29 ottobre 2014

la posta dei lettori_29.10.2014


Scrive Roberto Castelli Dezza a proposito di M4 – Caro Gadola, devo dire che non sono d’accordo con il suo editoriale sulla MM4 pubblicato il 22.10.2014. Una delle priorità di Milano era, è e continuerà a essere il miglioramento della mobilità nell’area metropolitana, con il passaggio a una mobilità basata su mezzi pubblici e mezzi non inquinanti e il conseguente miglioramento della qualità della vita. Non si tratta di imporre priorità (del genere da lei evocato: ma se facciamo questo poi come investire in cultura o istruzione) quanto di riconoscere che la città va vista veramente come un insieme olistico e quindi riconoscendo che, con l’intervento sulla qualità della vita dei propri cittadini inneschiamo anche riflessi positivi su i diversi aspetti della vita (anche culturale, anche economica) di Milano stessa.

Questo per dirle che il problema delle risorse e del finanziamento che – anche a me di primo acchito e non conoscendo bene le tecnicalità della questione, sembra sbilanciato a tutto vantaggio del project financing (non è un po’ la questione delle concessioni autostradali e del decreto Sblocca-Italia?) va risolto in quanto tale e
cioè ridiscutendo i termini del contratto, avvalendosi del potere dato di essere l’autorità pubblica. Ereditiamo l’incapacità delle precedenti amministrazioni o meglio il loro desiderio di mostrarsi come coloro i quali realizzavano comunque le cose: un atteggiamento pericoloso che si perpetua – appunto – nel decreto Sblocca-Italia. Ma non per questo dobbiamo buttare il bambino con l’acqua sporca! O vogliamo continuare ad avere le code di migliaia di automobilisti e motociclisti che dal Lorenteggio o dal sud Milano si intasano sulle strade di Milano? L’esperienza ci dice che grandi infrastrutture come la MM3 all’inizio sembravano sovra-dimensionate ma – nell’arco di 15-20 anni – si sono rivelate preziose anche nel migliorare le condizioni di vita dei milanesi.

Scrive Carlo Ruggeri a proposito di M4 – Milano è l’unica città metropolitana in Europa a non avere la metro sotto l’aeroporto. Prima di dire NO alla linea 4 occorre meditare. Semmai ridurre le spese inefficienti e inutili del Comune di Milano che sono tante!

Scrive R. L. Alfonsi a proposito di M4 – Guardiamo il sistema trasporti di Parigi,e pensiamo a quando è stato progettato e alla sua attualità. Perché in Italia non copiamo almeno l’impianto logico?

Scrive Alessandra Nannei a proposito di M4
Secondo le ultime notizie l’ATM dovrebbe essere assorbita dalle FS. Data la notevole efficienza delle nostre ferrovie, i milanesi saranno obbligati a utilizzare finalmente le biciclette gialle. Quindi il problema delle linee metropolitane … non si pone.

Scrive Giso Colombo ad ArcipelagoMilano – Caro Direttore, grazie per il suo giornale e quanto scrive ogni settimana mi trova spesso d’accordo; mi domando: il sindaco o qualcuno dei suoi assessori leggono ArcipelagoMilano? Giudicano utili i numerosi stimoli che voi fate loro giungere? Si fanno vivi? Sopratutto come rispondono alla cittadinanza sui numerosi temi sollevati, se no che partecipazione è e dove è finito il Pisapia delle belle speranze e del dialogo della campagna elettorale? Possiamo ancora sperare?

Scrive Valeria Molone a proposito del cavalcavia Bussa – Ringrazio di cuore Alberto Caruso per il suo intervento, che ha così ben espresso le perplessità mie e di altri abitanti dell’Isola. Al di là del fatto che in molti non sentivamo affatto l’esigenza di “riempire” il Bussa (così piacevole da percorrere proprio perché solitario e aperto), nel merito del progetto mi sono chiesta: ma perché mai interrompere con una struttura alta la (rara) vista lunga? E con una sorta di impalcatura poi! Una vera provocazione per chi di noi ha subito i cantieri infiniti degli ultimi anni. Gli occhi e la mente sono esausti di vedere tubi, griglie che deformano e imbrigliano anche il pensiero. Ma chi ha vinto il progetto sarà venuto di persona a fare un sopralluogo? O avrà solo letto i requisiti del bando? Sul verde stile PlayMobil che ci circonda non vale nemmeno la pena di entrare nel merito. E chissà cosa sarebbe successo se non avessimo alzato la voce sui platani di viale Zara …. .

Scrive Walter Monici a proposito del Cavalcavia Bussa – D’accordo con l’articolo di Alberto Caruso. Le critiche ci sono tutte, e tutte fondate: Il Cavalcavia Bussa celebra se stesso. I nuovi grattacieli sono brutte copie di un modello sbagliato, il centro Civico non significa nulla, il verde verticale è un non senso, l’estetica dell’impalcatura pervade le architetture milanesi. Siamo al fallimento della progettazione, alla distruzione dei valori fondanti dell’estetica: ragionevolezza, proporzione, armonia, contestualizzazione, significato, cura del dettaglio, sono termini evidentemente dimenticati e negletti. L’architetto e il pianificatore milanese dimentica i migliori modelli europei, quelli che portano le persone ad amare la propria città, il rispetto delle preesistenze, il recupero, la ricostruzione storicamente conforme se necessario, e pensa di produrre modernità con forme aggressive, sproporzionate, invadenti, tronfie, in una orgia di autocelebrazione del proprio ego smisurato.

I cittadini milanesi plaudono o mugugnano, ma proseguono in silenzio a pensare ai propri affarucci, il laissez faire, applicato all’architettura, e la città ne viene sconvolta. Temo che siamo al punto di non ritorno: se solo 10 anni fa avevamo la possibilità di recuperare tutto il quartiere Isola come un piccolo quartiere Latino oggi i due mostri del giardino verticale incombono e distruggono ogni possibilità di sopravvivenza di un senso di città amichevole. Perché solo a Milano tutto ciò: abbiamo forse costruito torri a Roma, Firenze, Venezia,? O forse no! Forse non tutto è perduto, se una nuova amministrazione illuminata vorrà cambiare il corso degli eventi si dovrà porre mano all’opera demolitrice di tutto ciò che disturba e opprime per recuperare il senso del vivere civile: ciò che in dieci anni è stato costruito può essere abbattuto in sei mesi.

Scrive Guido Tassinari a proposito della Goccia di Bovisa – Federico Oliva nel suo articolo, scrivendo di vuoto urbano e di “conservazione della vegetazione spontanea cresciuta in questi venti anni“, per mancanza di conoscenza dell’area o perché tanto entusiasta di una prospettiva di espansione del Politecnico da dimenticarli, perpetua la disinformazione ventennale di tutte le amministrazioni pubbliche riguardo “la Goccia”.

La vegetazione spontanea certamente c’è ed è molto rilevante [si stimano migliaia di piante] ma essa è cresciuta e cresce accanto a una, ancora più importante, piantata dagli antichi proprietari dell’area con un disegno preciso: 2049 alberi nell’area delle officine del gas alla Bovisa. Nel volume Milano tra luce e calore, del 1993, l’ultimo capitolo è dedicato all’area verde sulla quale l’Aem [Azienda energetica milanese], in preparazione alla dismissione, aveva commissionato al Corpo Forestale dello Stato un’analisi e censimento del patrimonio arboreo, che sottolineò fatto di “alberi che per portamento, conformazione, maestosità potrebbero costituire degli autentici monumenti verdi nel futuro Giardino della Bovisa“, con la certezza che “chi progetterà la realizzazione del piano di riconversione urbana sarà in grado di valorizzare un’area già ora tanto preziosa, ricca di un verde di altissimo interesse per la qualità della vita di tutti i cittadini milanesi“.

Scrive Adriana Grippiolo Walter Marossi a Divertire facendo critica solida e con intelligenza è raro. Bravo Marossi.



Condividi

Iscriviti alla newsletter!

Per ricevere in anteprima sulla tua e-mail gli articoli di ArcipelagoMilano





Confermo di aver letto la Privacy Policy e acconsento al trattamento dei miei dati personali




Ultimi commenti