24 settembre 2014

MAFIA E CORRUZIONE: L’ARMA DELLA TRASPARENZA


C’è una forte esigenza «di avvertire, di denunciare» tra le ragioni che hanno reso urgente la stesura di poco anticipata della quinta relazione semestrale del Comitato antimafia del Comune di Milano, presieduto da Nando Dalla Chiesta e composto, tra gli altri, dal Direttore di questo settimanale.

03liva32FBIl testo, presentato anche sotto i riflettori della Festa dell’Unità milanese, merita la massima attenzione. Perché è il primo documento organico del Comitato successivo agli scandali legati a Expo 2015 dello scorso maggio e probabilmente l’ultimo redatto in tempo utile per l’esposizione universale per provare a elaborare proposte volte «a scongiurare e/o rimuovere» infiltrazioni mafiose.

In aggiunta, come si legge nella prima parte della relazione, il desiderio di denuncia risulta accresciuto alla luce di alcuni risvolti processuali emersi a due anni di distanza dalla prima relazione del Comitato. In particolare, ha raggiunto «quei margini di certezza che sono insiti nel giudicato penale» il cosiddetto “processo Infinito – Crimine – Tenacia”, definito in giugno dalla Cassazione con numerose condanne (in attesa che il processo parallelo, svolto con il rito normale anziché quello abbreviato, termini il suo iter, pur avendo già evidenziato numerose analoghe condanne in sede di Appello).

Amara è la constatazione di un organigramma territoriale assolutamente definito, ove i rapporti tra cosca e imprenditori assumono varie fisionomie: cogestione di società, intermediazione finanziaria a favore dell’organizzazione, intestazione fittizia di azioni, lavoro ai compartecipi nei cantieri anche attraverso ditte con soci prestanome dell’organizzazione (sul punto si legga il lavoro delle ricercatrici della Bocconi, G. Gambadoro ed E. Montani, Il Rapporto tra andamento dell’economia e infiltrazione della criminalità organizzata nel mercato economico legale: un’analisi della realtà lombarda, in Rivista trim. di Diritto penale dell’economia, Cedam, n. 1-2, 2013).

Ma è la seconda parte della relazione (la pars construens) che, forse, suscita ancor più interesse.

In primo luogo perché ha quale orizzonte proposte programmatiche per il futuro, ma soprattutto poiché ad esso guarda tentando di promuovere e rilanciare il principio della partecipazione civica come «risorsa per aumentare la trasparenza e l’accountability». Si tratta, dice il Comitato, di sviluppare un vero e proprio controllo dal basso alla luce delle recenti tendenze che vedono una stretta correlazione tra l’utilizzo del patrimonio informativo pubblico e la crescita delle potenzialità di un sistema economico.

Visto in una prospettiva storica, il riferimento parrebbe essere a quell’idea delle “porte e finestre aperte” di cui si fecero promotori gli olandesi quando nel 1602 fondarono la prima società per azioni, la Oost-Indische Compagnie, cui concessero il privilegio esclusivo del commercio con le Indie Orientali solo dopo la firma di un documento che prevedeva tra le condizioni essenziali la massima trasparenza di gestione.

Così, la relazione del Comitato alterna osservazioni e suggerimenti molto concreti ad analisi e proposte di più ampia veduta. Le prime sono soprattutto rivolte, manco a dirlo, all’Expo 2015 S.p.A., cui viene comunque riconosciuto il coraggio di rilanciare Open Expo, programma avveniristico che si svilupperà sulla base di una convenzione firmata lo scorso luglio da Expo 2015 S.p.A. e l’associazione Wikitalia e presentato a Roma l’11 settembre scorso. Il risultato dovrebbe essere quello di poter intentare un processo di pubblicazione integrale in formato open data, di tutti i dati legati alla gestione, progettazione e organizzazione dell’evento.

Le seconde, correttamente, guardano invece più globalmente a quel complesso di società controllate dal Comune di Milano, «alcune delle quali costituiscono dei veri e propri gruppi» e che in ogni caso coinvolgono una «parte rilevantissima dell’economia e dell’amministrazione cittadina».

Qui è davvero interessante l’idea avanzata di una «responsabilizzazione civica degli organismi di controllo delle società partecipate» di cui l’amministrazione comunale possa farsi promotrice, con il fine di comparare esperienze, modelli, flussi informativi.

Si potrebbe anche immaginare di non fermarsi a ciò. Vale a dire non limitarsi al maggiore coinvolgimento e coordinamento di chi ricopre i ruoli di Responsabile per la Prevenzione della Corruzione, Responsabile della Trasparenza, Componente degli Organismi di Vigilanza 231/2001, ma creare un parallelo confronto costante anche tra gli Amministratori delle società partecipate in questione. Senza voler etero – dirigere scelte gestionali da parte del socio di maggioranza, ma mirando a creare un senso di appartenenza, a fare sistema stabilendo piani e tempi di lavoro comuni. Sì, perché anche l’amministratore di nomina pubblica può esser ancor più responsabilizzato nella consapevolezza che con una precisa scelta gestionale o un “no” espresso (che non si concretizza solo in un voto contrario in Consiglio, come ricordava Piergaetano Marchetti, ma può significare anche un progetto sbagliato abortito) contribuisce a sviluppare la città, a renderla vivibile, competitiva, attrattiva. Contribuisce, insomma, a costruire la complessiva idea di città, agli occhi dei suoi vari “fruitori”: i cittadini, ma anche gli investitori, i pendolari, gli studenti fuori sede, i turisti.

 

Martino Liva



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