5 marzo 2014

EXPO: NÉ DIO, NÉ RENZI, NÉ POTERI SPECIALI, NÉ MINISTRI


Né Dio, né Renzi, né poteri speciali né ministri daranno una mano per finire in tempo i lavori di Expo2015. Se riavvolgiamo e guardiamo il film di Expo dal momento in cui il BIE accettava la candidatura di Milano, non si sa se piangere, fare del sarcasmo o dire “lo avevamo detto”. Ecco alcuni spezzoni. Siamo nel marzo 2009, Paolo Glisenti candidato fortissimamente voluto dalla Moratti alla guida di Expo, si dimette dal consiglio di amministrazione della Soge, la società che allora aveva la gestione di Expo. Non piace a Berlusconi ma soprattutto non piace a Tremonti, il ministro delle finanze che tiene in mano i cordoni della borsa dalla quale devono uscire i soldi per Expo che per altro, come tutti i leghisti di allora, non ama l’esposizione.

01editoriale09FBGli succede Lucio Stanca, gradito ai due e già ministro con Berlusconi nel 2001: si dice che l’incarico in Expo sia stato un risarcimento per il mancato reincarico ministeriale. Intanto tra Regione, Moratti, Fondazione fiera e la famiglia Cabassi inizia il balletto delle aree, dietro il quale si nascondono giganteschi interessi immobiliari in una torta che fa anche gola alla Compagnia delle Opere. Intanto Stanca lotta selvaggiamente per mantenere il doppio incarico di parlamentare e di consigliere delegato di Expo con i relativi doppi stipendi. Alla fine, dopo 14 mesi molla, dopo aver incassato 450.000 euro e “senza aver combinato nulla”, come disse allora Penati aggiungendo “Restituisca almeno i soldi!”. Uno che ci capiva.

Intanto sono passati due anni e due mesi dalla “vittoria” di Expo. Ma prima che vi dimentichiate di lui voglio citarvi brani di suo pugno al momento dell’insediamento (dal Vademecum di Expo 2015): ” L’Expo è, probabilmente, uno dei progetti più complessi con cui misurare la capacità dell’Italia” …”l’Expo è stata definita la grande metafora di cosa dovrà essere la Milano del 2015. Se Expo 2015 sarà solo un’occasione espositiva, allora avrà perso metà del suo potenziale valore”…ecco perché dobbiamo avere una visione di lungo periodo: per l’Expo, ma in particolare “oltre l’Expo”. Si tratta di costruire intorno al tema dell’Expo, “nutrire il pianeta”, un modello per Milano e un’opportunità per diventare un centro di cooperazione e riferimento internazionale in tale ambito“…“l’Expo di Milano non si può limitare a essere una vetrina mondiale di novità tecnologiche, ma diventa luogo di interpretazione ed elaborazione di grandi temi mondiali”. Anche qui non si sa se sorridere: l’inferno è lastricato di buoni propositi.

Via lui arriva Giuseppe Sala e nel frattempo in Comune arriva anche la Giunta Pisapia. I guai non sono finiti, anzi, al poco tempo si aggiungono l’incertezza dei finanziamenti e la grana dei Nocanal. All’apertura di Expo mancano 421 giorni da oggi, mercoledì 5 febbraio 2014.

Né Dio ci sta dando una mano: Giuseppe Sala si lamenta, piove, piove, piove. Eppure se andiamo a guardare le statistiche meteorologiche degli ultimi vent’anni posiamo dire che sì non siamo nella media, però questo è un inverno praticamente senza giornate sotto zero che per l’edilizia sono la vera paralisi. La verità: quando non si prevede nemmeno un giorno per imprevisti, com’era il cronoprogramma che ho visto un anno fa, la pioggia semina il panico. Dice Sala: “Lavoriamo 20 ore su 24”. Sono contento per chi riuscirà, magari a scapito della salute, a farsi i turni di notturno forse festivi, assai meglio pagati delle ore ordinarie, ma i costi vanno alle stelle. Chi paga?

Né Renzi sembra avere a cuore Expo. Giuliano Pisapia se ne lamenta: non abbiamo rappresentanza politica nel Governo adeguata all’importanza di Milano e nel programma del primo ministro non vi è traccia di Expo. Succede ma forse non a caso: forse non siamo ritenuti affidabili o forse la sinistra milanese ha giocato male le sue carte o non aveva uomini. A dire il vero, però, guardando ai sottosegretari, meglio di quelli nominati ora forse a Milano ne abbiamo “mille e tre”. Le lamentele poi di Maroni, quelle fanno veramente ridere. Dove stava prima di diventare governatore, quando la Lega non amava Expo? Quando comunque erano in Regione insieme a Formigoni che sceneggiava per la proprietà delle aree a tutela degli interessi immobiliari non certo per il bene comune perdendo tempo prezioso?

Né poteri speciali che
sono pannicelli caldi. Non solo ma sono la rappresentazione perfetta dei malanni italiani. Si chiedono per accelerare i tempi che, detto in volgare, vuol dire richiedere la licenza di operare in dispregio di leggi e regolamenti posti a tutela dei cittadini, della libertà di concorrenza, della trasparenza, della tutela del suolo e dell’ambiente. Sono la premessa per ogni forma di abuso. L’Italia è un Paese giocato tutto tra emergenze – i problemi lasciati marcire – poteri speciali e decretazioni d’urgenza, qualche volta, ma solo raramente, giustificati da un proliferare di leggi caotiche e contraddittorie, pascolo della burocrazia. Forse qualcuno se ne sta accorgendo.

Né ministri. Sono
arrivati, ci hanno ripetuto le stesse cose
dette da chi li ha preceduti salvo il ministro Lupi: “A Milano uffici del ministero”. Siamo salvi, è in arrivo l’efficiente burocrazia romana. Si è parlato dei soliti “tavoli”. Meno tavoli e seggiole (poltrone) e più teste capaci.

Un’amara
constatazione. Lo abbiamo detto fin dall’inizio: ci siamo buttati in un’avventura per la quale il Paese e la sua classe dirigente, al netto delle liti politico/spartitorie, sono sostanzialmente inadeguati perché quand’anche la politica cerchi manager nel privato i risultati li vediamo. Come ha detto Eugenio Scalfari su Repubblica di domenica scorsa, il nostro è un Paese da ricostruire dalle fondamenta e che proprio per questo prima di lanciarsi in operazioni come Expo avrebbe dovuto guardarsi addosso per benino.

Se malauguratamente Expo non riuscisse ad aprire i battenti in tempo o se li aprisse malamente, i responsabili di quei ritardi sono lontani, non tutti, anzi qualcuno calca ancora le scene della politica, incurante di procedimenti giudiziari o di condanne emesse.

Se invece ce la faremo decorosamente, come speriamo tutti, ricordiamocelo per il futuro: la fortuna bacia una volta sola.

Luca Beltrami Gadola



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