16 aprile 2014

la posta dei lettori_16.04.2014


Scrive Giuseppe Samir Eid a Paolo Branca – Sono d’accordo sul commento del professor Branca volendo aggiungere alcune considerazioni di ordine pratico, esprimo il mio punto di vista in modo sintetico: 1 – i finanziamenti provenienti da fonti o stati che discriminano i non musulmani vanno rifiutati. La maggior parte dei finanziamenti proviene da paesi del Golfo che non ha nessun fedele a Milano mentre discrimina/permette eccezionalmente la costruzione delle chiese da loro localmente. Non sono società libere. 2 – mi piacerebbe il fatto che il progetto sia della cittadinanza, tutta, non soltanto degli aderenti al comitato proponente che rappresenta soltanto una parte dei fedeli musulmani. 3 – la moschea dovrebbe essere accessibile alle funzioni di tutte le componenti dell’Islam nessuna esclusa. 4 – l’Ente di gestione della moschea dovrebbe includere uno o più rappresentanti del Comune di Milano nel Consiglio di gestione con poteri decisionali e i verbali accessibili. 5 – i titolati a tenere le prediche debbono essere “certificati” e pratici della lingua nazionale e della cultura nostrana.

Infine: la moschea non risolve il problema dei centri di preghiere sparsi per la città e politicamente darebbe un “potere di rappresentanza” al comitato che gestisce la moschea per avanzare eccezioni alle leggi o privilegi, per pretendere di parlare a nome di tutti i musulmani anche di coloro che non frequentano o che non lo vorranno. Qualora la proposta n.4 non fosse attuabile si potrebbe pensare a una soluzione in cui il comune stesso, in quanto proprietario del terreno, potrebbe prendere l’iniziativa di creare in cogestione centri per il culto islamico, una situazione simile a quanto ha fatto in Cina lo stato con la chiesa cattolica.?

 

Scrive Vito Antonio Ayroldi ad ArcipelagoMilano – Informerei Elio Veltri che la BCE ha in pancia oltre 200 mld di euro di BTP italiani, 100mld solo nel 2011 (1). Se poi vogliamo andare verso una BCE che acquista BTP a piè di lista come prestatore di ultima istanza à la carte per finanziare Ponti sullo Stretto, TAV, terze, quarte e magari anche quinte variati di valico, inceneritori gestiti dalle mafie, inutili vie d’acqua, DRS basta dirlo. Cos’è non sapete che è la DRS? È un azienda del settore Hi tech militare, americana, di cui non possiamo disporre del know how ma che abbiamo pagato 3,4 mld di euro (oggi non vale la metà), ma copre da sola l’intera Spending review di Cottarelli fatta risparmiando sulla carta igienica dei bambini degli asili. Una vergogna! Tempo dieci anni e ridurremmo così anche il resto d’Europa che si ostina a non fidarsi.

Lo si vuole capire o no che “quelli” non si fidano proprio perché come giustamente sottolinea Veltri in Italia abbiamo, mafia, corruzione e inefficienze, quelle carenze molto ben individuate dal Direttore nel suo ineccepibile editoriale che, more solito, mette il dito nella piega purulenta del nostro paese.

Vi chiedo cosa sia più importante: un serio dibattito sulla disciplina degli appalti o una insulsa conferenza sulla fuffa del Brand Milano “che appartiene al popolo” come spiega il professor Rolando che, a quanto si apprende da Lui stesso, non ha ancor capito bene manco Lui cosa sia, ma qualunque cosa sia almeno ne ha rintracciato il proprietario, così stiamo tranquilli che eravamo in pensiero …. E un Ambrogino non vogliamo darglielo per questa scoperta al comitato di ricerca voluto dall’Assessore e immancabilmente ringraziato? Ma sì, fai vedere che abbondiamo!

Quando si capirà che Milano si muore di fuffa e di truffa. Che riproponendo il modello “Milano da bere 2.0” non si va da nessuna parte. Che bisogna tornare ai fondamentali. Come si possa pensare di unire moda e design che sono secondo Munari in perfetta antitesi è un mistero gaudioso. Il lusso scriveva Munari non è un problema di design. Milano celebra la sua icona al Museo del Novecento fregandosene, logicamente, di quel che di scomodo predicava. Milano è diventata questa roba qua. Una missione chiara se l’è data però e la persegue egregiamente, con perfetta efficienza milanese lo si capisce anche dal successo che ha questo enorme baraccone del Salone del mobile al di là di tutta la stucchevole retorica che si monta sopra: riciclare una patrimonio culturale enorme ma che avverte come un peso e nemmeno sa più come gestire sublimandola in una fantasmagoria di fuffa da vendere prêt-à-porter a turisti stranieri a domanda solvibile. Per quelli più sfigati c’è sempre il cappellino con il brand Milano stampato sopra. Il patrimonio quando non si ha più la forza economica per gestirlo può diventare un costo insostenibile, il Direttore questo lo sa benissimo. La borghesia milanese sopravvissuta conosce benissimo la lezione. Giratela Milano in questi giorni del “baraccone del mobile” e non troverete che questo. Si può anche dimostrare, ma l’essenziale è visibile all’occhio.

 

 



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