18 settembre 2013

RICORDARE IL “XX SETTEMBRE” NEL TEMPO DELL’INCERTEZZA


Ricordare il 20 settembre non significa solo rendere omaggio alla memoria storica di un fatto importante del nostro passato: la breccia che a Porta Pia consentiva ai patrioti del Risorgimento di concludere l’unità del paese conquistando l’ultima enclave cattolica e dando all’Italia Roma capitale. Ricordare il 20 settembre significa anche riconoscere il valore dello stato laico, uno dei maggiori lasciti della battaglia risorgimentale, che circoscriveva il potere della Chiesa al magistero morale, conferendo in pari tempo allo Stato la sua completa indipendenza di compiti e funzioni nell’ambito della vita civile. Questa ricorrenza, misconosciuta oggi dalla nostra classe politica, ha dunque un significato simbolico altissimo, che richiama la libertà del cittadino rispetto ai problemi religiosi e morali e chiede un forte impegno civile in un paese ogni giorno costretto a difendere i principi della laicità delle istituzioni erose e avvilite dai privilegi e dalle pretese della chiesa cattolica e dalla acquiescenza e passività dei nostri governanti.

Non sembrino queste parole troppo grosse poiché in Italia il governo falsamente liberale copre di fatto molte illiberalità. Nel nostro intento questo giorno è una occasione per sollecitare il mondo politico e quello della cultura a un maggiore impegno in difesa dello stato laico, che assicuri, nel rispetto della dialettica democratica, la libertà di ognuno nelle scelte che riguardano la fede e la morale di credenti e non credenti. Ma ricordare questa data ha anche un significato antifascista perché il Concordato del 1929 seppelliva le conquiste laiche del Risorgimento, dando vita a uno stato confessionale con larghi privilegi per la chiesa cattolica e con l’accettazione di una disuguaglianza di fatto tra le diverse fedi, e questo in aperto contrasto con la Carta dei diritti dell’uomo e del cittadino.

Occorre forse intendersi sul significato della parola laicità, che non significa affatto irreligiosità, ma rispetto delle scelte etiche e religiose di ognuno e cioè volontà di tenere separate la sfera religiosa da quella dei diritti e degli obblighi civili, separazione dunque dello Stato (le cui regole devono assicurare il massimo di libertà e autonomia dell’individuo), dalla chiesa, il cui magistero dovrebbe limitarsi alla cura delle anime. Basterebbe ricordare a questo proposito Arturo Carlo Jemolo, uno dei padri della patria, intellettuale antifascista, spirito profondamente intriso di religiosità e fiero oppositore della soluzione concordataria, adottata poi anche dallo Stato repubblicano. Essere laici significa dunque tenere separate la sfera religiosa ed etica, dalla dimensione civile di cittadini. Il motto cavouriano “libera Chiesa in libero Stato” ci sembra così ancora oggi valido per orientarsi nel grande groviglio dei rapporti tra stato e chiesa. Lo stato laico difende e garantisce la libertà, l’autonomia di ogni singolo e l’indipendenza di tutte le fedi. Scriveva Alexander Vinet nel 1826: “La libertà di coscienza non è soltanto la facoltà di decidere tra una religione e un’altra, è anche essenzialmente il diritto di non adottarne alcuna, e di restare straniero a tutte le forme e a tutti gli edifici che il sentimento religioso ha potuto creare nella società … La libertà cristiana è senza dubbio altro rispetto alla libertà di coscienza … ma se non è permesso confondere l’una con l’altra queste due libertà, non è neppure lecito disconoscere il loro rapporto intimo. L’una è la conseguenza dell’altra…”.

Nel generale disinteresse in Italia per quella che una volta si chiamava la “questione romana”, l’associazione Consulta milanese per la Laicità delle Istituzioni costituisce in Italia un baluardo di consapevolezza e impegno nei confronti dell’invadenza cattolica. Debole forza armata solo della fede nella libertà, a cospetto di una realtà complessa, affrontata con spirito donchisciottesco, presidiando da un fortino spoglio la coscienza laica del paese. Molti temi incombono e tra i maggiori ci sia consentito ricordarne tre sui quali la Consulta fa sentire la sua voce. Il primo è quello costituito dal vergognoso trattamento delle famiglie che chiedono per i loro figli al posto dell’ora di religione cattolica, l’ora alternativa, e cioè la conoscenza delle radici laiche del nostro stato e dei principi di uguaglianza che devono regolare ogni civile convivenza. Problema risolto in tutta Europa tranne che in Italia, ancora alle prese con leggi e regolamenti fortemente discriminatori. Il secondo riguarda il testamento biologico che dovrebbe consentire libertà assoluta sui temi di fine vita. Il terzo infine solleva i problemi della tutela dei diritti delle coppie di fatto. In Europa il nostro paese è il fanalino di coda nella legislazione e regolamentazione di questi aspetti e – occorre aggiungere – in dispregio dei principi di libertà a uguaglianza sanciti dalla Costituzione. Che sia dunque questo 20 settembre il momento di una nuova consapevolezza e presa di coscienza dei diritti e dei doveri di uno stato laico.

 

Elena Savino

 

www.milanolaica.it



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