25 settembre 2013

L’ECONOMIA AL TEMPO DELLA REPUBBLICA DI FALÒ


In economia contano motivazioni e aspettative, che sono fattori sociali, non personali com’è il coltivare le proprie risorse di intelligenza e tempo per cogliere le opportunità offerte dal contesto. Se il contesto è ricco d’acqua e quest’ultima è considerata un dono esclusivo del territorio, di chi sa quale dio, motivazioni egoistiche e aspettative aggressive inducono a consumarne a volontà, se nulla lo impedisce. Lo spreco è prestigio, l’egoismo virtù e l’aggressività modello, paradossalmente favoriti da chi non li condivide né li pratica, perché razionalmente ne vede gli inevitabili effetti distruttivi per i rapporti sociali e la futura disponibilità di acqua, ma è socialmente invisibile e senza peso perché l’apparente abbondanza d’acqua premia chi ne approfitta.

02garioFBDato che quello dell’acqua è un ciclo, lo spreco inesorabilmente uccide l’abbondanza, una crisi al di là della comprensione degli egoisti, aggressivi e soprattutto ignoranti accaparratori d’acqua, che perciò accusano i più deboli di consumarne troppa: devono consumare meno. L’acqua non abbonda più, ma motivazioni egoistiche e aspettative aggressive sembrano ancora vincenti.

Tuttavia il di più di egoismo e aggressività degli accaparratori più forti non risolve la crisi, ma la aggrava e, al di là delle motivazioni e aspettative ancora socialmente prevalenti, mostra che bisogna fare il salto di qualità dalla percezione alla ragione, per ciò stesso fornendo campo a chi, a ragione, considera l’acqua un bene per sua natura condiviso con tutti gli altri. La crisi può essere superata solo mettendo a frutto la razionalità prima ignorata, anzi pubblicamente disprezzata.

La crisi, per così dire, fa giustizia di queste superstizioni interessate e dimostra coi fatti la sostanza dell’acqua, abbondante se è rispettata e conservata come un bene comune, scarsa quando è sprecata da chi se ne appropria dicendo che così va il mondo, una credenza diffusa, ma che non corrisponde alla realtà ed è al contempo troppo e troppo poco. Troppo, perché è pretesa assurda che il Creatore modifichi le leggi di natura a favore di stolti egoismi e aggressività; troppo poco, perché è assurdo pretendere che molti si sacrifichino affinché pochi continuino a sprecare.

Dite soldi invece di acqua, ed è la nostra situazione, la nostra esperienza a scavalco di un nuovo millennio che per ora è ben vecchio. Oggi che, con drammatica evidenza, i soldi non abbondano più, ma aumentano le pretese di chi ne approfitta, sono socialmente importanti le risorse di tempo e intelligenza di chi le ha coltivate per capire come produrre e mantenere l’abbondanza, o semplicemente vivere bene e con dignità. Come ogni mossa verso una mentalità più umana, il cambiamento è profondo, ma a piccoli passi. “Non c’è dubbio infatti che è impossibile tagliar via tutto in un sol colpo da menti indurite, poiché anche colui che si sforza d’innalzarsi in alto, sale gradatamente e a piccoli passi, non a salti”. Così nel 601 Gregorio, detto Magno per la sua riconosciuta capacità di promuovere e gestire transizioni storiche (cit. in R. Fletcher, La conversione dell’Europa. Dal paganesimo al cristianesimo 371-1386 d.C., Corbaccio, Milano 2000, p. 311).

A Milano, in effetti, i piccoli passi si vedono. Diminuiscono coloro che sulle strisce pedonali o sul marciapiede ci trattano da intrusi, vestiti e comportamenti sono più semplici e di buon gusto, le vetrine meno invasive, mentre aumenta l’attenzione agli altri (chi sa mai), l’abbondanza non è più scontata, i volti pensosi aumentano e diminuisce il chiacchiericcio cellulare sostituito dal claustrale silenzio i-pad. Non solo, i posteggi di biciclette pubbliche si moltiplicano e ci allineano alla qualità dei trasporti urbani europei, in cui esse sono parte dei sistemi di trasporto, per ragioni di efficienza e salute oltre che convenienza. Anche la cura degli arredi urbani è notevolmente migliorata, al punto che persino le poche fontane danno un po’ di fresco gratuito. Città con importante movimento di ospiti, chissà che, come nel resto d’Europa, prima o poi (Expo?) Milano non si doti di una rete di pubbliche toelette, necessarie anche per un minimo di igiene dei sempre più numerosi senza tetto, e in quanto tali curate con attenzione, e gratuite, nelle grandi città europee. Quando le vedremo anche da noi, sarà un piccolo passo nato da un grande cambiamento di mentalità.

Infatti, se pensiamo alle misteriose realtà che denominiamo beni comuni, dobbiamo scartare i beni prima importanti proprio perché altri ne erano privi. Al contrario dei superflui, i beni comuni sono banali e diffusi. Banali – e da diffondere, non da ridurre – come la salute, l’istruzione, la casa, l’aria e l’acqua pulite. Beni invisibili perché di tutti, normali quando di norma è la qualità.

Da Milano sembrano neppure tanto piccoli i passi della tradizionale antagonista. Fa pensare, la presenza a Roma di due Papi in assenza di scisma, con quel che precede e segue. I piccoli passi mostrano la resistenza della ragione, nel governo degli affari pubblici e personali, specialmente da noi dove una Repubblica cosiddetta seconda, cascame della prima, nella retorica comunicativa ancora troppo spesso si mostra repubblica di falò, di fuochi di stoppie e spesso fatui, perenne tentazione per i misteriosi adepti di scorciatoie in una società più trasognata che complessa. Che però sta cambiando, nel male perché in crisi, nel bene perché in crisi.

 

Giuseppe Gario

 

 



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