6 luglio 2009

UNA NUOVA DESTINAZIONE PER SAN VITTORE


La situazione generale nel nostro Paese e nella nostra città ci offre spesso situazioni che inducono al pessimismo, soprattutto per quanto attiene i valori etici e del convivere civile.

Non è negli scopi di questa nota, dilungarsi sull’elencazione dei fattori degradati; sarà sufficiente ripercorrere mentalmente gli eventi che, anche se emersi in modo così dirompente negli ultimi 15-20 anni, lascerebbero facilmente pensare a un radicamento antico che giustifica l’anzidetto pessimismo.

In particolare ciò che preoccupa è un degrado morale sia a livello di Istituzioni e di organismi operativi pubblici, sia a livello privato, tale da legittimare una diagnosi di diffusa assenza del comune senso di moralità; l’immoralità ormai diventata fenomeno di costume.

Non si allude alla grande ed efferata criminalità solitamente riconducibile a fasce fortunatamente ristrette della società e più o meno fisiologica anche in nazioni ad alto grado di sviluppo civile.

Si allude ad una immoralità di fondo che è la base di illegalità oggettive, lesive del singolo individuo e della collettività, da noi diffusa fino a diventare consuetudine tollerata, disinvoltamente adottata come via al successo, al benessere, alla felicità; come surrogato all’impegno professionale e al serio lavoro; l’immoralità che sta alla base della corruzione, concussione, truffa in generale, evasione fiscale, spaccio al dettaglio di droga, sfruttamento del debole, sia esso un minore o un diverso, omissione in atti di ufficio, e via dicendo.

E’ proprio il grado di diffusione di tale immoralità che costituisce il principale limite all’efficacia risolutiva della sola azione repressiva, seppur giusta, dovuta e imprescindibile.

Come le grandi epidemie, o le malattie endemiche, non sono mai state debellate solo con la cura dei casi conclamati, ma piuttosto con la prevenzione e le vaccinazioni sugli individui ancora sani, così l’immoralità a cui ci riferiamo va affrontata con una sorta di prevenzione e vaccinazione rivolta soprattutto ai giovani. E certamente uno dei più importanti fattori di prevenzione e vaccinazione contro il radicamento dell’immoralità è la diffusione della cultura in senso ampio, ossia la creazione di humus culturale; cultura e non semplicemente scolarizzazione. E’ sotto gli occhi di tutti infatti che corruzione, concussione, evasione fiscale, truffa e simili, sono stati perpetrati in gran parte da individui a buon livello, quando non alto, di scolarizzazione ma certamente con basso livello culturale (vedi Tangentopoli).

Non v’è dubbio quindi che in Italia è urgente investire di più in cultura: l’investimento a più alto ritorno in termini di sviluppo etico, sociale e, infine, economico.

Non però, o perlomeno non solo, investimenti in programmi e strutture dedicati alla fruizione di eventi culturali – cultura passiva – ma soprattutto quelli dedicati alla creazione e alla formazione di futuri operatori di cultura – cultura attiva.

Si pensa ad un programma che possa opportunamente coniugarsi con la necessità di dare una risposta intelligente ad un altro problema verso il quale c’è stata e c’è tuttora, troppa disattenzione, ossia il riutilizzo delle aree dismesse e da dismettere, soprattutto quelle che insistono su aree urbane o nelle immediate vicinanze.

Un’occasione, un’eccezionale occasione, per coniugare queste due esigenze, ossia arricchire la città di strutture atte allo sviluppo di cultura attiva attraverso l’utilizzo intelligente di aree e strutture urbane da dismettere dalle loro attuali funzioni, è data dal Carcere di S. Vittore.

Di questa struttura infatti, da tempo e da più fonti, anche ufficiali e istituzionali, è stato denunciato l’elevato degrado funzionale, e gli alti costi di ristrutturazione non si giustificherebbero essendo la sua ubicazione non più rispondente ai moderni criteri di ubicazione dei carceri.

Laddove invece egregiamente si presterebbe per una ristrutturazione / riqualificazione, indirizzata alla creazione di un grande Centro Culturale, tenendo presente la sua ubicazione nel centro cittadino, quindi di facile fruizione, e la sua particolare struttura architettonica a sei braccia, ognuno dedicabile ad una specifica attività artistica (danza, pittura e scultura, musica, scenografia, teatro, cinema), ognuno con spazi dedicati alla didattica, alla sperimentazione / creazione, ed infine alla rappresentazione.

Si pensa ad un Centro organizzato con interscambi, sia a livello docente che discente, con analoghi Centri altamente qualificati di altre nazioni; un Centro di eccellenza a livello di Accademia equiparata a corso universitario, dove siano previsti anche eventi di grande richiamo (festival, concorsi internazionali, premi), gemellati laddove possibile con eventi simili, soprattutto stranieri. Un Centro qualificato dalle strutture, dai programmi, dallo staff docenti, e quindi in grado di conferire prestigio ai diplomi di laurea da esso rilasciati.

Un’operazione assumibile a simbolo del riscatto dell’uomo dal più basso gradino del suo degrado morale (il carcere) alle più alte espressioni dell’animo e dell’intelletto.

Edoardo Szego

 



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