2 aprile 2014

INFRASTRUTTURE LOMBARDE: MARONI RINNEGA MA È RECIDIVO


Il presidente Maroni, il 25 marzo, ha accolto l’invito delle opposizioni a riferire al Consiglio Regionale su quanto accaduto all’interno dell’azienda Infrastrutture Lombarde Spa. Ci ha raccontato che c’è un’indagine della magistratura in corso, con 68 capi d’imputazione, tra cui associazione per delinquere, turbativa d’asta, falso, truffa. L’indagine farà il suo corso, si celebrerà il processo contro una serie di dirigenti della Regione e di consulenti esterni. Maroni ha specificato che la vicenda riguarda la passata legislatura e la sua Giunta ne è completamente estranea.

07castellano13FBIl punto però, non è questo. O meglio, non solo questo. Quello che ci interessa mettere in luce è la gestione politica e amministrativa della Regione Lombardia e il sistema di potere che nel ventennio formigoniano è cresciuto a dismisura, stravolgendo man mano l’assetto istituzionale e le competenze dell’ente regione.

Partiamo da Infrastrutture Lombarde, “formidabile intuizione” dell’ex presidente Formigoni del 2004. Basata sul presupposto che i costi di internalizzazione siano minori di quelli dell’accesso al mercato, ossia che sia meno costoso realizzare internamente opere e servizi piuttosto che cercare in modo trasparente e rispettoso delle procedure le migliori alternative sul mercato, è diventata nel decennio una potentissima macchina da guerra, che ha costruito, anche bene e velocemente, in tutta la Lombardia, con una velocità di azione che passa sopra alle regole amministrative della distinzione tra controllori e controllati e agisce in barba alle procedure. E gli attori del gioco sono sempre gli stessi. In nome dell’efficienza e della rapidità (anche del malaffare, ma di questo si occupa la magistratura).

Ritengo che lasciare solo ai giudici il rimedio a questo scempio, come spesso succede in Italia, non porti lontano. Dobbiamo rivedere l’intero sistema-regione per riportare l’ente alle funzioni che la Costituzione prevede. Nella pubblica amministrazione deve essere il mercato a selezionare il fornitore più efficiente, che faccia risparmiare risorse alla collettività. E se ciò non avviene perché la macchina burocratica è lenta e inefficiente, non è il sistema “infrastrutture lombarde” la soluzione. Gli amministratori pubblici devono essere controllori dell’efficienza, non devono sostituirsi al mercato. Nel caso di Infrastrutture Lombarde la politica si è trasformata in imprenditore per sostenere se stessa, distorcendo i meccanismi concorrenziali. Non a caso tutto è nato dalla denuncia di un imprenditore escluso da una gara d’appalto.

È un film già visto, che speravamo di non rivedere, quello del “ghe’pensi mi”, dell’aziendalizzazione della politica e dell’amministrazione pubblica. Anche escludendo le fattispecie di rilevanza penale, non era questa la pubblica amministrazione che speravamo di avere in Lombardia. L’amministrazione pubblica che funziona non è quella che corre verso il risultato scegliendo i propri collaboratori, consulenti e imprenditori in barba alle regole. È quella che le regole le applica, le governa e, se non più efficaci, le cambia con l’unico strumento che la Regione abbia a disposizione, il potere legislativo.

Ancora, riflettiamo sull’efficienza, l’efficacia, l’eccellenza dei risultati di questo modo di amministrare. Sono messaggi devianti, confusivi, falsi. L’autoreferenzialità delle lobbies di potere, i cerchi magici che, in nome dell’efficienza e della competenza lavorano, da sempre, escludendo di fatto le imprese che, pur competenti ed eccellenti, non appartengono al “giro” non fa risparmiare, costa alla collettività. E allora diventa inutile legiferare sugli incentivi alle imprese, aprire alle “start up“, se gli appalti, le consulenze della Regione più ricca d’Italia girano sempre fra i pochi, “eccellenti,” imprenditori o liberi professionisti. Cosi il mercato non si apre, la crisi non vede la fine.

Sarebbe interessante, dai banchi dell’opposizione, studiare le ricadute sul mercato di questo modo di amministrare. Dimostreremo, ne sono convinta, che i palazzi costruiti in poco tempo, le autostrade, gli ospedali sono costati, in termini di ingiuste esclusioni, di pericolose confusioni tra controllori e controllati, molto di più alla collettività. Dimostreremo, e direi che siamo pronti a farlo, che la politica deve abbandonare le logiche imprenditoriali e fare un passo indietro, se vuole che il Paese avanzi.

Il livello dei commenti dei politici che abbiamo letto sui giornali, drammaticamente, rafforza i contenuti della mia analisi. E non mi riferisco alle attestazioni di stima (legittime, per carità) nei confronti degli imputati. L’ex presidente Formigoni, come attenuante,o esimente, dichiara che in fondo Rognoni non è nemmeno di Comunione e Liberazione … . Il messaggio è: che volete? Non era nemmeno “dei nostri”!

Se il presidente del Consiglio Regionale insiste nel sottolineare l’efficacia di queste procedure rapide e leggere per il perseguimento del bene comune, non ponendosi nemmeno il dubbio che possano scatenare ricorsi, allora vuol dire che il costume è sempre stato questo, fortunatamente stoppato, nel 2010, proprio da un ricorso. Se il nostro presidente, che conosciamo cosi attento alle procedure e al timore dei ricorsi, nello svolgimento dell’attività consiliare, afferma che la velocità e la competenza scelta arbitrariamente sono la ricetta giusta, vuol proprio dire che il sistema va cambiato alla radice.

 

Lucia Castellano



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