16 aprile 2014

I TEMPI DELLA GIUNTA: ANCORA E SEMPRE SULLA BUROCRAZIA


Ancora una volta approfitterò di queste pagine per parlare dei rapporti tra politica e burocrazia e di come nessun cambiamento sarà mai davvero efficace fino a quando non avremo posto la macchina amministrativa al servizio della politica.

02grandi15FBSul Corriere della Sera del 26 marzo scorso, Francesco Daveri e Francesco Giavazzi hanno firmato un fondo dal titolo “La ragnatela dei mandarini“. L’articolo parla dei cambiamenti che Renzi sta cercando di imprimere alla nostra macchina amministrativa; paragona al “gioco delle sedie” della nostra infanzia la manovra con cui il Primo Ministro nei primi trenta giorni di governo ha scambiato tra loro i ruoli di dieci Capi di Gabinetto su sedici; esprime prudente apprezzamento per un’operazione che almeno in parte sarà in grado di scalzare antichi legami di potere; auspica la medesima manovra per i capi dei dipartimenti ministeriali; invita il Governo a essere più coraggioso e a lavorare per una sostanziale modifica dei regolamenti che attengono alle nomine dei funzionari dello Stato; fa riferimento a cariche triennali e a contratti e incarichi a tempo determinato; segnala l’importanza di meccanismi di valutazione che leghino la remunerazione dei funzionari al raggiungimento di obiettivi prefissati.

A queste considerazioni, che condivido appieno, ne aggiungo una personale che fa riferimento al titolo dell’articolo: forse anche i Mandarini della Cina Imperiale saranno stati fautori di dannose ragnatele in cui avviluppavano, bloccandola, l’opera dei loro imperatori ma, almeno nelle intenzioni, le norme che regolavano le nomine erano ferree e consentivano il controllo e la sostituzione dei mandarini, ne decretavano la provvisorietà degli incarichi, per contenerne i poteri che altrimenti sarebbero stati sconfinati.

“Per diventare funzionari imperiali bisognava partecipare a un rigoroso concorso pubblico e superare esami molto difficili … . La selezione si basava sulla cultura generale e sulla conoscenza dei testi del VI – V secolo a.C. del filosofo Confucio, della letteratura e della storia. La cultura era considerata, infatti, uno dei requisiti essenziali di un buon funzionario … . Ai vincitori era assegnato il governo di una provincia, dove era loro proibito avere possedimenti personali. Non potevano governare la stessa provincia per più di tre anni, per evitare che consolidassero posizioni di dominio e sviluppassero interessi personali” (www.treccani.it).

I nostri mandarini, ahimè, godono invece di un’intoccabilità quasi assoluta; e di “interessi personali” si è visto che almeno alcuni ne hanno coltivato e ne coltivano parecchi.

Esaurita questa premessa di carattere generale, veniamo ai governi locali e, nello specifico, a quello della nostra città.

Se Renzi, che è facile immaginare stia incontrando resistenze di ogni genere, sta almeno provando a scalzare il sistema di poteri e di forze che da decenni inficia il lavoro della buona politica centrale, perché non dovremmo provare a farlo anche noi a Milano?

Davvero il pensare a una modifica del regolamento comunale che introduca una sorta di spoil system, o che perlomeno assicuri la rotazione (triennale?) dei dirigenti dei vari settori, è una proposta fantascientifica? Io credo sia la strada giusta, quella da percorrere a tutti i costi.

Non ci è più consentito, infatti, ignorare un problema che di giorno in giorno si fa più macroscopico: l’ostruzionismo messo in atto dall’apparato burocratico è acutamente sentito dai cittadini, e spesso anche dai loro rappresentanti politici, come il maggiore ostacolo al raggiungimento di ogni obiettivo. Lo dico per esperienza diretta.

I Consigli di Zona sono l’anello di congiunzione tra cittadini e Pubblica Amministrazione, e sono strumenti efficaci per monitorare il territorio, per conoscerne le esigenze e le criticità; è ai Consigli di Zona che arrivano segnalazioni, richieste, proteste, proposte; è dai Consigli di Zona che spesso partono quei progetti di collaborazione che possono fare del concetto di partecipazione una realtà non solo declamata: progetti spesso belli e importanti, che solo nei casi più fortunati riescono ad assurgere a programmi cittadini di buon governo.

Troppe volte questa potenzialità rimane soffocata dai niet di piccoli o grandi funzionari, che non sono affatto disposti ad assecondare cambiamenti e innovazione: perché quegli stessi cambiamenti richiesti andrebbero a modificare relazioni, accordi e ritmi di lavoro in uso da anni. E così, per una cosa buona che va in porto, tante altre si arenano tra mille difficoltà, per poi sfociare in un nulla di fatto e nel silenzio. Questo è quando va bene: perché a volte, ed è cosa ancora più grave, accade che la politica, messa nella condizione di non potere operare dal conservatorismo dell’apparato burocratico, si renda conto quando ormai è troppo tardi di avere perso delle opportunità di cambiamento e di rinnovamento.

È quello che di recente è accaduto, per citare un caso eclatante, con le vie d’acqua: se avessimo avuto il coraggio e la forza, ma soprattutto gli strumenti, di andare contro ai freni dei funzionari e dei tecnici e di prendere in considerazione le varianti proposte (ad esempio da Italia Nostra) rispetto a un progetto che molti di noi riconoscevano come non buono, avremmo evitato tante ripercussioni negative, critiche e malcontenti.

Di questo dannoso immobilismo si potrebbero fare moltissimi esempi: una lunga lista di progetti boicottati da chi detiene ed esercita un potere che non dovrebbe competergli, ma che negli anni è stato usucapito e che fa sì che tante piccole o grandi scelte, che spetterebbero alla politica, vengano invece fatte d’ufficio dagli uffici. Si pensi al sistema di attribuzioni di alcuni spazi demaniali, alla difficoltà di reperire spazi al momento sottoutilizzati per nuove destinazioni d’uso, alle modifiche sulla viabilità e su alcuni percorsi dei mezzi pubblici, al timore di prendere decisioni che vanno contro a potenti lobby, alle richieste di accesso a programmi informatici che renderebbero pubblico e trasparente l’operato dell’Amministrazione.

Una nota a margine, ma necessaria, riguarda la severa crisi in cui versa la Polizia Municipale, ormai percepita dai cittadini come assente, accidiosa, poco efficiente, quindi non più in grado di svolgere la sua funzione di tutela e di controllo delle regole. Qualche domanda sulla dirigenza di un corpo che versa in tale stato di crisi ce la dovremmo tutti fare. I Milanesi attendono risposte.

Certo, per fortuna non sempre tutto funziona con difficoltà e vi sono tanti casi in cui politica e burocrazia lavorano insieme e proficuamente per il buon governo della città, ma dovremo fare in modo che questi esempi virtuosi diventino la regola.

Solo in questo modo il cambiamento auspicato e richiesto a gran voce da chi ci ha dato mandato di governo si trasformerà da auspicio in realtà.

 

Elena Grandi

 



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