30 ottobre 2013

ARCHITETTI: VERAMENTE UNA COSTOSA CASTA? O INVECE …


Cogliendo l’occasione del prossimo rinnovo del Consiglio dell’Ordine degli Architetti di Milano, Andrea Bonessa pone alcune questioni interessanti sul ruolo delle professioni e sulla azione di freno che, secondo lui, gli organismi rappresentativi delle professioni, cioè gli Ordini, avrebbero posto da sempre a ogni forma di rinnovamento, liberalizzazione e apertura con il risultato di squalificare socialmente la figura dell’architetto.

05raggi37FBCredo che la storia sia molto più complessa e riguardi invece proprio il fatto che gli architetti, attraverso i loro Ordini professionali, non siano riusciti in questi anni a svolgere, con la necessaria forza e coesione, azioni organizzate e sistematiche di lobby presso i legislatori e il mondo politico e imprenditoriale che considera spesso la qualità del progetto, e quindi l’essenza stessa del ruolo dell’architetto, un optional.

Il panorama, urbano e non, degli ultimi trent’anni è lì a dimostrare quanto (citando il neodirettore della rivista Domus, Nicola di Battista) la “città degli uomini” sia sempre e di più “la città dei clienti” e cioè del marketing immobiliare.

Se poi di casta e di privilegi difesi con i denti volessimo parlare, dovremmo riconoscere che l’azione degli Ordini negli ultimi anni è stata blanda e poco aggressiva. Come spiegare altrimenti il fatto che, nel giro di pochi anni, i professionisti architetti abbiano visto realizzarsi a “favore” della loro “Casta”, l’abolizione delle tariffe minime, l’obbligo della Rc assicurativa e della Formazione continua obbligatoria (argomenti sui quali peraltro sarebbe errato, controproducente e antistorico, in un mercato globale, svolgere azioni di retroguardia) ma specialmente l’erosione degli spazi di competenza a favore ad esempio di geometri e periti e altre squisitezze?

Responsabilità degli architetti è semmai quella di non essere stati quasi mai sufficientemente “antagonisti” rispetto a questa deriva liberal / qualunquista difendendo la dignità e la qualità della professione come condizione alla difesa della qualità del paesaggio. La realtà è che oggi una cultura generica e populista attribuisce al termine “liberalizzazione” capacità comunque salvifiche in nome del mercato, senza curarsi che al prezzo più basso possibile non corrisponde e non può corrispondere un’alta qualità di prestazione; tanto più in un momento di crisi economica come quella attuale.

Le azioni legislative spesso sottendono il pregiudizio che si abbia di fronte un sindacato corporativo da combattere mentre la realtà è che oggi la professione dell’architetto e la sua dignità operativa e culturale sono messe in pericolo. Si vuol far credere infatti che la professione di architetto sia un servizio meramente tecnico alla stregua dell’erogazione dell’acqua potabile o del trasporto pubblico e non un mestiere di alto contenuto intellettuale, tecnico e creativo, dalla qualità del quale dipende la qualità stessa della vita individuale e collettiva, almeno alla non trascurabile scala dell’ambiente abitato.

Un Ordine professionale come quello di Milano, che raccoglie quasi 12.000 professionalità, oggi più che mai deve opporsi con forza a questa deriva, non per un’operazione di casta, bensì per profondi motivi di ecologia culturale nei confronti di un bellissimo mestiere sociale. Abbiamo quindi il compito di proseguire ostinatamente nell’azione di diffusione di conoscenza e di apertura dell’Ordine perché esso sia sempre più casa dei cittadini, cioè dei primi fruitori di architettura.

Questo l’abbiamo fatto con iniziative come: gli Itinerari di Architettura moderna, giunti con successo alla decima edizione, la settimana Ordine Aperto, durante il Salone del Mobile (oltre 5.000 visitatori quest’anno), con l’Atlante online “Milano che Cambia” che registra e documenta criticamente le trasformazioni della città, le mostre, i libri, i seminari, la Newsletter (che raggiunge oggi oltre 10.000 non-architetti, oltre a noi), gli sportelli di consulenza lasciando aperta la porta a quanto ancora si potrà fare per avvicinare i non-addetti all’architettura e agli architetti. Abbiamo la certezza che, lo spirito di servizio, la cultura e la conoscenza ci salveranno da questa deriva, riportando la qualità della architettura e del mestiere al centro della discussione.

 

Franco Raggi*

 

 

*Vicepresidente dell’Ordine degli Architetti PPC di Milano



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