1 maggio 2013

POLITICA: RIPARTIRE DAL BASSO, DA QUELLO CHE C’È


La crisi di sistema che sta travolgendo il Paese obbliga tutti a ripensare sia la propria visione sia la propria missione pubblica. Le istituzioni e i partiti sono ormai assediati da movimenti di cittadini, la cui capacità progettuale pare essere minima, oscillando tra la richiesta del rinnovamento morale del Paese e quella di una partecipazione rumorosa e impotente, attraversata talora da tentazioni di scorciatoie autoritarie. Il fatto è che non soltanto nessuno è al riparo, ma, soprattutto, ciascuno è responsabile della crisi. Non ci sono colpevoli esterni, contro cui scagliarsi. Né basta il richiamo a nobili tradizioni e a un luminoso passato. Occorre pertanto ripartire da se stessi e rimettersi in discussione, senza rimanere ostaggi di storie consumate, che impediscono di guardare fuori di sé.

PD SEL PSI e Tabacci hanno raccolto il 29,4% dei votanti che corrisponde al 22,5% degli aventi diritto, dando vita a una coalizione che doveva governare l’Italia per cambiarla e che invece si è sfaldata in meno di una settimana annullando ogni residua credibilità di gruppi dirigenti che non sono stati in grado di vincere nemmeno contro il centrodestra più screditato della storia repubblicana.

Il governo Letta varato in queste ore è figlio di una ennesima sconfitta e non è certo il sole dell’avvenire che sogniamo, ma presenta alcuni elementi in grado di garantire alla sinistra come alla destra il tempo e il modo di rigenerarsi. Sarebbe infatti errato sottovalutare come l’indubbio rinnovamento effettuato, che mette fuori gioco tanto le “ditte” quanto i “cerchi magici “o le scuderie di bellicose “amazzoni azzurre”, liberi energie, anche se non è prevedibile la direzione prevalente che prenderanno le stesse. Il forte ancoraggio all’Europa garantito dalla presenza di Letta, Bonino, Moavero e Saccomanni e dall’assenza di ogni populista antieuropeo non garantisce una coerente linea di politica economica di discontinuità rispetto alle scelte recessive adottate in questi ultimi due anni ma ha il pregio di segnare con chiarezza il campo di confronto sul quale cimentarsi, l’Europa appunto, mettendo fuori gioco le pericolose trovate demagogiche tipo il ritorno alla lira.

La presenza dei sindaci Del Rio e Zanonato nel Governo può essere la chiave di volta per l’avvio di un confronto serio sul federalismo, dando agli ex colleghi delle grandi città l’opportunità di avere interlocutori attenti e consapevoli diversi dalla burocrazia centralista romana che aveva occupato l’intero ministero Monti e riportato le lancette dell’orologio istituzionale a prima del 1985.

La sinistra dovrebbe partire da questi dati che sono fatti reali per non rimettere le basi per una nuova e definitiva sconfitta, evitando di correre dietro agli illusionisti. Questa idea dei “due partiti” del centrosinistra è la versione farsesca delle divisioni “tragiche” tra socialisti e comunisti del XX secolo, non ha alcuna giustificazione che non sia l’istinto di sopravvivenza personale dei gruppi dirigenti di partiti e gruppi spesso esistenti solo sulla carta e va contrastata con ogni mezzo.

La verità è che non siamo riusciti a uscire dalla crisi del modello che ha dato vita alla nostra Repubblica. La condivisione storica, politica e culturale che diede vita alla nostra Costituzione stava nei partiti e le istituzioni repubblicane nacquero per loro impulso: l’innovazione e la partecipazione, fonte della buona politica, veniva dai partiti e passava nelle istituzioni, dove trovava le maggiori resistenze. Oggi la situazione è rovesciata: è dalle istituzioni a elezione diretta dove i cittadini scelgono rappresentanti e politiche alternative che viene la spinta al cambiamento, mentre i partiti sono almeno tre passi indietro.

La via per giungere al “partito della sinistra europea” passa per una operazione di legittimazione di leadership dal basso, attraverso confronti e consultazioni che non siano orientate da gruppi dirigenti o presunti tali. I leader che hanno una legittimazione popolare reale, come i sindaci eletti che hanno dimostrato anche di saper governare, hanno un ruolo fondamentale di stimolo e testimonianza in tal senso. Pisapia, Doria, Zedda come Fassino e Merola e gli altri primi cittadini che sono stati capaci di riunire e rilanciare la sinistra di governo nelle proprie comunità locali devono essere i primi a mettere in secondo piano le proprie appartenenze partitiche e rendersi garanti di un processo che in realtà si è già avviato e che aspetta solo di essere riconosciuto come tale, senza passare per inutili assisi congressuali di partiti contenitori che non conoscono più nemmeno il proprio contenuto.

 

Franco D’Alfonso

 

 



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