15 gennaio 2014

CHI SI RICORDA PIÙ DEI FORCONI? IMPRUDENTE DIMENTICARLI


Jacquerie è il termine più appropriato per giudicare il movimento dei forconi. Come le rivolte basso medioevali finivano con l’incendio dei fienili e dei granai per poi spegnersi, così il movimento dopo aver agitato diverse città si è spento, in questo caso invece dei fienili si è tagliata qualche ruota di autocarro. Adesso che è finito, però è necessario fare una riflessione. Molto probabilmente rivolte di questo tipo diventeranno quasi una costante, una nuova rappresentazione della rabbia popolare. Importante è che non si affermino con una leadership stabile.

07cingolani02FBNella storia del nostro paese non sono una novità, senza pensare a Masaniello, fatti analoghi sono stati una variabile continua. Ad esempio nel periodo preunitario le insorgenze antigiacobine ebbero questa caratterizzazione di massa, tanto che una deleteria storiografia della sinistra italiana arrivò addirittura a parlare di embrione del movimento popolare cattolico.

Dopo l’unità, a cominciare dal brigantaggio, è stata una continua jacquerie. Basti pensare alle rivolte dopo la sconfitta di Adua in Lombardia, in segno di protesta al reclutamento degli Alpini come truppe coloniali, il movimento del Monte Amiata, i Fasci Siciliani. Anche con la presenza di partiti del movimento operaio, le fughe in avanti ci sono sempre state, come il separatismo siciliano armato, la rivolta di Reggio e in generale i moti locali per il capoluogo e/o la retrocessione della squadra di calcio, la rivolta di S. Benedetto del Tronto nel 1970 dopo il naufragio del peschereccio Rodi, sotto certi aspetti anche il movimento No Tav. Molte si trovano solo nella storia locale.

La caratterizzazione acefala e con poco coordinamento della rivolta dei forconi, ne rende difficile la direzione politica, tanto che nessuno è riuscito a cavalcarla, né la Lega né l’estrema destra che non è andata oltre una generale solidarietà.

Il 14 dicembre sono andato in piazza Loreto, sembra sia passato più di un anno tanto la memoria del movimento è svanita, la composizione era sorprendentemente varia: molti piccoli imprenditori, lavoratori autonomi e anche diversi lavoratori dipendenti di piccole aziende, uniti al proprio datore di lavoro da vincoli che vanno oltre la dipendenza, e poi diversi extracomunitari, quello che colpiva era la composizione multietnica.

Parlando con alcuni ho scoperto che dietro una partita iva non c’è una “figura giuridica imprenditoriale” ma quasi sempre un “lavoratore parasubordinato con spese a suo carico”, che obiettivamente ha grosse difficoltà a far fronte alle scadenze di INPS, che deve versare anche se non lavora, e IVA che deve sborsare anche quando non gli pagano le fatture emesse. Alcuni lavoratori di origine extracomunitaria, mi hanno raccontato di essere imprenditori edili, cioè muratori con partita IVA, attualmente senza prospettive di lavoro, visto il livello di crisi in particolare nell’edilizia privata,ma con le quattro rate di INPS che incombono.

La cosa strana è che molti immigrati si sentono italiani e sventolano il tricolore in un movimento che si riconosce nell’antistato. Nonostante il tentativo di forze dichiaratamente di destra di inserirsi, questa composizione multietnica almeno a Milano e Lecco ho potuto verificarla, e mi colpisce che questo aspetto sia sfuggito a tutti i commentatori autorevoli.

L’appello continuo alla costituzione, quasi ingenuo, in un momento in cui anche la sinistra più retriva capisce che deve essere adeguata, e la presenza del tricolore sono segnali tutto sommato positivi.

Come sottolineavo precedentemente il movimento si è già esaurito e non credo che nel prossimo futuro possa essere un soggetto politico in grado di creare grandi sconvolgimenti, non penso neanche possa influenzare le prossime elezioni europee. Ci penseranno i “partiti europeisti” a perdere da soli i voti.

Però non è detto, che grazie alle nuove tecniche di comunicazione, al perdurare della crisi, possa superare le divisioni ed esprimere una leadership credibile e unificante. Il Pd per il momento può tirare a Milano un sospiro di sollievo, ma deve cominciare a pensare che la città non è solo il centro e l’Area C.

 

Massimo Cingolani

 



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