12 giugno 2013

I CIRCOLI MILANESI E “L’AFFAIRE PD”


Di tutti i discorsi e pronunciamenti emersi nella serata del 5 giugno, tra le voci dei partecipanti all’assemblea della Rete dei Circoli Pd Milanesi “Per l’alternativa e per un Congresso vero”, questo è il punto che per chiarezza e condivisione si rivela irrinunciabile: recuperiamo un’etica della appartenenza! – all’interno del partito, tra circoli e partito, tra partito ed elettori, tra Pd e paese. Lo afferma Aldo Ugliano, presidente del Consiglio di Zona 5, promotore dell’iniziativa insieme a Natale Carapellese, coordinatore dei circoli di Zona 5.

Chi sta nel Pd assume il privilegio e la responsabilità di una scelta che tiene fermo in primo luogo il principio del bene comune e dunque non può continuamente sfibrare il lavoro collettivo in distinguo e scelte di varia natura, per visibilità personale e tornaconto di parte. Da quando è nato il Pd, i circoli reclamano questo dai vertici. Perché “con il nostro lavoro quotidiano da anni noi tentiamo e teniamo quella coesione sociale indispensabile al paese”, ora colpito da una crisi morale ed economica senza precedenti. Non è ammissibile dare all’opinione pubblica l’immagine di un partito continuamente vessato da una dialettica interna avvelenata. Eppure da anni assistiamo a questa pratica suicida.

Nulla di nuovo sin qui. Lo dicono i presenti che hanno riempito il salone in nome dei diciotto circoli cofirmatari del documento Leali sì, ma alternativi sempre, promosso da Ugliano e Carapellese, che ha voluto raccogliere il dolore, la rabbia e l’accorato stupore di numerosi militanti e cittadini di fronte alla débacle del partito – e del governo conseguente – riconfermando tuttavia con voce ferma la volontà di perseguire il cambiamento e l’alternanza vera.

Ma allo stesso tempo, proprio la presenza in sala di quanti costituiscono l’ossatura dei circoli, rivela che tutto è diverso ora, dopo la carica dei 101 innominati – e innominabili?- i cosiddetti franchi traditori della mancata elezione di Romano Prodi alla presidenza della Repubblica, che ha scioccato gli elettori e messo in ginocchio la base del partito. Base che ancora una volta si è interrogata, analizzata, responsabilizzata… ma ha concluso che no, questo è troppo, non ci rappresenta, noi non siamo quella roba lì di corridoio e palazzo, di veline e veleni, noi siamo nelle strade, guardiamo la gente all’altezza degli occhi, con l’unica faccia che abbiamo.

Per questo, rispetto al governo di larghe intese, mentre si conferma lealtà per il bene del paese, si rilancia l’urgenza di ricucire la ferita tra la base e i vertici del partito. Fioccano le richieste per un congresso vero, dove non si arrivi con tesi precotte, sintesi delle varie correnti, ma con tematiche aperte a un confronto reale, offerte in bozza a dibattiti diffusi, proprio come nell’assemblea del 5 giugno. E che l’esito sia una linea chiara, quali scelte prioritarie, quali risposte – sul lavoro ad esempio, quali sì e quali no inderogabili siamo disposti a dire, e quale rispetto da parte della minoranza delle decisioni prese a maggioranza. Quale partito di forma e di sostanza.

Emerge l’imbarazzo di cosa dire agli elettori, adesso, con quello che è accaduto, e cosa dire dopo, per ricominciare, superando il deficit del dibattito politico. Quale può essere l’orizzonte dell’inversione di rotta? “Pensiamo a consultazioni fra i circoli su temi di grande rilevanza”, con un serrato confronto sul merito, per riattivare il dialogo a tutti i livelli. I circoli devono contare di più, il segretario metropolitano è sollecitato a rilanciare il suo ruolo politico mentre dal Coordinatore dei circoli si attende che “faccia girare la rete dei circoli”, in forza di quella vivacità di saperi e di emozioni che in passato è risultata così ricca e visibile nei gruppi di lavoro tematici (Gip).

Già, i circoli, in sala se ne vede una buona rappresentazione: dai consiglieri comunali ai veterani resistenti, in larga misura, e giovani democratici, una presenza più ridotta ma energica nella proposte – “devi spiegare alla città cosa farai nei prossimi tre anni, perchè sei forte nelle idee e capace di progetti. Pensiamo agli Stati generali della città di Milano, preceduti da assemblee zona per zona…”. Si discute senza riserve, e non in versione “contro” per mettere in discussione le leadership – come piace titolare ai giornali, sempre omologati sul catastrofismo in casa PD, ma soprattutto per attivare quello scambio indispensabile a creare condizioni diverse in cui valga la dimensione collettiva. E vinca l’etica dell’appartenenza.

Chi è qui sa da dove viene e sa cosa non vuole: che si disperda il progetto politico del Partito Democratico e l’investimento appassionato di uomini e donne, parte viva di una rete capillarmente diffusa nel paese, il vero patrimonio del partito, o meglio gli azionisti di maggioranza, secondo il presidente Ugliano. In ogni caso, Democratici adulti che non esitano a dire forte e chiaro il pensiero, il dissenso costruttivo, la volontà di fare meglio. Tocca al partito valorizzarli, specialmente in momenti di passaggio come questi in cui è in gioco il suo futuro. Perché, senza la forza dei circoli, per il partito non c’è partita sul territorio.

 

Angela Lanzi*

 

* Consigliera Pd di Zona 5

 

 

 



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