5 giugno 2013

SINISTRA: GLI STATI GENERALI DI MILANO


Una cosa è sicura: se andiamo avanti così, fra tre anni, perdiamo le elezioni. Dobbiamo approvare il bilancio e sarà dura, molto dura, perché i soldi non ci sono e le cose da fare sono tante; i problemi della città sono destinati ad aggravarsi e i soldi sono destinati a diminuire ancora. I cittadini poi saranno sempre meno disposti a dare la colpa alla Moratti e a ricordarsi di quanto si stava peggio prima. È finita la lunga “luna di miele” iniziata con la vittoria di Pisapia due anni fa. In due anni sono state fatte tante cose: le coppie di fatto, il testamento biologico, i mezzi notturni, l’OCA, un nuovo PGT, regolamenti per gli artisti di strada, una nuova linea di metropolitana, l’Area C, la raccolta dell’umido, nuovi parchi, piste ciclabili, la commissione antimafia, taglio delle consulenze ecc. ecc. Ma il problema è che manca un disegno comune.

Noi facciamo ordinaria amministrazione e la facciamo bene, ma le riforme, grandi o piccole che siano, sono tali solo se inserite in un quadro più ampio di cambiamento, un ideale di città; altrimenti sono semplici adeguamenti alla storia, mutamenti passivi indotti dalla realtà in evoluzione. La sinistra è nata per governare la realtà e il suo divenire, non per farsene schiava e portavoce. La sinistra milanese quindi non può che essere riformista: pragmatica e sognatrice. Possiamo chiedere tutti i sacrifici futuri alla cittadinanza e giustificare tutti i fallimenti passati se e solo se li inquadriamo in un progetto più grande, perché sono tollerabili se temporanei e finalizzati a un bene maggiore del male che provocano.

Il riformismo non è un grande ideale calato dalla siderale altezza dell’avanguardia politica ai poveri mortali, ma è ricerca e costruzione passo passo anche dell’ideale medesimo. La società porta dentro di sé tutte le risposte ai suoi problemi, basta saperle cercare. Queste conoscenze sono spezzettate tra migliaia di soggetti, ciascuno esperto in un suo ambito ristretto e portatore di alcune risposte molto precise a specifici e determinati problemi. Il ruolo della politica è mettere in rete questi differenti soggetti, rendendo questo rapporto proficuo e produttivo. La tecnicizzazione e la multipolarità sono una grande risorsa se la politica riesce a creare rapporti trasversali. Laddove ora ci sono camere stagne deve far filtrare un po’ di spazio comune, di mondo esterno; riuscire a riattivare la corrente della comunicazione delle conoscenze tra individui e tra settori; liberare l’energia creativa nascosta che genera buone pratiche. Mettere un po’ di mondo reale nei microcosmi di ciascuno può servire a farlo uscire dal guscio e a condividere questo mondo con gli altri: così il mondo arricchisce i microcosmi personali asfittici e da essi viene a sua volta arricchito e, sopratutto, migliorato.

Mettiamo da parte le polemiche e convochiamo la cittadinanza in un grande evento autunnale: gli Stati Generali di Milano. Chiamiamo a raccolta tutti i cittadini, le associazioni, le forze produttive, le aziende, le professioni e obblighiamoli a confrontarsi fra loro e insieme a noi. Disegniamo tutti insieme la nostra grande idea di città per i prossimi dieci anni e impostiamo tutto il nostro lavoro per raggiungerla. Questo grande raduno, che non deve essere la solita passerella di radical VIP e maîtres à penser denoantri, sarà preceduto da un parallelo lavoro quartiere per quartiere, che dovrà trasformare la nostra città in un grande laboratorio politico e sociale.

Raccontiamo cosa abbiamo fatto e perché. Diamo vita a una narrazione futura. Istituzionalizziamo la partecipazione. Ridisegniamo la politica cittadina all’insegna della mobilitazione continua dei cittadini a livello propositivo e decisionale. Diamo risposte ai problemi e chiediamo idee sul futuro. Tramite un ripensamento dei Consigli di Zona possiamo dare vita a una partecipazione democratica permanente sulla città, trasformando le circoscrizioni in piccoli nuclei amministrativi partecipati, anche attraverso micro-tassazioni di scopo per ristrutturare una biblioteca o per curare un parco e tramite il voto diretto dei cittadini. Stesso discorso sulle sponsorizzazioni: sensibilizziamo il privato, in particolare le aziende, sulla necessità di contribuire alla cura degli spazi comuni in quanto anch’esse parte del medesimo tessuto civico.

La città deve riscoprirsi comunità grazie alla politica. Le singole narrazioni, i singoli gruppi, i singoli interessi, i vari settori devono essere riuniti e portati a collidere. Ristabilire un’equità nella distribuzione delle risorse finalizzandola al porre ciascuno nella possibilità di dare il suo contributo alla collettività. Il mondo degli universitari, che sono 170.000, vuole i suoi bisogni soddisfatti (biblioteche aperte, affitti sostenibili, borse di studio, movida, lavoro part time, campus, ecc.), ma è anche una grandissima risorsa nel pensare la nuova metropoli e a riempirla di nuove realtà produttive e culturali. I navigli riaperti, le chiese, il sistema dei musei, la Scala, il Cenacolo, il distretto della moda, il design, l’editoria, possono tutti coesistere, se ascoltati e aiutati, in un grande rilancio turistico di Milano, da sperduta provincia a centro culturale europeo.

Le etnie
diverse e i cittadini che sembrano subirle come un problema, possono insieme cooperare a un nuovo sistema solidale di valori, a una sicurezza quotidiana non coercitiva. La tutela dell’ambiente che si esprime nei comitati, insieme al mondo dell’edilizia, dell’artigianato e delle università può dare vita a un nuovo modo di pensare l’urbanizzazione. La lotta alla mafia può unire insieme categorie divise come cittadini residenti e operatori della movida, immobiliaristi, commercianti, associazionismo ecc. Riassumendo: la politica, se fatta bene, significa fare miracoli.

Occorre un grande sforzo da parte di tutta la cittadinanza e il rischio di fallire è grandissimo. Ma è fondamentale: il cambiamento auspicato in Italia può partire da Milano se qui, dove abbiamo il potere di farlo, introduciamo una rivoluzione copernicana nel nostro modo di amministrare e di fare politica. É venuto il momento di dare vita al “modello Milano” finora rimasto sulla carta. Le occasioni ci sono tutte: congresso del PD, città metropolitana, Expo; possiamo rimettere in discussione tutto e possiamo farlo bene. Dimostreremo nei fatti che, da città in mano alle cosche, ai palazzinari e alle multinazionali della finanza e del lifestyle, possiamo diventare una grande metropoli a misura d’uomo. Una città che fa della qualità della vita del singolo il suo elemento portante imperniandola sui valori condivisi di cooperazione, senso civico, solidarietà, rispetto dell’ambiente e cittadinanza attiva.

 

Giacomo Marossi

 



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