13 luglio 2009

MILANO: LA NOTTE DEI GIOVANI, QUELLA DEI VECCHI


La notte dell’estate milanese porta in superficie, ci fa vedere, una delle tante incongruenze della nostra città: vecchi e giovani non sanno vivere insieme, non si amano, non si rispettano e la città trasgredisce alle sue regole. Che il rapporto giovani-vecchi sia sempre stato complicato non è una novità ma gli equilibri sono molto cambiati e l’insofferenza reciproca è aumentata, complice un’amministrazione che sul problema giovanile continua a sbagliare. L’ultima uscita del sindaco di vietare la vendita dell’alcol ai minori di 16 anni, una parte del popolo della notte, ne è la prova: un provvedimento che rincorre il male dell’alcolismo giovanile senza ridurne le cause e con il solo risultato di indurre i giovani a nasconderne l’uso e bere dalla bottiglia nascosta nel sacchetto. Il proibizionismo ha un’ambiguità lontana che cova nelle coscienze mai libere dall’ipocrisia.
Con i giovani la nostra città arriva sempre in ritardo e, dopo aver zittito chi da tempo denuncia il loro disagio, ecco il trionfo della repressione. I giovani, blanditi in quanto tali, sono oggetto di pubblicità perché sono un popolo di consumatori spesso spensierati, addirittura tenuti colpevolmente nell’ignoranza del mondo che li circonda e dei suoi problemi. Le vicende dei decibel negati e poi concessi per il concerto a San Siro della settimana scorsa sono l’indice di un atteggiamento ondivago tra riconoscimento di un desiderio di divertimento e condiscendenza verso gli eccessi sonori che poco hanno a che vedere con l’amore della musica, anche estrema. Ma i “vecchi”hanno la coscienza a posto di fronte alla notte dei giovani? Sì e no. La loro intolleranza verso qualunque manifestazione rumorosa è un fatto endemico nella nostra città, anche quando queste occasioni siano rare come i concerti e sono la spia di un disagio generico che cerca soggetti sui quali scaricare le tensioni. I nostri tribunali sono assediati di cause civili tra vicini per il disturbo acustico, dal pianto dei bambini all’abbaiare dei cani, dal volume troppo alto della televisione al rumore dei condizionatori.
In questo già teso scenario anche la pubblica amministrazione milanese fa la sua parte a cominciare dalle pavimentazioni sconnesse, tra queste i famigerati masselli, che sono la causa del rumore da rotolamento del traffico automobilistico, per finire con l’inquinamento luminoso: Milano è una delle città peggio illuminate e le sorgenti di luce colpiscono le facciate delle case persino all’altezza dei secondi piani e costringono ad abbassare le tapparelle per poter dormire cosa che, sommata alla chiusura dei vetri per il rumore, rende l’estate un tormento e l’uso dei condizionatori una necessità. Ma c’è anche l’oltraggio alla legge: la norma regionale che vieta di proiettare fasci luminosi verso l’alto. Ogni raggio luminoso dovrebbe essere diretto in modo da non superare la linea dell’orizzonte, eppure vi sono affissioni pubblicitarie illuminate dal basso, come illustrano alcune immagini della nostra “gallery”, il tutto con la tacita connivenza dell’ufficio affissioni che rilascia le autorizzazioni a questi impianti: una delle tante compiacenze che avvelenano lo scenario della nostra città.
La norma regionale era stata un successo degli astronomi che non volevano un cielo inquinato e gli astri invisibili, e anche dagli ambientalisti che ritenevano queste illuminazioni un dispendio di energia elettrica inutile, soprattutto nelle ore della notte fonda quando i potenziali osservatori, e dunque i soggetti passivi della pubblicità, sono ridotti alla pattuglia dei nottambuli. Infine una vittoria indiretta per i poeti, per gli amanti delle stelle, per chi nel cielo non immagina solo satelliti per telecomunicazioni o razzi vettori minacciosi ma per chi sotto sotto sente frullare per la memoria il Leopardi: “Vaghe stelle dell’Orsa, io non credea /tornare ancor per uso a contemplarvi….”
LBG



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