11 settembre 2013

L’INGRESSO GRATUITO AL MUSEO: MA NON È IL PROBLEMA


Il dibattito estivo sull’accesso gratuito ai musei consente alcune riflessioni che forse possono servire, almeno a Milano, a esaminare in modo innovativo la situazione museale della città. I direttori di museo sono generalmente d’accordo nel non attribuire grande importanza al tema della gratuità, che pure condividono. A noi tutti piace l’idea che l’accesso al museo sia libero e non solo per le ragioni che il dibattito ha evidenziato, ma anche perché è confortante l’afflusso cospicuo dei cittadini. E poco conta se vi entrano perché “è gratis”, importa che vengano a contatto con le proposte culturali del museo, con la sua dimensione storica, artistica e spirituale. Molti resteranno indifferenti, ma alcuni, fossero anche pochi, inizieranno il loro viaggio nella storia, nell’arte, nel mistero della creatività e della genialità dell’uomo, proprio grazie a un ingresso gratuito.

Ma chi lavora nel museo sa che questo della gratuità non è il problema dei musei e in qualche modo si ribella a vedere che ancora una volta di questo si parla, senza peraltro giungere a una decisione di sorta, tralasciando questioni più serie.

Innanzi tutto si vorrebbe che si eliminasse, una volta per tutte, la distinzione fra musei pubblici e musei non pubblici. Musei pubblici sono, nel linguaggio corrente, i musei che appartengono all’ente pubblico, sia esso lo Stato o il Comune. Gli altri, che pure pubblici sono in quanto aperti al pubblico, sottoposti alle norme di tutela dello Stato in materia di beni culturali, vengono definiti diversamente. Non pubblici, privati. Con quel tanto di equivoco che il termine suggerisce, anche nelle finalità e negli interessi. Sono invece musei di enti diversi, di fondazioni, della Chiesa, di imprese governate non dall’ente pubblico, ma in tutto e per tutto simili ai primi.

Interessa questa distinzione ai cittadini? Non credo, mentre interesserà sapere che mentre i musei civici dibattono se applicare o meno il biglietto d’ingresso ai visitatori, forti del fatto di non avere un bilancio proprio e di avvantaggiarsi di facili sponsorizzazioni, gli altri oggi esaminano con preoccupazione crescente la gravità dell’attuale situazione economica e discutono l’orario d’apertura, tentati di ridurlo, nella speranza di diminuire costi gravosi che incidono pesantemente sul bilancio. Retti da fondazioni o da enti non comunali o statali, non hanno ammortizzatori di sorta, né possono far rifluire le spese in una teoria di vasi comunicanti. Al più, e non è poco, possono ricorrere al volontariato, anch’esso scarsamente considerato e pur essenziale alla vita dei nostri musei.

Allora il punto di partenza consiste nel considerare finalmente i musei della città, indipendentemente dalle questioni inerenti la loro appartenenza, come i Musei di Milano e il punto d’arrivo in quel progetto di collaborazione che, si chiami rete o meno, valga a definire pubbliche e comuni responsabilità e, magari, anche pensando all’EXPO, ma non solamente, iniziative culturali condivise. Non sarebbe terribile se all’appuntamento del 2015 ogni museo giungesse per conto suo? E non potrebbe questa essere l’occasione per decidere insieme mostre, convegni, criteri d’accoglienza? Non si potrebbe immaginare l’Assessore alla Cultura come il regista di questa nuova stagione della cultura milanese?

La mostra Costantino, realizzata dal Museo Diocesano, non è stata ospitata con successo a Palazzo Reale? Unire gli sforzi, lavorare e progettare insieme, questa la prospettiva in cui dovrebbero mettersi i musei cittadini. La gratuità, se si può realizzarla, sia attuata, ma all’interno di un progetto più vasto e più consistente. Da ultimo tutto ciò non può prescindere anche da un’analisi delle responsabilità economiche. Gli sponsor non ci sono più, o sono pochi. Non facciamo una guerra fra poveri. Lavorare insieme significa anche stabilire priorità, aiutarsi là dove è possibile, pensando sempre e soltanto alla crescita culturale di Milano.

 

Paolo Biscottini

 



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