Piero Bottoni lo inserisce nella sua Antologia di edifici moderni in Milano nel 1954, è un bell’oggetto che racconta bene la Milano del dopoguerra. E scopriamo che a progettarlo fu Arrigo Arrighetti nel 1951, come progettista dell’Ufficio tecnico del Comune di Milano. È lo stesso autore che, senza saperlo, abbiamo conosciuto e apprezzato frequentando la piscina del Parco Solari, le scuole materne di via Pier Capponi, Santa Croce, Comasina, l’istituto Cesare Correnti, e quelli di via Clericetti, la Biblioteca Sormani … .

“Il lavoro di Arrighetti si distingue per ricchezza e versatilità nella realizzazione di centri religiosi, piscine, scuole di ogni grado e di edifici pubblici in generale, oltre che edifici residenziali. (…) Un architetto che ha pensato la città che risorgeva dalle macerie della guerra come un luogo ospitale in cui la socializzazione e i contatti umani avessero diritto a luoghi atti ad accoglierli e a favorirli, facendo della sperimentazione la guida della propria ricerca progettuale” (1).

Non un edificio qualunque, non un progettista qualunque, che ha distinto gli uffici tecnico e urbanistico del Comune di Milano per quasi quarantanni (2). La città di Milano dovrebbe avere più cura del suo patrimonio del contemporaneo: come può altrimenti tutta la vulgata su Milano capitale del progetto, della buona architettura e del design non suonare come vuota retorica?

Per altri versi questa storia sollecita la riflessione sul senso e la qualità di un ufficio tecnico comunale formato da progettisti con la matita in mano, il cui ruolo non era solo quello di vidimatori “a norma di legge”, probatori di conformità. In tempi di competenze sovrane e spezzettate, la sistemazione della rinnovata piazza XXIV Maggio lo testimonia, è sempre più viva la necessità di un architetto della città.

Giulia Mattace Raso

 

(1) Claudio Camponogara Arrigo Arrighetti e Milano, AL, 2002, n.4, pag 52-55 http://www.architettilombardia.com/al/AL200210n4_52-55.PDF

(2) “Arrigo Arrighetti nasce a Milano il 17 ottobre del 1922; nel 1940, dopo gli studi tecnici, viene assunto dal Comune di Milano. Si laurea in Architettura nel 1947. Dal 1956 al 1961 è dirigente dell’Ufficio Tecnico del Comune di Milano. Dal 1961 al 1970 è direttore dell’Ufficio Urbanistico.” ibidem

 

 



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