23 ottobre 2013

QUARTIERE ADRIANO, UN PARADIGMA. SE LA RAGIONE STA NEL MEZZO, OVVERO NON C’È


Assemblea pubblica di confronto e “punto della situazione”, al quartiere Adriano, con la vicesindaco/assessore Lucia De Cesaris. Sono problemi molto seri, quelli sul tappeto: piani urbanistici da modificare, case nuove che diventano vecchie mentre i servizi ancora non arrivano, occupazioni e rischi per la sicurezza in alcuni spazi abbandonati della zona; ma emergono soprattutto le tante domande rivolte (o riproposte) alle istituzioni su progetti, tempi, opere. Non è certo una passeggiata, quest’incontro, né per la vicesindaco né per i cittadini presenti, tra cui consiglieri di zona 2 e rappresentanti delle associazioni di quartiere.

08poli36FBUn’assemblea informativa e “tecnica”, su temi così specifici, sembrerebbe a un primo ascolto circoscritta alle aree residenziali periferiche di cui si parla, il quartiere Adriano e il nuovo Adriano/Marelli; è invece vero tutto il contrario. Così, dal momento che siamo in periodo di bilanci di metà mandato, tra un intervento e l’altro mi chiedo, e lo chiederei anche ai diretti protagonisti: “ma un’assemblea in una sala parrocchiale gremita di gente con decine domande e risposte, scambi agguerriti, può dirsi un’assemblea partecipata?” La risposta che personalmente mi sono data io è no, una sala piena, interessata e coinvolta non è necessariamente un contesto partecipato. Almeno per quello che intendiamo, intendevamo, per partecipazione.

Le persone, i cittadini si infervorano, ci mancherebbe altro, quando si parla delle loro case, dei negozi ancora solo sulla carta, a distanza di tre anni dai primi nuovi insediamenti; chiedono con forza una spiegazione sui bus che non raggiungono tutte le nuove strade, sulla metrotramvia numero 7 per la cui realizzazione mancano i fondi; sulla Scuola Media, il cui progetto è ancora in alto mare, o sulla Materna e il Nido, che dovrebbero invece vedere la luce nell’anno scolastico 2014.

Non vorrei però fermarmi a che cosa si è fatto e che cosa resta da fare al quartiere Adriano. Fuori dai meriti, mi pongo invece il dubbio di dove stiano le ragioni e dove le mancanze in questo acceso confronto. Perché anche la vicesindaco De Cesaris si infuoca, quando viene incalzata su risposte che non può dare, quando ribadisce di essersi trovata in mezzo a un percorso già iniziato, a piani già stabiliti da altri, e di averne ereditati i problemi o, come si usa dire, “le criticità”. Assicura di promettere solo quanto è sicura di poter mantenere; e mette le mani avanti, quando le vengono chieste date precise su provvedimenti non ancora varati. La novità maggiore? La recentissima requisizione di alcune delle aree interessate (area Pasini) da parte del Comune che si sostituisce così all’operatore privato nelle bonifiche degli spazi e altri interventi della massima urgenza. I soldi? Ci sono ma sicuramente non basteranno. E il nuovo supermercato Esselunga, quando sarà pronto? Nel 2015, azzarda la De Cesaris; ma d’altra parte si tratta di un progetto privato, il Comune in questo caso non c’entra.

La vicesindaco è sicura delle sue affermazioni, precisa e preparata sull’argomento per quanto può esserlo un rappresentante delle istituzioni che lo conosce benissimo dal punto di vista tecnico, legislativo, giudiziario ed economico. Che però non lo vive direttamente, questa la discriminante. Non si tratta di una critica, ma di una constatazione legata all’oggettività dei fatti. Il Comune ascolta, dove e quando possibile provvede: oggi al quartiere Adriano, domani a Figino, a Santa Giulia, o in altre zone della città. In tanti frangenti diversi o a volte simili, come è possibile – anche solo economicamente – evitare di privilegiare la soluzione di un problema anziché di un altro? Chi può decidere che un’emergenza è più emergenza di un’altra? L’impossibilità di essere allo stesso tempo “dentro e fuori” dalle cose è il grosso limite di chi amministra. E credere il proprio caso più urgente degli altri è il limite del cittadino. Non solo a Milano. Così, un po’ ovunque, dove più dove meno, i residenti sono spesso sul piede di guerra.

Al quartiere Adriano hanno ragioni stra-valide, per esempio. Come non identificarsi con la signora che interviene dicendo “ci hanno venduto queste case, abbiamo fatto un mutuo per pagarle (e non certo a prezzi da housing sociale), ci hanno promesso servizi nel giro di poco tempo e viviamo ancora nel deserto”. E aggiunge che una legge, o insomma chi ne ha il potere, dovrebbe impedire agli immobiliaristi di vendere appartamenti se prima non sono stati realizzati i servizi: infrastrutture, scuole, negozi, centri sportivi, centri per anziani e così via. Questo il nodo, nessuno oserebbe affermare il contrario, tanto meno la vicesindaco. Indubbio che qualcuno guadagna, o cerca di guadagnare (perché è tutto da vedere se poi succede …) sulla pelle delle persone. Comprate, comprate, poi ci pensiamo, anzi ci pensate. C’è chi ricorda che ci sono oltre 500 appartamenti vuoti, invenduti, al quartiere Adriano – Marelli, e sarà forse questo uno dei principali motivi per cui la vita non è ancora arrivata a regime, in quest’ultimo lembo di città. Un progetto architettonico nel nulla, probabilmente fatto da architetti che non ci metteranno mai più piede (se mai qualche volta ce l’hanno messo) per vedere l’insieme, l’impatto degli edifici sul territorio.

Sviscerati i problemi maggiori, arrivano anche i semafori, i passaggi pedonali, le piste ciclabili, il parco Adriano in dirittura d’arrivo. Ma allora perché, se tutti sono così coinvolti, attenti e reciprocamente propositivi, perché non riesco a definirla una “serata partecipata”? Perché ciascuno rimane nella sua parte, le parti non si scambiano, né si intersecano. Nella parte del Comune ricordare i soldi che mancano, i tempi tecnici e le difficoltà burocratiche; in quella dei cittadini opporre disagi pratici e spaziare tra realismo e fantasia, portando le soluzioni il più possibile vicino a casa propria. Nel vero senso della parola. Spesso chi è danneggiato non riesce a prescindere dall’ottica del protagonismo per dieci minuti del “finalmente mi dovranno ascoltare”; il gap tra dire e fare non lo riguarda, “dopo tutto vi abbiamo votato apposta per risolverle”.

In alcuni casi – e qui si può proprio sottoscrivere la De Cesaris – il cittadino preparato dispone di informazioni dettagliatissime, ma a senso unico, perciò incomplete per risolvere i problemi. Mentre l’amministratore non riesce uscire dai calcoli per calarsi nella vita delle persone, per abitare qualche ora in via Gassman o in via Tognazzi. In pratica, per l’amministrazione partecipazione coincide con disponibilità (propria) a sentire il parere di tutti; per i cittadini partecipazione è far prevalere le valide ragioni di una piccola parte della collettività, con istanze ad hoc e priorità ben precise. La formula del confronto? Rimane quella tradizionale. Il “progetto partecipato” che avrebbe dovuto essere, resta lontano anni luce.

Il quartiere Adriano è sicuramente in cima alla lista delle urgenze, e su questo non si discute; ma lo scontro con i fatti è duro. Esco da questa serata e, senza voler essere a tutti i costi equidistante e salomonica, non posso azzardare torti e ragioni. Mi accorgo solo che nei dibattiti pubblici non è cambiato tanto, rispetto al passato. In questo caso almeno, non leggo superficialità nell’approccio reciproco, non trovo si dicano parole a vanvera. Ciò nonostante riproporrei la conclusione di una residente, nell’ultimo intervento dell’assemblea “vi ho votato ma, dati i risultati, non basta quello che è stato fatto. Più coraggio, più coraggio!”

 

Eleonora Poli

 



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