19 giugno 2013

CERBA: LE DEBOLI RAGIONI DI VERONESI


Le ragioni addotte dal professor Veronesi a sostegno della realizzazione del Cerba e a supporto delle richieste dei curatori fallimentari di modificare radicalmente gli accordi tra Comune e la società immobiliare, travolta dal fallimento Ligresti, sono deboli, anzi debolissime. La richiesta realizzazione di un centro commerciale, non previsto in origine, si basa sulla necessità per gli addetti i dipendenti del Cerba e per i famigliari dei degenti di poter fare le loro compere con facilità.

editoriale_23Sono previsti 4.000 addetti e poche centinaia di visitatori, un bacino di utenza certamente non sufficiente a garantire il pareggio economico di un centro commerciale di media grandezza, salvo che non si preveda che il bacino di utenza sia molto più ampio e dunque interessi un’area molto ma molto più vasta del solo Cerba: è ciò cui guardano gli operatori coinvolti nello sviluppo di quelle aree e le banche che hanno i beni in garanzia. Lo stesso dicasi per la parte cosiddetta ricettiva, ancora nebulosa e non riferita esplicitamente alle necessità del Cerba.

Il tono risentito del professor Veronesi lascia anch’esso perplessi: ritiene che vi sia da parte degli amministratori locali e dell’opinione pubblica una sorta di ostilità preconcetta: ha ragione, se non un’ostilità quantomeno una perplessità c’è. Veronesi, avendo anche fatto il ministro e avendo alle spalle molta politica e frequentato le commissioni governative – ho persino io lavorato con lui per il Ministero dell’ambiente – è uomo troppo navigato per non sapere che le decisioni dei pubblici amministratori rispondono anche, se non aimè soprattutto, all’opinione pubblica e ai suoi umori e al comune sentire.

In questa vicenda del Cerba le componenti in gioco sono forse troppe: la difesa del verde agricolo come patrimonio collettivo, la pessima opinione che Milano si è fatta di Ligresti – il proprietario delle aree -, il ruolo delle banche e gli intrecci tra banche e immobiliaristi, la pessima stampa di cui soffre la sanità privata. Parlo dello scandalo del San Raffaele, della Fondazione Maugeri, della clinica Santa Rita, tanto per ricordare i più recenti. Ma non abbiamo dimenticato Pierr Di Maria, la moglie di Luigi Poggiolini, la signora dal pouf d’oro. ( A proposito ma chi ha corrotto Poggiolini che fine ha fatto? Non se ne sa nulla.)

Abbiamo visto arricchimenti fragorosi nel settore della sanità, tutti dovuti a una “accorta” gestione degli accreditamenti e delle convenzioni. Tutti sapevano tutto nel settore sanitario ma nessuno fiatava. Le cattive compagnie hanno un prezzo. Curiosamente le poche crescite imprenditoriali nel nostro Paese hanno di solito a che fare con settori legati al pubblico o alle concessioni. Sarà un caso. ( Se non ci sono denari pubblici e concessioni l’economia langue, ovviamente).

Veniamo alle banche. Quando sono di mezzo, e nell’affare Cerba ci sono, l’ultima cosa cui credere è la loro altruistica e disinteressata attività a favore del Paese: forse è sbagliato parlare di banche, meglio sarebbe parlare di banchieri e dei loro intrecci, dei loro interessi personali di carriera e di reddito. Questo è lo scenario e questo il palcoscenico: i pubblici amministratori si devono muovere con grande cautela e grande attenzione per non correre il rischio di perdere consenso e credibilità.

Ancora qualche considerazione. Come ha rilevato l’assessore al territorio nonché vicesindaco, non ci siamo mai trovati di fronte ad un progetto complessivo e unitario della Regione entro il quale collocare il Cerba, che comunque camperà come gli altri operatori privati sugli accreditamenti e le convenzioni. Saremmo curiosi di sapere non tanto dove siano le vantate eccellenze ma dove siano le deficienze, come nelle strutture di pronto soccorso.

Vorremmo che prima fossero colmate quelle e poi via, verso l’empireo delle eccellenze anche se per pochi. Vorremmo pure che qualcuno ci facesse una proiezione dello stato della salute della popolazione di Milano, della città metropolitana e della Lombardia da qui a dieci anni, quando il Cerba e la futura Città della salute saranno attivi e l’età media della popolazione sarà ancora aumentata. Questo e altro vorremmo sapere noi, ma soprattutto vorremmo che lo sapessero i decisori e ci facessero capire che lo sanno. Open data.

Luca Beltrami Gadola

 



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