1 giugno 2009

MENO UNO


I tagli di Tremonti sulla scuola si fanno sentire, eccome! La riduzione di risorse a disposizione si traduce nei singoli istituti in un peggioramento a ogni livello delle condizioni di lavoro e di insegnamento. Tutti possono constatarlo e prevedere facilmente che l’anno prossimo sarà peggio; per questo l’allarme è alto e soprattutto in alcune scuole si fa sentire la protesta di studenti, famiglie, insegnanti…

No, gli insegnanti no, loro non possono protestare …: così almeno la pensano alcuni solerti funzionari della Polizia di Stato e della Digos, che si sono recati in una scuola elementare della zona Corvetto di Milano ingiungendo alla Direzione di togliere i cartelli che gli insegnanti avevano appeso alle finestre. Quei fogli cosa riportavano di tanto grave? Offese irripetibili alla Gelmini? Calunniose insinuazioni sulla moralità privata e pubblica di ben noti personaggi? Incitamento all’odio tra i cittadini o al disprezzo razziale? Cosa d’altro e di ancor più grave?

No, niente di tutto ciò, soltanto un numero al negativo: – 1. L’anno prossimo, dicevano quei cartelli, questa scuola (come tante altre scuole) a causa dei tagli avrà un insegnante in meno, il che vorrà dire meno uscite con i bambini, meno laboratori, meno integrazione, meno didattica personalizzata: insomma, meno scuola e quindi meno formazione. Per tale messaggio veramente sovversivo si sono scomodati quattro agenti e i cartelli, “in nome della legge” sono stati tolti.

 

Potremmo rubricare questo episodio sotto la voce “eccesso di zelo” da parte di qualche funzionario delle forze dell’ordine e già ciò non sarebbe per nulla positivo: infatti i corpi dello Stato sono appunto al servizio dello Stato, cioè dei diritti di tutti i cittadini, e non zelanti tutori delle decisioni del governo in carica. Va tutelata l’applicazione della legge, che nessuno in quella scuola si sognava di violare, non impedita la critica a una disposizione legislativa ritenuta errata o ingiusta.

Ma purtroppo non mi sembra che questa vicenda possa essere circoscritta in questi termini; penso che possa adombrare una questione ben più grave e sicuramente decisiva per il tasso di libertà e di civiltà del nostro Paese. Si tratta della questione dei compiti e dei doveri dell’insegnante visto come pubblico funzionario. Da qualche tempo, infatti, si insiste a livello politico e giornalistico sull’idea che gli insegnanti e i dirigenti scolastici, in quanto dipendenti dello Stato, debbano essere in qualche modo fedeli esecutori degli orientamenti del governo in carica, senza avere il diritto di attuare una disanima critica di ogni atto pubblico, soprattutto di quelli che riguardano la scuola.

Invece è vero proprio il contrario: la fedeltà cui sono tenuti gli insegnanti nella loro indiscutibile funzione pubblica riguarda il dettato della Costituzione, in particolare l’articolo 3, che condanna ogni discriminazione per motivi “di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali”, l’art. 33 (“L’arte e la scienza sono libere e libero ne è l’insegnamento”) e l’art. 34 (“La scuola è aperta a tutti”). Oltre a questo dettato non esistono per l’insegnante, come pubblico funzionario, altri doveri né altri limiti: certamente non gli è vietato poter esprimere pubblicamente una critica a decisioni di autorità di qualsiasi livello. Esiste invece per tutti gli insegnanti e i dirigenti scolastici il dovere di realizzare una scuola libera e di qualità, fondamento della democrazia perché la formazione dei cittadini è uno strumento essenziale per generare una società salda e dinamica, in cui possano essere pienamente attuati sia i diritti di cittadinanza che i doveri individuali e collettivi. Nella scuola è giusto combattere gli sprechi e pretendere buoni risultati, ma è inaccettabile pretendere il pensiero unico e combattere il dissenso: anzi insegnare il pensiero critico ed esercitarlo nell’analisi dell’agire quotidiano proprio e altrui è un’ottima e irrinunciabile ragione per cui lo Stato debba investire risorse (si spera adeguate e crescenti…) sulla formazione.

Altrimenti quel -1 appeso ai vetri della scuola elementare di viale Puglie avrebbe un significato ben più grave: vorrebbe dire che è venuto meno uno dei pilastri del nostro vivere civile.

 

Vincenzo Viola



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