27 novembre 2013

la posta dei lettori_27.11.2013


 

Scrive Cinzia Cena a Luca Beltrami Gadola – Se si esce dai salotti buoni di Zona 1 e ci si allontana dalla cerchia dei bastioni in direzione periferia (va bene qualsiasi punto cardinale) ci si rende conto che quello della partecipazione non è il bisogno primario, la ricerca della felicità civica è subordinata alla condizione economica e lavorativa, e da questo punto di vista la congiuntura non aiuta, gli intoccabili dalla crisi sono pochi. Tra l’altro come ben sa (e non potrebbe essere altrimenti dopo vent’anni di berluschite – che ha lasciato chiare tracce anche a sinistra) imperano indifferenza e disimpegno, l’armiamoci e partite anche tra coloro che si vestono da giudici universali 24 ore al giorno.

Non lo sapevamo prima? Certo che lo sapevamo, e sapevamo benissimo – a partire dal sindaco – che l’osannante piazza Duomo tutta arancione non significava generale voglia di partecipazione, per moltissimi era solo liberazione, per qualcuno la comparsa di un nuovo carro su cui provare a saltare, e morta lì. Da cui il famoso “non lasciatemi solo” ripetuto dal palco più volte, condiviso con emozione al momento e dai più bellamente scordato il giorno dopo. Questi ovviamente, una volta tornata a regime l’adrenalina di fine maggio, sono spariti in un batter d’occhio, salvo cominciare a scalpitare dopo pochi mesi perché – udite udite – la rivoluzione non si era ancora compiuta.

Sapevamo altrettanto bene che il percorso partecipativo è lungo, va amalgamato poco per volta con la democrazia rappresentativa senza pretendere di scavalcarla in toto e deve necessariamente passare attraverso la modifica di alcune regole base. Credo ad esempio che, prima di pensare a cose tipo il bilancio partecipato, occorra ripensare Statuto e regolamenti comunali ereditati quantomeno in chiave non punitiva della partecipazione popolare, inserendo il tutto nel più ampio disegno della città metropolitana con una opportuna regolamentazione dei futuri municipi nell’ottica di un maggiore coinvolgimento della cittadinanza attiva.

Allo stato attuale è vero che lo statuto comunale obbliga il consiglio a prendere in considerazione petizioni e proposte di delibera, ma è altrettanto vero che l’iter previsto è dissanguante e disseminato di trappole burocratiche. Quindi ci possiamo riempire la bocca con la parola “partecipazione” finché vogliamo, ma se ci si muove su un campo minato resterà sempre lettera morta. Orizzonte fosco? No, per niente. I dotati di pazienza e tenacia esistono ancora eccome. Forse scarseggiano nei salotti e lì prevale la sensazione di galleggiamento, ma sul campo ci si muove, a piccoli passi e a ranghi più ridotti, in un misto di difficoltà e soddisfazioni, ma senza perdere di vista l’obiettivo “felicità civica”, per quanto soggettivo sia questo concetto.

 

Scrive Giorgio Malagoli a Valentino Ballabio – Ho letto l’articolo di Valentino Ballabio e non posso che concordare con lui. Il tema era già ampiamente dibattuto vent’anni fa ,quando io ero Vice Sindaco di Milano, sia a livello cittadino con la proposta di riforma delle Circoscrizioni sia a livello legislativo (cito ad esempio il Progetto di Legge Pizzinato molto più avanzata delle ipotesi allo studio). Che i successivi “amministratori di condominio” se ne siano totalmente disinteressati è un fatto ma che anche la Giunta Pisapia ne stia seguendo le orme mi sembra inaccettabile come a mio avviso è inaccettabile che sull’assetto di una delle più importanti aree metropolitane d’Europa ogni decisione debba essere demandata al Governo.

 

Scrive Cesare Serratto ad ArcipelagoMilano – La mia è una domanda: cosa è successo in un anno di PGT? Non ho informazioni esatte e attendibili, ma se parlo con altri architetti studi di progettazione imprese, sento che è tutto fermo e questa è anche la mia impressione. C’è stata attività edilizia a Milano negli ultimi anni e qualcosa continua anche ora, ma sono cantieri pre PGT e non ho sentito di nessun cantiere aperto o progetto approvato con le regole del PGT. Tutto fermo?



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