23 ottobre 2013

“IL MALE CHE SI DEVE RACCONTARE” NON SOLO UN LIBRO


Si può parlare di violenza domestica anche confrontandosi con altri paesi e cercando di copiare, contestualizzandoli, sistemi che funzionano. Possiamo farlo anche partendo dalla Gran Bretagna, dove i casi di violenza domestica sono diminuiti del 60% e a Londra dai 49 femminicidi del 2003 si è arrivati a 5 vittime nel 2010 grazie al programma creato dalla Ministra laburista Patricia Scotland, avvocata, prima donna nera Guardasigilli, ora membro della Camera dei Lord.

09demarchi36FBOltre agli ottimi risultati ottenuti sull’eliminazione della violenza domestica, colpiscono anche i risparmi nell’economia britannica: da una spesa di 23 miliardi di sterline all’anno di costi sociali si è passati a 16 miliardi, grazie a questo efficace sistema di politiche integrate a più livelli dai politici ai datori di lavori. Con un approccio pragmatico la Scotland ha messo in atto procedure rapide e semplici di prevenzione e di intervento partendo da un consulente l’IDVA, Independent Domestic Violence Advisor, formato sul tema della violenza domestica che segue la vittima per almeno tre mesi dopo la denuncia, dove per denuncia si intende anche la segnalazione al medico, all’avvocato o al datore di lavoro, quindi non necessariamente un’azione legata alla condanna dell’aggressore.

Servizi costanti per le vittime e i figli per almeno tre mesi organizzati dall’IDVA, figura che sostiene la vittima e fa da tramite con i diversi enti, coordinando l’intervento in tutte le sue specificità.

Qui colpisce l’attenzione alle molteplici difficoltà della vita quotidiana, dal fare la spesa all’andare a prendere i figli a scuola, preoccuparsi delle incombenze di tutti i giorni per mettere la donna in condizione di poter raccontare e riflettere su ciò che sta vivendo, con la calma necessaria senza doversi ricordare di correre a scuola o preparare la cena! Sembrano piccole attenzioni, ma sicuramente aiutano la vittima dandole anche un supporto importante che le permette di affidarsi e fidarsi di chi si prende carico di lei e delle persone che fanno parte della sua vita.

La creazione di tribunali specializzati e del MARAC, Multi-Agency Risk Assessment Conference, una commissione che valuta in modo multidisciplinare il rischio, composta da servizi sociali, welfare, polizia, sanità e istruzione e che può decidere un intervento immediato in caso la vittima venga considerata ad alto rischio. Un intervento che prevede anche l’assegnazione di una abitazione dell’istituto delle case popolari nel rispetto dei tempi indicati, tempi che possono essere anche di un giorno e in questo caso si provvede anche a costo di trovare l’appartamento sul mercato privato.

Questo programma è ben spiegato nel libro “Il male che si deve raccontare“, che abbiamo presentato con Marina Calloni autrice insieme a Simonetta Agnello Hornby. Nel testo troviamo una collezione di sofferenza, vergogna, solitudine, amore e debolezze che portano le donne a vivere vite infelici, spesso incapaci di reagire fino a essere uccise dai mariti che molte volte si sono ostinate a difendere per diverse e complesse ragioni, ma anche donne sofferenti che riescono a vedere una alternativa, e per fare questo hanno bisogno di qualcuno che le aiuti a capire che si può vivere diversamente, qualcuno che le sostenga in questo difficile percorso e le accompagni.

Molto del lavoro di sostegno descritto già esiste anche sul nostro territorio dove non mancano figure e luoghi importanti di riferimento, centri antiviolenza che da anni si impegnano, nonostante abbiano visto diminuire drasticamente le risorse economiche necessarie per svolgere il loro prezioso lavoro, però quello che sorprende nel programma descritto è l’approccio snello e pragmatico tra gli attori e i servizi coinvolti, comprese le aziende. Nel suo programma, infatti, la Scotland ha contattato anche i datori di lavoro, perché solo se indipendente economicamente la vittima può riuscire a reagire, e così l’intraprendente Ministra ha creato il CAADV, un’associazione che incoraggia e sensibilizza i datori di lavoro a riconoscere e sostenere le vittime e offre corsi al personale, sono più di 700 le aziende che ne fanno parte. I costi sono diminuiti molto anche per i datori di lavori, grazie alla capacità del sistema di mettere la vittima in condizione di poter continuare a lavorare.

Durante le occasioni di dibattito a partire da questo testo gli interventi e le richieste di maggiori dettagli sono sempre moltissimi, proprio perché in questi anni di scarsità di risorse pubbliche la possibilità di contrastare realmente la violenza domestica, purtroppo in drammatico aumento, riuscendo anche a far risparmiare lo stato e la società è importante e necessario. Alle presentazioni mi ha sorpreso anche la presenza di molti giovani, uomini e donne, che testimoniano spesso la loro incredulità nel leggere i dati, nell’acquisire la consapevolezza della triste realtà delle situazioni di violenza, delle troppe umiliazioni subite che possono riguardare tutti, le loro amiche, le vicine di casa o parenti. In particolare ricordo una giovane donna che ha riconosciuto l’impellente necessità di proseguire nell’informazione ed educazione dei giovani su questo tema, perché non è ancora sufficiente la sensibilità collettiva necessaria per sconfiggerla e ne ha scritto un bell’articolo.

Queste dichiarazioni ci rafforzano nell’idea che dobbiamo continuare a parlarne, ma soprattutto a pretendere che tutte le istituzioni si assumano le loro responsabilità e concretamente agiscano, come ben sta facendo anche il Comune di Milano. Certo perchè il modello Scotland possa avere una presa efficace nel nostro sistema è necessario non dimenticare l’attuale condizione di sofferenza economica dei nostri servizi sociali, delle Procure dei Tribunali e delle forze dell’Ordine, bisogna assolutamente darsi delle priorità e definire esattamente come e che cosa possono fare le Istituzioni, perché non si parli solo di ciò che sarebbe bello fare, ma si costruisca un percorso realizzabile a partire dalla situazione attuale.

Una parte di questo percorso sarà anche il nostro impegno perché l’Osservatorio Permanente sulla Violenza di Genere della Provincia di Milano, strumento importante per produrre ed elaborare dati e quindi mettere in atto strategie di prevenzione e lotta alla violenza sulle donne, diventi patrimonio della futura città metropolitana.

 

Diana De Marchi



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