30 ottobre 2013

DOPO EXPO: SALVARE IL SALVABILE O DELLA RACCOLTA DIFFERENZIATA


Il sindaco Giuliano Pisapia è in partenza per la Cina: quattro giorni tra Pechino e Shanghai per prender parte a un forum internazionale dedicato allo sviluppo delle grandi città e per capire come la Cina abbia utilizzato le strutture realizzate per Expo dopo la sua chiusura. Durante una sessione di questo forum parlerà, giacché italiano e dunque cittadino di un Paese fondamentale per la cultura nel mondo, delle politiche culturali come fattore di crescita di una città che cerca sempre più un respiro internazionale.

Su quest’ultimo punto dovrà contare sulla benevolenza dei suoi uditori e fare affidamento alla loro scarsa o nulla informazione sul come trattiamo noi i problemi della cultura, con quanta cura salviamo il nostro paesaggio, i nostri monumenti, l’università, la scuola e così via. Comunque “ambasciator non porta pena” e in ogni caso la responsabilità non va cercata tanto a Palazzo Marino quanto a Roma. Ma è il primo tema, il riutilizzo, quello che secondo me fa agio su tutti gli altri. Si è smesso di parlarne e le domande che tanta parte della città, quella che ne ha più a cuore il futuro, si era fatta, si sono spente contro il muro di gomma di chi non sa o non vuole rispondere: le preoccupazioni dell’oggi, del domattina (il I° maggio 2015) non lasciano spazio ad altri pensieri.

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Oddio, lo spazio c’era, son passati anni inutilmente ma non serve piangere sul latte versato. Eppure una scusa, si fa per dire, l’avevano sotto mano ma nemmeno questa l’han saputa cogliere: come si fa a dire del dopo se non sappiamo ancora alla fine cosa verrà realizzato? Che natura avranno gli edifici che si vanno a costruire? Il loro utilizzo successivo è stato previsto realisticamente? Quelli degli altri Paesi, in teoria da demolirsi, varrà la pena demolirli? Si dice che avranno carattere di provvisorietà. Ci si è parlati tra Expo e Paesi espositori a questo riguardo? Chi sa che cosa e con chi? A chi pensa di appaltare lavori a Milano abbiamo dato una guida ragionata sui materiali più facilmente a disposizione? Quali sono le nostre tecnologie appropriate? Ma chi ci dice che la differenza di costo tra un edificio provvisorio e uno definitivo sia tale da non far prendere in considerazione l’opportunità di un’edificazione più stabile? Su tutto aleggia il costo del mantenimento e della gestione.

Il bilancio energetico da che parte sta? Un edificio che è utilizzato per sei mesi vale la pena che sia pensato sotto questa luce? Oggi smaltire rifiuti è una delle cose più delicate e costose che ci siano e credo non si debba dimenticare che i materiali utili per le costruzioni effimere sono i più difficili da smaltire (plastiche, tessuti, metalli leggeri ecc.). Il nostro mondo si è fatto complicato, il nostro edificato non consuma solo suolo, energia, ma pone problemi che evidentemente una classe politica dall’ineffabile leggerezza non vede, non conosce e quando finalmente se ne accorge, in ritardo, ne fa magari una delle sue bandiere. Per l’Expo sin da ora sarà bene pensare a una sorta di raccolta differenziata dei rifiuti del dopo Expo: quel che vale comunque la pena mantenere, quello che si deve mantenere perché la demolizione sarebbe toppo antieconomica, quello che va assolutamente tolto di mezzo. Pensiamo sin da subito.

In questo mondo affamato, raccogliamo bene l’ultimo segnale che ci arriva dalle scuole milanesi: non buttiamo quello che avanza dalle mense. Loro l’hanno capito e lo insegnano al mondo. Quando demoliremo Expo spero che non ci ridurremo a vedere i più poveri frugare nelle macerie di un’effimera ricchezza per costruirsi una baracca: da Expo a favela.

Luca Beltrami Gadola

 

 

 

 

 

 



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