20 novembre 2013

TORNA BOOK CITY, CON LA GIUSTIZIA E LE CARCERI IN APERTURA


Il 21 novembre torna il Book City Milano, manifestazione che divamperà in città per tutto il week end. Una tre giorni di vera e propria cultura editoriale e libraria, che dopo il successo della prima edizione riapre i battenti per provare a interconnettere mondi, culture e tradizioni avendo come punto di partenza, appunto, i libri. In apertura della manifestazione, quest’anno, si parlerà (anche) di giustizia. Si chiama infatti “Giustizia e Società civile” l’appuntamento che il primo giorno si presta a monopolizzare l’attenzione del pubblico, nell’Aula Magna dell’Università Statale.

06liva40FBLa crisi economica, infatti, ha acuito ancor di più la crisi della giustizia e reso più difficile e controverso il rapporto tra i cittadini e la giustizia stessa. È una crisi, quella del diritto, che corre su tre binari. Il primo è quello del farraginoso procedimento legislativo, da un lato lento e dall’altro promotore di un complesso e variegato numero di leggi, spesso oscure, quasi mai ordinate sistematicamente, a tal punto che, si chiedeva Guido Rossi «in che modo il cittadino può controllare la giustizia ?». Concludendo, amaramente (anche per chi scrive), che a causa delle asimmetrie informative «se ne può trarre una conclusione impietosa: la giustizia sta diventando assolutamente inutile. E proprio in questa inutilità si sono inserite le recenti crisi dei mercati finanziari» (Guido Rossi, Perché filosofia, Milano, 2008).

Il secondo binario è quello del processo, che spesso (fortunatamente non sempre), per la sua lunghezza giunge a pronunce definitive che, se civili non hanno più molta utilità economica concreta per il cittadino, se penali non sono del tutto in grado di ricompensare l’imputato delle sofferenze (anche mediatiche) patite durante l’indagine e il dibattimento. Il terzo binario è quello delle carceri. La civiltà di uno stato, scriveva Voltaire, si misura anche dalla situazione in cui sono le sue prigioni. Quelle italiane, è noto, versano in uno stato non degno di un paese giuridicamente evoluto.

Il Presidente Napolitano, con il suo ultimo messaggio alle Camere, ha riportato il tema all’attenzione di un Parlamento distratto, che su questi temi vive alla giornata, incapace di riforme strutturali. Viviamo, da tempo, il paradosso di un binomio di politica minima nel governo dell’economia, sempre più affidata all’opaco libero mercato, e dall’altro lato, un corposo “panpenalismo”, che si concretizza nel credere di poter risolvere ogni problema, anche sociale, con il codice penale. Con il risultato che le carceri si affollano e la recidiva, tra coloro che lì vi scontano l’intera pena, è del 70%.

Ma un altro sistema, improntato sul «diritto penale minimo», di cui hanno scritto Giuliano Pisapia e Carlo Nordio, nel libro, del 2010, In attesa di giustizia. Dialogo sulle riforme possibili, (già recensito su queste colonne) è possibile. Ed è possibile anche un diverso approccio al carcere. Lo dimostrerà proprio la giornata inaugurale del Book City Milano. Infatti, nel pomeriggio, sempre alla Statale, prenderanno la parola gli operatori, gli insegnanti, i dirigenti carcerari, e i detenuti che da anni animano i laboratori di lettura e scrittura nelle carceri di San Vittore, Bollate e Opera. Luoghi dove si scommette sulla potenza della letteratura, della poesia, della lettura e della fotografia. Dove si scommette sulle persone e sull’importanza della funzione rieducativa della pena.

Per rendersene conto, basta sfogliare i testi di poesie raccolti dall’editore Gerardo Mastrullo, che ha dato alle stampe alcune raccolte poetiche dei partecipanti al laboratorio del carcere di Opera. Oppure osservare il calendario con le fotografie di Margherita Lazzati, commentate dagli stessi detenuti. Sono testi, come scrive Alberto Figliola nell’introduzione al calendario, che contengono «amore fraterno, pietas, domande». Anche rimorsi, certo, «rimpianti, tanti. Ma soprattutto coscienza, desiderio di essere, oltre ogni separazione, con gli altri».

In altre parole, sarà poste all’attenzione dei milanesi una realtà silenziosa che sta raggiungendo risultati straordinari, nell’interesse di tutta la collettività. Le carceri infatti, non sono (o meglio: non dovrebbero essere) un’isola, lontana dalla vita reale della città. Piccoli segni in questo senso, sembrano accadere, a Milano. Anche per la buona volontà dell’amministrazione Comunale che, nell’ottobre del 2012, durante la seduta straordinaria del Consiglio Comunale, tenutasi proprio a San Vittore, istituì il Garante dei diritti delle persone private della libertà personale.

Ora il Book City Milano, che ha il merito di far luce sull’importanza delle parole. Poi, a fine novembre, con il Sindaco e il Presidente della sottocommissione carceri, una nuova proiezione pubblica del documentario Levarsi la cippa dagli occhi. Leggere e scrivere aspettando la libertà di Carlo Concina e Cristina Maurelli. Piccoli passi, come ha scritto Ermanno Olmi ai detenuti, per «aiutarsi in solidarietà». E per riflettere sull’articolo 27 della Costituzione, spesso tradito, talvolta addirittura dimenticato.

 

Martino Liva

 



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