22 maggio 2013

CENTRALISMO REGIONALE, AVANTI TUTTA: SUPER ALER E NON SOLO


Ieri le aziende sanitarie, oggi l’agenzia di edilizia pubblica, domani le province (?) per portare avanti l’accentramento dei poteri in capo alla regione, domani macro-regione (?), a discapito di ogni velleità di conduzione partecipata e democratica di fondamentali funzioni territoriali e sociali. Se il protagonismo formigoniano era infatti rivolto principalmente “all’interno” di un sistema di interessi personalistico e clientelare, il disegno maroniano ha invece ambizioni “esterne”, teso a incidere sull’assetto istituzionale sino all’aspirazione di costituire una sorta di Stato nello Stato. Con un mutamento significativo di tattica politica la strategia leghista – abbandonata la primitiva traumatica secessione e passando per tappe intermedie (devolution, federalismo) – tende ora a materializzare la graduale e subdola insorgenza di un’entità sempre più pesante e ingombrante nei confronti dello Stato nazionale, peraltro notoriamente malandato sotto il profilo economico politico e istituzionale.

Naturalmente tale disegno deve poter contare sulla sottovalutazione e l’afasia di tutto il restante schieramento partitico, cosa assai facile visti i precedenti. Infatti la prospettiva della “macro-regione” è stata ed è tuttora presa sottogamba dall’opposizione (in regione, ma maggioranza in Parlamento e al Governo), trattata come banale trovata pre-elettorale alla quale non si ritiene opporre alcuna controproposta, rinviando il tutto a fumose “riforme” istituzionali delegate a referenziati saggi e paludate commissioni. Quasi bastasse a colmare un vuoto ventennale di idee e iniziative nel quale le mosse della Lega, apparentemente stravaganti e azzardate, sono spesso risultate egemoni e, come nel caso delle ultime elezioni regionali, vincenti.

Intanto, mentre a Roma si continua a favoleggiare di “abolire le province” (vecchio ritornello ripetuto fino alla noia da Veltroni e Di Pietro, Fini e Casini, ecc, fino agli otto punti di Bersani e al discorso inaugurale di Enrico Letta), in Lombardia le province – comprese le new entry di Lecco, Lodi e Monza – si consolidano. Probabilmente perderanno gli organi politici, in omaggio alle varie spending-review e taglio ai “costi della politica”, per trasformarsi in strutture “tecniche” al comando della Giunta Regionale, come già da tempo le “aziende” sanitarie e ospedaliere e da domani probabilmente le “sedi territoriali” ex Aler, presumibilmente dirette da “manager” rigorosamente lottizzati come da ben collaudata esperienza. In quest’ultima disciplina la scuola formigoniana tiene certamente ancora cattedra!

Il punto fermo di tale perversa strategia rimane la ripartizione burocratica del centralismo regionale in dodici/tredici ASL ovvero ex Aler ovvero Province dopo che la finta abolizione le avrà trasformate in pseudo-aziende commissariate da una Regione inamovibilmente governata dal centro-destra. Cosa del resto implicitamente ma inequivocabilmente confermata, con voto bipartisan, nella recentissima legge regionale (31/10/2012) che ha fatto coincidere le circoscrizioni elettorali con le province preesistenti, proprio mentre entrava in vigore lo sfortunato decreto-legge Monti che tentava invano di riaccorparle e distinguerle dalla sempre rinviata Città Metropolitana. Anzi, proprio con l’ultima propinata trasformazione Aler rispunterebbe una tredicesima entità, la “provincia del Seprio” (Busto Arsizio e limitrofi), vecchio e contrastato sogno leghista rimasto, a differenza della “Brianza”, nel cassetto.

Sarebbe pertanto possibile percorrere una strada decisamente alternativa? Certamente, a patto di “ripensare globalmente” l’assetto istituzionale sub-regionale (tralasciando qui di toccare il rapporto Stato-regioni e i relativi risvolti costituzionali). Intanto smettendo si inseguire le singole organizzazioni settoriali (la sanità, piuttosto che la mobilità o l’edilizia popolare) per affrontare a partire dal basso, da comuni ed enti intermedi, la madre di tutte le riforme. Si tratterebbe allora di agire su tre fronti interconnessi, sui quali riordinare l’intero sistema mediante una rigorosa analisi strutturale e funzionale. Basti per ora citare i titoli di una materia per altro dal sottoscritto ampiamente trattata, ahimè spesso invano, su queste colonne: 1) rendere effettivo il decentramento del comune capoluogo in municipalità equipollenti a medie città; 2) fondere i piccoli e piccolissimi comuni in entità tendenzialmente dimensionate come sopra e prevedere forme associative per la gestione dei servizi alla persona e le politiche sociali; 3) riaccorpare le province come da ex decreto Monti, mantenendo però l’autorità elettiva e affidando pochi ma precisi poteri cogenti in materia di territorio, mobilità e ambiente, nonché sostituire quelle ricadenti nella relativa area con la città metropolitana. Un’energica “cura dimagrante” della la Regione, da restituire alla missione originaria di organo legislativo e di alta programmazione, risulterebbe di conseguenza.

Valentino Ballabio

 

 

 



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