10 dicembre 2014

FONDI IMMOBILIARI: MIRACOLO A MILANO, SPERIAMO


Circa 30 anni fa nascevano in Italia i Fondi di investimento chiusi (l.77/83), che possiamo intendere come riferimento temporale del più ampio processo di affermazione del mondo della finanza nell’economia moderna; inoltre proprio quest’anno compiono 20 anni i Fondi Immobiliari chiusi (l.86/94). In questo arco temporale Milano è stata permeata, condizionata, dalla “finanziarizzazione” di cui tali Fondi sono stati uno strumento efficace e sostanzialmente trasparente. Questa duplice ricorrenza avviene in una fase di mercato che non può più essere considerata congiunturale, e fa intravedere una sorta di cambiamento strutturale del mercato immobiliare e più ancora delle nuove dinamiche di sviluppo urbano: zero consumo di suolo (che peraltro in Milano è poco rilevante), recupero edilizio, recupero urbano, recupero delle periferie (ora quanto mai urgente), recupero, recupero, recupero.

03bonomi43FBCome è cambiata Milano, quali sono state le dinamiche di trasformazione, è tema complesso che provo (con timore) a sintetizzare: concentrazione di terziario finanziario in centro (banche, e attività finanziarie, loro indotto professionale, servizi), nuove attività produttivo – creative nelle zone di recupero urbanistico, rafforzamento di pochi assi di terziario commerciale, servizi e tempo libero in zone interstiziali (sempre di recupero) e poi zone intermedie (semicentro o semiperiferie) senza indirizzi.

Gli edifici più rilevanti di questo processo sono sempre più frequentemente patrimonio di Fondi Immobiliari: questo ventesimo compleanno riguarda i Fondi di diritto italiano, certamente predominanti e stabili, ma le dinamiche di finanziarizzazione del real estate coinvolgono anche “fondi” (soggetti finanziari) stranieri, che compaiono sul mercato in fasi cicliche: è quindi più opportuno parlare di operatori finanziari (di cui i Fondi sono strumento “non pensante”) italiani e stranieri.

Come hanno influito tali soggetti nella trasformazione urbana, sono stati protagonisti attivi o comparse di tale processo? Gli investitori predominanti sono fondi “core“, che per loro natura hanno un ruolo poco attivo in tali trasformazioni, inserendosi in realtà stabili e consolidate: non sono loro gli attori della trasformazione urbana. Poi ci sono soggetti “opportunistici” che sfruttano fasi congiunturali vantaggiose, ma difficilmente entrano nella trasformazione del territorio. Di fondi “di sviluppo” non sembrano pervenute notizie, specie se si parla di trasformazione urbana.

Oggi la maggiore preoccupazione della finanza immobiliare sembra essere, quella di costruire un turn-over dei patrimoni posseduti dai loro Fondi in scadenza: è comprensibile e necessario, ma occorre andare oltre questa fase di “scambio di figurine”.

Possiamo volentieri parlare di Porta Nuova, e forse anche di CityLife, come esempi di positiva trasformazione urbana, magari anche ricordando Bicocca e Bovisa segnate la prima da uno sfibrante percorso urbanistico e la seconda da una frammentarietà data da una regia distratta.

Ma questi sono esempi di progetti immobiliari “economici” prima che finanziari, costruiti da idee che hanno sposato opportunità e hanno creato progetti prima economici e poi “architettonici” e utilizzando la finanza – necessaria e vitale – per attuarli. Altri quartieri hanno visto trasformazioni importanti (esempio a caso: area di vie Savona – Tortona) che hanno visto la partecipazione della finanza immobiliare e dei Fondi – strumento, ma con interventi su opportunità giacenti.

C’è stata (e persiste) una deformazione nell’accettare che la finanza immobiliare assumesse una centralità funzionale ben più pervasiva di un ruolo di strumentalità a progetti economici, funzionali alla concretezza delle città (è l’effetto settoriale della deformazione creata dai mercati finanziari nell’economia globale).

Se la trasformazione – visibile e tangibile – di Milano in questi vent’anni, è stata solo “cavalcata” opportunisticamente dalla finanza immobiliare e dai Fondi, quale è stato il rapporto tra questi e l’urbanistica (e amministrazione in genere)? assoluta diffidenza reciproca (e paradossale esempio sono proprio i Fondi ad apporto del Comune di Milano, poco brillanti esempi del genere sia per gli scopi che per i metodi).

I Fondi Immobiliari pubblici sono i grandi assenti dallo scenario (non considerando quelli statali o di Cassa Depositi, che seguono altre loro logiche) che pur sarebbero oggi gli unici in grado di attuare politiche di trasformazione del territorio: ma mancanza di competenza, disinteresse, pastoie burocratiche impediscono perfino di concepire interventi di questo tipo, con la politica che vive di breve termine mentre la trasformazione urbana è di lungo termine e richiede scelte significative.

L’urbanistica, o meglio, solo una certa urbanistica dogmatica, ha perso; superando l’anarchia dell’urbanistica contrattata, oggi forse il suo principio informatore è l’evoluzione, tramite il recepimento delle esigenze, delle opportunità e nel riconoscimento degli ostacoli: tutti principi che animano il concetto stesso di Piano di Governo del Territorio.

Su questo terreno i Fondi (come strumento della finanza immobiliare), non guidano il cambiamento: lo seguono e si adattano, senza assumere un ruolo attivo nella crescita del territorio. Tuttavia sarebbe di loro competenza, ovvero loro interesse, proporre un dialogo all’amministrazione pubblica allo scopo di costruire processi di lungo termine e di ampio respiro.

Se i “Fondi immobiliari” passeranno oltre la fase dello “scambio di figurine” con i loro immobili e aiuteranno la città a disegnare e guidare la sua trasformazione, ecco, questo potrebbe essere un bel programma per i prossimi vent’anni.

 

Giuseppe Bonomi



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