23 giugno 2009

PENATI O DELLA SOLITUDINE DEL POLITICO


Meno della metà delle persone che votano, vuol dire che la partita non appassiona. Checché ne pensino i militanti e i dirigenti del PD che parlano di risultato straordinario.

Certo la Provincia è un ente “poco sentito” dai cittadini… Però la “drammatizzazione politica” (“fai una scelta di campo”, “non fare della Lombardia e di Milano un monocolore”) doveva “scaldare” l’agone

Penati poi l’ha messa tutta. Grande campagna, elencazione di fatti e realizzazioni, strizzate d’occhio ai moderati… Il PD tutto dietro di lui come un sol’uomo, una lista personale…

Contro di lui in prima istanza ha giocato il verdetto delle europee. La linea solipsistica inventata per il PD da Veltroni, Tonini, Ceccanti, Morando… è stata sbaragliata. Il PD senz’alleati né a sinistra né al centro, il PD senza i laici e radicali, il PD del 26% non può andare da nessuna parte, non può dettare l’agenda politica a nessuno.

E di questa linea veltroniana, dal Lingotto in poi, Penati è stato una “punta”, un anticipatore locale dell’insostenibile pesantezza dell’Unione. Ma contro il buon Penati ha giocato un altro fattore: la solitudine dell’amministratore e del politico.

C’è distanza e sospetto in aumento, è noto, tra cosiddetta “casta” e cittadini. Superano questa distanza alcuni sindaci, amministratori “vicini” alla gente, nei quali a volte una città vuole identificarsi. Ma la Provincia è ancora un ente poco conosciuto, un organo intermedio che dà l’impressione di essere un sovrappiù, un’amministrazione burocratica (ma non doveva essere abolita trent’anni fa?). Nonostante Penati l’abbia portata dentro la Scala, nonostante sia stato protagonista nella candidatura Expo, nonostante ne abbia fatto un soggetto economico con l’acquisto della Serravalle, alla fine, come troppo spesso accade nel voto in Italia, non conta molto governare bene o male, conta da che parte tira il vento popolare (… ironia della sorte la “Canzone popolare” di Fossati era la colonna sonora del successo ulivista del 96, dopo che il Berlusca aveva portato con “E forza Italia… ” il gingle nella politica…).

E in questo Penati si è trovato solo. Non c’è entusiasmo per la politica e non ci può essere innamoramento per i suoi “cavalieri”. Né si è sopperito con un gioco di squadra “grande”.

La sinistra “radicale”si è lasciata per strada. Il vicepresidente non si è candidato. Altri assessori sono andati in altre formazioni. Da soli non si vince, è un motto valido per molte situazioni, ma particolarmente per la politica

Ora la sinistra deve riflettere (come dice il Dalai Lama “Quando perdi, non perdere la lezione”), ripartendo con minor autosufficienza, minor presunzione, più attenzione e rispetto per le diverse culture democratiche, per quest’arcipelago sconnesso.

Pier Vito Antoniazzi




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