5 giugno 2013

MILANO, UNA RETE DI FIDUCIA PER IL NUOVO LAVORO


Bisogna fare quattro chiacchiere con Francesco Bizzotto, uomo PD e ex presidente di AFOL Nord Milano, l’agenzia che offre servizi pubblici per i cittadini e le imprese con obbiettivo di contrastare la disoccupazione, migliorare la qualità dell’occupazione, favorire la crescita del capitale umano e sostenere lo sviluppo locale ma anche migliorare la qualità dell’occupazione. Con lui abbiamo parlato di come rilanciare le Agenzie del Lavoro in vista dell’Expo, cercando di combattere la precarietà.

Come è il quadro delle Agenzie del Lavoro della Provincia di Milano? Le AFOL, partecipate dalla Provincia, sono sei. Incorporano i Centri per l’impiego. Hanno unito il molto che Provincia e Comuni fanno su formazione professionale, orientamento e lavoro. In particolare per i più deboli.

Qual è il punto chiave? Le Politiche attive per la mobilità. Se ne parla poco e non si fa nulla. Sono il cuore della flessibilità sana, europea, per aumentare la produttività d’impresa. Senza Politiche attive per il dialogo tra Domanda e Offerta, non c’è mercato del lavoro. Nessuno lo vuole perchè libera tutti. Vecchia logica centralista, patriarcale direbbero le suore cattoliche della LCWR, la Leadership Conference of Women Religious, l’organismo che rappresenta l’80% delle religiose Usa. Il dialogo di mercato è match, un rapporto di energie e progetti, un con-correre con obiettivi condivisi. Anticipa le crisi e costringe a lasciarsi misurare. I privilegiati lo temono.

Cosa significa per lei “mercato del lavoro”? Che l’impresa ha il diritto di scegliere il lavoratore e questi l’imprenditore. Entrambi vanno aiutati a scegliere e a sciogliere le relazioni, senza fare e subire drammi.

Liberismo spinto? Democrazia spinta. Oggi, l’impresa sceglie, a volte, il lavoratore mai. Dico alle imprese e alle loro potenti associazioni: costruiamo un libero mercato del lavoro; senza, l’economia non riparte. Il vostro silenzio protegge imprese fuori mercato che vivono con la vergogna della precarietà e della cassa integrazione. Queste aziende devono chiudere.

È duro con le imprese. Se non le aiutiamo: la ripresa e l’occupazione… Lo sviluppo quantitativo non ci sarà. Serve crescita nuova, giovane, di qualità. Prodotti e servizi sorprendenti. Milanesi! I “bru-bru” che sfruttano l’acquisto stupido e umiliano i nostri ragazzi, prima chiudono e meglio è. Muore il vecchio, parte il nuovo.

Parla di flessibilità in positivo, mobilità, scelta reciproca. Ne verrebbe creatività, nuove imprese, innovazioni a valanga. Basta Expo? Vuol chiudere le aziende cotte, per non alimentare marginalità e sprechi e il lavoro? Se si rompe l’argine delle garanzie la precarietà dilaga. Come si quadra il cerchio? Lo quadro sul territorio. E ogni quadrato sarà diverso. Expo è un volano. Il nodo è questo: dalla fabbrica fordista, grande, forte, spesso buona e paternalista, siamo passati all’impresa diffusa, media lombarda: 4 dipendenti! Possiamo farle carico delle sicurezze di cui il lavoro ha diritto, continuità di reddito, crescita professionale? Se ne deve far carico il territorio! Con la regia delle Pubbliche Istituzioni. Un 20% di altro lavoro c’è in Lombardia, più l’Expo. Non solo manuale o poco qualificato. Molte imprese sui 10 dipendenti, che fanno rete ed esportano, potrebbero crescere se… Molti i se: burocrazia, credito, giustizia, contratti, servizi di internazionalizzazione. Si possono fare accordi seri di territorio. Tutti li vogliono. Mancano la Politica e le giuste Istituzioni. Facciamo sistema, come la Germania! Non guardiamo solo a Roma. In Lombardia la disoccupazione è “tedesca”: 7%. Se non si agisce, peggiora. Ha ragione Squinzi. Le aziende fuori mercato? Devono cambiare o chiudere.

Nessuno sia solo. Chi non ce la fa chiuda. Spazio al nuovo. Sarà sufficiente? Il Nord Milano, dice l’Ocse, è l’area europea a più alta intensità di conoscenze e competenze professionali, imprese e lavoro dipendente e autonomo. Uno splendido intreccio. Un capitale inestimabile. Ci sorprenderà. Può attrarre investimenti da tutto il mondo. I lamenti lasciamoli ad altri. Serve vedere bene i problemi, le esperienze positive, le belle idee. Far leva su queste, rispettarsi, avere fiducia.

In effetti, il solo comparto assicurativo, se si orientasse alla gestione dei rischi: consapevolezza, prevenzione, internazionalizzazione, potrebbe quasi raddoppiare il giro d’affari e gli occupati. Dunque non basta togliere garanzie al lavoro, art. 18, flessibilità, per fare ripresa? Esempio splendido. Ci sono venti comparti che devono fare così. Fare impresa! Io amo il libero mercato e la mobilità sociale, che è libertà consapevole e rispettosa delle relazioni. Libertà vera, che rischia e innova. Chi vede solo la flessibilità, i costi e i soldi è un “poveretto”. L’errore è lavorare sull’emergenza, sul negativo, solo per crisi e disoccupati. È logica sacrificale, di vecchia rappresentanza, di destra e di sinistra. Irrigidisce le posizioni. Blocca le energie. Non governa e non funziona.

Quindi, cosa si deve fare? Altre Istituzioni? Ci sono: sei AFOL, in provincia di Milano. E Monza ha la sua. Sono forti e ben fondate. Sbagliano Pietro Ichino e Tito Boeri a snobbarle e la destra a massacrarle.

Quella di Milano città non ha dato una bella immagine… Si chiarisca. Subito. E si guardi ai problemi veri. Le AFOL sono frutto di un progetto intelligente. Da questa base è facile ripartire.

Come? Con chi? Pisapia ne parli con Provincia, Regione e partiti. Chiediamo a Enrico Letta di poter fare un test a Milano: servirà al Paese. Rilanciamo le AFOL. Apriamole alle parti sociali e al privato. Ascoltiamo l’indicazione di Elinor Ostrom, Nobel per l’economia 2009: la tutela dei beni comuni, i giovani, il lavoro, si fa con Istituzioni partecipate, pragmatiche e strategie condivise. Una bella battaglia politica.

Con quale indirizzo politico? Asciugare le parti amministrative e dare priorità alle politiche attive. Basta precarietà e raccomandazioni. Costruiamo la fiducia. La Formazione professionale? Quella che serve alle imprese. E diamo alle famiglie chiari orientamenti per gli studi e il lavoro dei giovani. Il lavoro manuale è base del linguaggio, dice Giulio Giorello. Non perdiamoli. E, a proposito di youth guarantee, c’è ormai la certezza: dove si definiscono percorsi per l’occupazione, con alle spalle una rete di imprese che si fida, l’80% trova lavoro in 8 mesi; con il sistema assistito, del lavoro precario e ognuno per sé, trova un posto in chiaro il 50% in 30 mesi. Ora, Expo è dinamite. Ha ragione il ministro Giovannini: con turismo, cultura e agroalimentare, le nostre giovani imprese decolleranno. La Lombardia sarà l’esempio.

Ci sono le risorse per creare questa rete di fiducia e protezione attiva? Qui sì. E possiamo aiutare zone meno fortunate. Si tratta di mettere a sistema le iniziative pubbliche e private, un fiume di competenze e denaro. Per non sbagliare, facciamo un test. Il governo e l’Europa lo sosterranno. E anche le imprese per bene, l’80%. Ripeto: se c’è convinzione e coesione locale, se c’è la Politica, i problemi si risolvono, i cambiamenti si governano. Altrimenti, sarà scontro e i giovani ribalteranno l’ipocrisia. Sia chiaro: io sarò con loro

Ci sarò anch’io. Saremo in tanti.

 

Massimo Cingolani

 



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