9 ottobre 2013

USCIRE DALLA CRISI A MILANO: GIOVANI ASSOCIATI VERSO L’AUTO-REDDITO E L’IMPRESA


Il mondo dell’associazionismo giovanile milanese sta cambiando pelle. Negli ultimi anni, dal mio privilegiato punto di osservazione (lavoro da più di sette anni in progetti e servizi di orientamento e supporto sia ad associazioni costituite sia a gruppi di giovani che vogliano formarne) ho toccato con mano una nuova tendenza: riguarda soprattutto le associazioni di cui ho seguito la costituzione (circa più di 300 negli ultimi cinque anni. A parte il dato notevole e costante di nuove realtà che si formano annualmente, l’aspetto più rilevante sta nel cambio di prospettiva e aspettative con cui gruppi informali di piccole dimensioni (dai 3 ai 10 elementi) affrontano la strada della formalizzazione del proprio agire.

05branca34fbL’approccio è quello di intendere l’associazione come un possibile modello organizzativo prodromo a una futura attività imprenditoriale o meglio di auto-reddito. Il profilo delle persone è mediamente il seguente: studenti universitari e laureati provenienti da diverse facoltà, sopratutto quelle inerenti alla comunicazione e i media, la progettazione di eventi, il design, le scienze sociali e ambientali. Elementi interessanti e innovativi di questi progetti associativi sono la multidisciplinarietà delle competenze dei propri fondatori/trici e la forte valenza d’impatto sociale delle attività e dei servizi che vuole erogare.

Questo positivo bacino di potenziali progetti e attività innovative per la città si scontra però per un verso con i limiti delle poche opportunità, che prioritariamente sono indirizzate alle associazioni giovanili “tradizionali” che si occupano di attività sociali o culturali ma soprattutto l’associazione come soggetto giuridico ha grossi limiti a livello normativo e fiscale nel caso di una gestione votata alla commercializzazione di servizi e ad attività finalizzata all’auto-reddito dei propri associati.

Queste realtà sono quindi costrette a muoversi in un ambito che non è prettamente coerente con le proprie aspettative, non avendo quasi mai le risorse ed esperienze per tentare il salto più deciso dello start-up imprenditoriale classico. Io ritengo molto importante affrontare “istituzionalmente” questo paradosso; provare a gestire a livello normativo quest’anomalia è molto importante per permettere la crescita e il supporto di questo che non faccio fatica a definire “movimento urbano” presente non solo nella città di Milano. Tutto ciò sicuramente non è competenza diretta di un’amministrazione comunale, ma una città come Milano, che si candida a essere di nuovo laboratorio d’innovazione, non può permettersi di perdere una simile potenzialità promuovendo anche altri interventi per facilitare il supporto e la crescita di questo particolare tessuto.

Le leve che potrebbe attivare l’amministrazione Milanese sono quella dell’assegnazione agevolata di spazi (intesi come sedi operative) e quella economica attraverso il potenziamento di attività di micro credito e azioni di lobbyng verso il sistema bancario e creditizio. Sul tema degli spazi sarebbe auspicabile la creazione di situazioni di coabitazione di più realtà associative, che prevedano la condivisione di attrezzature e competenze di supporto, come per gli incubatori d’impresa ma tenendo conto delle peculiarità di queste e del rilevante effetto di impatto sociale.

 

Davide Branca*

* L’autore si occupa da circa quindici anni di interventi innovativi nell’ambito delle politiche giovanili; da circa sette anni promuove e supporta l’associazionismo giovanile milanese attraverso la realizzazione di servizi e progetti in collaborazione con enti locali quali la Provincia di Milano (Progetto Grow Up) e il Comune di Milano (Progetto JoBox-Connaction, Azioni di sistema Piano delle Politiche Giovanili)



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