18 giugno 2014

HARAKIRI ARCHITETTONICO: IL CASO TOLSTOJ ANGOLO SAVONA


Accade spesso che i planivolumetrici dei PII siano scadenti a causa dei troppi passaggi burocratici in uffici che devono esprimere il loro parere, a cominciare da quelli comunali deputati ai PII e dai loro Nuclei di Consulenza, dalla Commissione per il Paesaggio, dalle Conferenze dei Servizi, dalla Soprintendenza, quando di competenza, e dove ognuno separatamente vuole lasciare la sua impronta sul Piano. E così succede spesso che planivolumetrici nati bene, in conseguenza di modifiche imposte e accettate “ob torto collo” dagli operatori, si trasformino in disastri del disegno urbano.

04zenoni23FBMa la situazione che voglio oggi illustrare è particolare in quanto il planivolumetrico, in questo caso, si distingue come buon esempio di recupero della qualità abitativa delle periferie, soprattutto per la previsione, in una zona che ne è del tutto priva, di una piazza pedonale aperta sulle vie Savona e Tolstoj attorno a un piccolo edificio facente parte dell’area industriale precedente. Questo piccolo e vecchio edificio ben ristrutturato, sede di un servizio pubblico decentrato, ha caratteristiche architettoniche di buon valore, sia per le sue proporzioni che per la ricchezza dei suoi particolari. Le caratteristiche che lo legano alle architetture milanesi del secolo scorso, ne fanno oggi un piccolo “gioiello”, assumendo l’aspetto e la funzione di Punto Cospicuo per l’intero Lorenteggio. La volumetria residenziale prevista dal PII si conforma a isolato a cortina, come tutti quelli attorno, e si chiude formando a sud e a ovest i fondali della piazza pedonale aperta. Un parcheggio sotterraneo previsto e atteso da tempo sotto la via Tolstoj completa il piano esecutivo. In definitiva, un disegno urbano piacevole caratterizzato anche da servizi e funzioni civili.

A questo punto è seguita la presentazione del progetto delle volumetrie indicate dal piano esecutivo e che avrebbe dovuto essere interpretato – trattandosi di edificazione in ambiti contraddistinti da un disegno urbanistico riconoscibile, principio non prescritto a quei tempi, ma già richiesto da precedenti Commissioni Edilizie – attraverso la “Contestualizzazione urbanistica ed edilizia con l’esistente”. Mentre la verifica a livello di planivolumetrico del Piano Esecutivo ha tenuto conto degli orientamenti e allineamenti indicati dagli edifici circostanti, la Contestualizzazione edilizia non è stata invece affrontata, a partire dalle dimensioni catastali dei lotti che affacciano sulle strade adiacenti, che in questo caso erano prevalentemente composti da edifici mono scala dal fronte attorno ai 20/25 metri che, pur offrendo prospetti diversi gli uni dagli altri, formavano uno dei ritmi che si potevano individuare nel contesto esistente. Di questo concetto nel progetto non se ne è tenuto conto e si è andati a formare un unico blocco pluriscale unitario, dando esito così a un edificio fuori scala che forma un’anomalia ben visibile tra le cortine stradali esistenti. Lo sviluppo di quest’area, con isolati a cortina e blocchi edilizi prevalentemente monoscala e diversi tra di loro, creava l’effetto città, con la “singola diversità negli allineamenti comuni”.

Ricordo il completamento dell’isolato a cortina della Schutzen Strasse a Berlino, realizzato da Aldo Rossi riempiendo i vuoti mancanti alla cortina con una serie di blocchi monoscala affiancati ma differenti l’uno dall’altro nelle facciate, obbedendo ai ritmi catastali degli edifici scampati ai bombardamenti. A Milano come questo caso dimostra questa sensibilità urbanistica è spesso sconosciuta, mentre in altre realizzazioni, come quella di via Spallanzani angolo via Melzo del quale ho già parlato favorevolmente, la sensibilità della “singola diversità in allineamenti comuni” è stata ricreata nella ristrutturazione di un blocco pluriscale esistente, lavorando sui colori e sulle facciate suddividendole in blocchi compatibili con l’intorno, tali da sembrare accostamenti di diversi interventi.

In questo PII invece l’edificio viene trattato uniformemente sui due lati corti che si affacciano sulla piazza e sul lato ben più lungo sulla via Savona senza introdurre una differenziazione in blocchi verticali né un ritmo e tempi per le finestrature ed i balconi-loggia, dando l’effetto di un intervento estraneo all’esistente, anche per un insufficiente richiamo a colori e materiali presenti tutt’ attorno, inserendo per tutto il lungo blocco come unica tonalità di colore il grigio della pietra che riveste il piano terreno e due grigi chiari per i piani superiori (o forse uno è un beige) che ne hanno amplificato l’effetto dirompente dell’edificio fuori scala.

Questo edificio fa dunque anche da fondale per due lati alla nuova piazza, dove al suo vertice, tra le vie Tolstoj e Savona, è presente il “gioiello” ristrutturato alla sua versione storica originale. Per chi viene dalle vie Savona e Tolstoj ma anche da tutte le altre direzioni questa bella presenza storica accentua il gap qualitativo con la parte edificata retrostante che gli fa da fondale, a tal punto da poter individuare in questi nuovi edifici, pur facendo parte di un corretto PII, un vero Harakiri dell’architettura moderna.

 

Gianni Zenoni

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