23 giugno 2009

DIGITALE TERRESTRE: CHI CI GUADAGNA


In questi giorni i cittadini di gran parte del Lazio sono alle prese col primo switch-over (trasloco) della vecchia TV, quella che ormai chiamiamo “analogica”: due canali (Rai 2 e Rete 4) sono finiti sul digitale terrestre (DTT in gergo, detto anche “piattaforma digitale terrestre”) e potranno essere visti solo con l’uso di un decoder oppure con un nuovo TV digitale, che incorpori il decoder. Il decoder ha il compito di trasformare il segnale, ormai digitale, per adattarlo all’accesso ancora analogico di gran parte dei TV. E’ solo il primo passo, qualcosa di simile a un avvertimento, perché fra poco tutti i canali analogici, nel Lazio, saranno spenti (switch-off) e solo gli utenti dotati di decoder potranno vedere la televisione.

Fa tenerezza vedere Rete 4 andare sul digitale: le “leggi televisive” sono sempre state appannaggio dei due operatori principali, Rai e Mediaset. La legge Mammì del 1990 è stata redatta da Davide Giacalone, che alla fine della sua fatica fu assunto come consulente a Mediaset. E così non abbiamo avuto la TV via cavo, al contrario degli altri paesi, che avrebbe infastidito i due big come terzo incomodo, come oggi SKY li infastidisce dal satellite. La successiva legge Maccanico del 1997 prescriveva che non più del 20% delle reti nazionali potesse essere posseduto da un unico operatore privato. Le reti nazionali erano 11 e il 20% di 11, anche dopo la riforma Gelmini, continua a non fare 3. Ciononostante, malgrado varie sentenze della Corte costituzionale, Mediaset ha potuto tenersi le sue tre reti, compresa Rete 4, fino all’arrivo del digitale, che ha sanato tutte le ferite. Le reti nazionali diventano una trentina e il 20% di 30, anche dopo la Gelmini, fa largamente più di 3. Non potendo aumentare il numeratore, si è allargato il denominatore. Abbiamo Einstein alla gestione delle regole televisive.

Con questo non voglio dire che il digitale sia un’operazione effettuata nell’interesse esclusivo di Mediaset (e di RAI, che pure ha un partito trasversale nel parlamento). Certamente no. Ma ha aiutato.

Il passaggio al digitale, che si sta realizzando in tutti i paesi e che nella UE sarà completato entro il 2012, comporta una serie di vantaggi:

  • più canali a parità di frequenze usate (fino a cinque volte): è noto che lo spettro è una risorsa scarsa e questa moltiplicazione biblica è una manna dal cielo;
  • all’accesso di ogni canale si vede sul display quale programma sta trasmettendo e quale sarà il prossimo;
  • disponibilità di “video on demand” con modalità “pay-per-view” utilizzando tessere prepagate ricaricabili o abbonamenti: in altre parole calcio e film a richiesta e a pagamento;
  • più in generale TV interattiva, potendo collegare il decoder alla rete telefonica per partecipare a sondaggi, intervenire in trasmissioni, utilizzare servizi vari (sanità, anagrafe, prenotazioni) con l’uso del telecomando invece che di un computer in rete (alfabetizzazione informatica anche per gli information poor);
  • possibilità, con modelli sofisticati di decoder, di “farsi il palinsesto” in casa, programmando la televisione che si vuole vedere in relazione ai programmi delle varie reti.

Naturalmente tutte le tecnologie hanno le loro brave complicazioni. I decoder non sono tutti uguali, con prezzi da 40 a 200 euro secondo le prestazioni di cui sopra (semplici, con carta TV a pagamento, con interattività semplice e spinta, con opzione per TV ad alta definizione o HDTV) ed è opportuno accertarsi delle sue caratteristiche in base alle proprie esigenze. I decoder si collegano alla presa scart del TV (la stessa del videoregistratore): naturalmente se il TV è un vecchio tipo con una sola presa scart è necessario un commutatore per passare da uno all’altro. L’antenna di condominio è di solito sufficiente, anche se spesso è necessario riorientarla. In qualche caso ci vuole un elemento d’antenna in più per captare i vari canali. Comunque sia, l’utente deve sintonizzare il suo TV sui nuovi canali digitali, operazione che non molti italiani sanno fare (gli smanettoni sono meno di un terzo della popolazione).

A proposito della dovizia di canali, la nostra partenza sul DTT non è stata esemplare: avevano diritto ai multiplex digitali (le macchine trasmissive che ospitano i vari canali di un operatore) solo i vecchi titolari di licenze analogiche, con tanti saluti alla libertà d’antenna. Se teniamo conto che tali operatori (i soliti due, il gatto e la volpe) pagano le licenze televisive una miseria (45 milioni di euro l’anno fra tutti e due, di modo che ciascuno paga solo il 9% di quello che paga un operatore mobile UMTS che dispone solo di una banda di frequenza pari ai due terzi della loro), si capisce con quale vantaggio i due compari siano partiti. La legge imponeva tuttavia di cedere il 40% della capacità trasmissiva ad altri operatori, ma poiché non c’erano vincoli ciascuno di loro ha cercato di ospitare solo operatori che non dessero fastidio ai loro programmi. Per fortuna è intervenuta poi l’Autorità (AGCom) a mettere a gara quel 40%. A scusante del gatto e della volpe c’è il fatto che il digitale ha comportato robusti investimenti negli impianti.

Un grande quesito resta ora aperto: poiché, come si è detto, col digitale si risparmiano frequenze, queste si rendono libere (è quello che si chiama “dividendo digitale”). Una volta fatta pulizia nella giungla italiana dello spettro (occupiamo ancora disinvoltamente le frequenze dei paesi confinanti), come verranno assegnate le frequenze libere, che interessano anche gli operatori di telefonia cellulare? Negli altri paesi non c’è discussione: le frequenze tornano allo Stato, proprietario dello spettro, che le mette a gara. Da noi chissà! Non mi sentirei di scommetterci.

Comunque sia, chiunque guardi oggi l’offerta digitale, non può lamentarsi: la RAI ha un nuovo canale gratuito Rai4, così Mediaset ha Iris, ci sono canali gratuiti per bambini, di sport, di education, ecc. Vale la pena dunque comprarsi un decoder, per il quale il governo interviene con un bonus di 50 euro purché siate residenti nella località toccata dallo switch-off, abbiate almeno 65 anni, un reddito annuo non superiore ai 10.000 euro, abbiate pagato il canone RAI. Non risulta che sia richiesta la pelle bianca né una dichiarazione di eterosessualità. I TV digitali, che includono il decoder, sono già in vendita (attenzione a comprarli con l’opzione Alta Definizione!). Anzi da fine 2008 è proibita la distribuzione di TV analogici, che dall’aprile 2009 non possono più neppure essere venduti al pubblico.

Fortunatamente lo standard è unico e queste misure preparatorie sono state decise di comune accorto fra operatori e costruttori, riuniti tutti nell’Associazione DGTVi. La politica non ha frenato, come ai tempi del TV Color, ma anzi ha promosso e incoraggiato pur nella varietà dei governi.

Adesso tocca al Lazio, mentre i pionieri sono stati la Sardegna, dal novembre 2008 (all’epoca la più vasta europea all digital) e la Valle d’Aosta. Seguiranno nel secondo semestre 2009, oltre al Lazio (tranne Viterbo), il Piemonte occidentale, il Trentino – Alto Adige, la Campania. Poi via via tutte le altre regioni. A noi lombardi toccherà nel primo semestre 2010. Oltre che con lo switch-over di alcune reti, lo spegnimento è preparato da una gran campagna, anche televisiva e da misure di agevolazioni e sconti.

Mentre i paesi europei stanno procedendo al loro piano di spegnimento entro il 2012, gli Usa sono all-digital dal febbraio 2009, facilitati anche dalla grande diffusione della TV via cavo, quella che Giacalone e Mammì non hanno messo nella loro legge del 1990.

Ma con la DTT non saremo secondi a nessuno (si fa per dire). Go digital, vecchia Italia!

 

Franco Morganti


 



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