17 luglio 2013

UNIONI GAY E POLIZZE ASSICURATIVE


Qualche mese fa avevo scritto riguardo alla prima polizza ispirata ai principi della finanza islamica. Sottolineavo che spesso anche da un piccolo tassello, come un contratto assicurativo, si potesse favorire l’integrazione. Ora in Italia una compagnia di assicurazione sta proponendo una polizza per le coppie formate dallo stesso sesso che non sono ancora riconosciute e non godono degli stessi diritti delle altre, per sopperire con contratti specifici ad aspetti importanti della vita familiare come il diritto di successione e la reversibilità pensionistica.

Senza una legislazione sulle unioni di fatto non ci sono tutele, come spiega una dirigente dell’Impresa assicurativa: “In Italia non esiste né un vincolo matrimoniale né i Pacs, dunque in una coppia gay quando uno dei due partner muore all’altro non resta materialmente nulla: non eredita, né ha diritto ad alcuna pensione di reversibilità. Certo, ci si può tutelare facendo testamento, co-intestando i beni, ma tutto può essere impugnato o reso nullo dai parenti di uno o dell’altro, che vantano la consanguineità. Ecco dunque la nostra idea: le polizze assicurative, a differenza di altre soluzioni di diritto privato, sono slegate da tutto ciò che riguarda la materia successoria. Ovvero: si può scegliere qualsiasi beneficiario, non necessariamente un parente o un coniuge”.

Le due polizze proposte sono una Temporanea Caso Morte all’interno della quale si può indicare come beneficiario il proprio o la propria compagna e un Fondo Pensione con la reversibilità della propria rendita a chi si vuole. Stavolta le reazioni dei moralisti, invece di colpire le unioni gay, hanno insistito sul fatto che questa non sia altro che un’operazione di marketing, spiegando che dal punto di vista assicurativo non c’è niente di nuovo e che questo è solo una scusa per vendere più polizze vita.

Premesso che, viste la difficoltà del nostro sistema di welfare, sviluppare la previdenza assicurativa complementare non può che essere positivo per il paese, credo che pubblicizzare in un’agenzia di assicurazione, non solo famiglie felici in bicicletta, ma anche famiglie composte da due persone dello stesso sesso che si baciano con riportato lo slogan “una tutela dove lo stato non arriva”, come quella delle polizze oggetto di questo articolo, sul piano del costume e della crescita culturale, sia più utile di tanti dibattiti.

In un paese come il nostro, sempre scarso nel campo dell’educazione civica, spesso il marketing di prodotti ha favorito la crescita culturale. Pensiamo solo alla cura dei denti, senza la pubblicità del dentifricio non avremmo imparato a lavarli. È lo stesso motivo che spinge molti a non mettere le cinture di sicurezza in auto, perché vedono, unico paese civile al mondo, vigili, poliziotti, taxisti e politici che non le usano.

Il mercato, tanto demonizzato, è spesso più avanti della politica, basti pensare alla campagna pubblicitaria di Ikea, sempre sulle coppie gay, o all’attenzione dei consumi, in particolare alimentari, dei single e degli anziani nella grande distribuzione. Dopotutto l’umanità si muove e produce cultura partendo da motivazioni economiche, se è il giusto profitto invece della rivendicazione, che differenza c’è? Per cui, ben vengano le polizze a garantire le unioni gay.

Per finire, perché il Comune di Milano, invece di fare, con i soliti broker, polizze che nessuno conosce e poco utili per i settantenni scippati e infortunati, non le estende alle aggressioni omofobe? Dopotutto questo contratto, chiamato AssicuraMi, è stato ideato dalla precedente giunta per dare una risposta emozionale al problema della sicurezza, pertanto è ragionevole richiedere tale inclusione.

 

Massimo Cingolani

 



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