24 maggio 2009

LE TRE ASIMMETRIE DEL SISTEMA SANITARIO LOMBARDO


Nel mio precedente contributo relativo ai controlli nel sistema sanitario lombardo (pubblicato erroneamente a firma della mia amica e collega Sara Valmaggi) facevo riferimento allo scarso ruolo dato ai cittadini su quell’argomento.

Vorrei partire da quella riflessione per affondare ancora di più il coltello in quelle che io definisco le tre piaghe sottovalutate della sanità lombarda e che rappresentano le asimmetrie colpevoli di un degrado valoriale, sociale e culturale non visibile quanto il degrado di un palazzo, di una strada, di un quartiere, di una città, ma altrettanto pesante e frutto di ingiustizia.

La prima asimmetria è quella finanziaria.

Il bilancio regionale assegna alla sanità risorse ben superiori a quelle per il sociale, facendo un’ulteriore scelta di campo all’interno dello stesso finanziamento per la sanità in favore di quella ospedaliera. Ciò ha reso molto forti, grazie agli accreditamenti, le grandi strutture private e quelle pubbliche più competitive sul piano delle prestazioni ma ha mortificato molte strutture pubbliche e smantellato la sanità extraospedaliera e il sistema socio-sanitario, mettendo sulle spalle delle famiglie tutto il peso degli interventi necessari “prima” e “dopo” la prestazione in ospedale.

Pensiamo alla non autosufficienza. Oggi le famiglie sono caricate dei costi di un ricovero in R.S.A. per cifre notevoli, ma volendo far permanere la persona in famiglia sono costrette a ricorrere alle “badanti” con costi comunque totalmente a loro carico.

La domanda da porsi è quindi quanto la scelta a monte è pagata a valle dalle famiglie e, soprattutto, è libera scelta
o scelta di altri che però è pagata da chi si trova nel bisogno?

La seconda asimmetria è quella informativa.

Per quanto oggi i cittadini siano in grado di arrivare a notizie, indicazioni, suggerimenti, è evidente che di fronte al professionista, al medico, sia in uno studio che in ospedale, le nostre informazioni non possono che risultare sempre minime. E’ la stessa asimmetria esistente, per motivi diversi, tra datore di lavoro e lavoratore. Non a caso i saggi sindacalisti e i bravi politici approvarono lo Statuto dei Lavoratori, la legge che dava gli strumenti per riequilibrare il rapporto di forza, purtroppo a volte di ricatto, del datore di lavoro nei confronti del lavoratore.

Nella sanità questo manca e a volte questo squilibrio rende vulnerabili pazienti e familiari perché colti nel momento del bisogno. Non si spiegherebbe altrimenti il motivo delle prescrizioni, dei ricoveri e degli interventi inappropriati, frutto della logica mercantile della sanità lombarda in cui purtroppo la merce è il nostro corpo.

Questa riflessione mi porta alla terza asimmetria, la più odiosa persino da descrivere, che è quella delle opportunità.

I dati ci dimostrano che muore di tumore in percentuale maggiore chi ha meno disponibilità economiche e informative. Cioè chi più sa e più può spendere riesce a curarsi meglio e, spesso, a sopravvivere.

Ma la famosa libera scelta rende davvero tutti liberi o qualcuno è reso più libero di altri?

E in questo caso possiamo definire il nostro un sistema giusto, equilibrato e garantista?

La risposta è un convinto no, perché la governance pubblica ha abbandonato il suo ruolo di garante dei diritti di tutti in favore di un sistema selettivo, fintamente libertario ma realmente liberticida se, ancora nel 2009 articola la nostra società in caste, con diverse possibilità di accesso ai diritti. A che cosa servono le eccellenze che abbiamo, che abbiamo sempre avuto in campo sanitario in Lombardia, se si creano sistemi di accesso asimmetrici?

Nella mia concezione di Repubblica fondata sulla coesione sociale e sull’uguaglianza delle opportunità e dei diritti non dovrebbe trovar posto nessuna delle asimmetrie indicate, quanto meno per quanto riguarda i diritti costituzionalmente garantiti alla salute, all’assistenza, al lavoro, all’istruzione e alla casa.

Un solco profondo separa le due concezioni, anche se questo mondo di luci, di lustrini, di spettacolo in cui viviamo mette in ombra la realtà del degrado sociale, culturale e valoriale.

Maria Grazia Fabrizio

 

 

 

 

                                    



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