20 marzo 2013

UNA NUOVA SANITÀ PER LA GIUNTA REGIONALE


Tanto è stato scritto sul tema del futuro della Sanità, ma io credo che non serva una lunga sequenza di tante piccole modifiche. La Sanità Italiana ha bisogno di significativi cambiamenti ed essi possono solo avvenire attraverso adeguate e coraggiose sperimentazioni. Le mie tre proposte sono.

1) Separare la competenza regolatoria da quella gestionale. La struttura pubblica è insieme regolatore ed erogatore. Questo pone un tema di conflitto di interessi e di non chiarezza soprattutto in regioni, come la Lombardia, dove l’offerta privata accreditata è molto ampia. Bisogna separare le due attività creando una struttura piccola ed efficace, che svolga solo il ruolo regolatorio e di supervisione dell’offerta pubblica e privata. Tale funzione dovrebbe essere organizzata come un’authority e dovrà poter definire le regole del settore per di tutti gli operatori e supervisionarli. Dovrà offrire la massima trasparenza ai cittadini sulle scelte che farà, sulle motivazioni di tali scelte e pubblicare regolarmente dati e informazioni su tutti gli erogatori. Dovrà ovviamente essere una espressione della giunta, ma dovrà anche avere, nel suo vertice, persone indipendenti e di alto livello che possano garantire tale trasparenza.

Una authority di questo tipo potrà davvero costituire una garanzia per i cittadini e permettere una valutazione seria e indipendente del comportamento di tutti gli operatori e del confronto fra l’offerta pubblica e privata. Una vera garanzia non solo sulla supervisione della concorrenza dei diversi operatori, ma anche e soprattutto sui modelli erogativi e sui costi generali per tipologia di patologia. Costituirebbe anche un modo per l’amministrazione di porsi al fianco dei cittadini che sono coloro a cui l’amministrazione deve rispondere, mentre spesso appare che l’amministrazione si muova nell’interesse degli erogatori, pubblici o privati che siano.

2) Cambiare il sistema di allocazione dei budget alle strutture private. I budget di erogazione dati ai privati sono diventati una rendita di posizione. Essi garantiscono un fatturato certo permettendo redditività interessanti quasi senza ormai più rischio d’impresa. Questa spesa erogata attraverso i privati può essere ridotta permettendo l’entrata di nuovi operatori e l’avvio di una concorrenza seria che tenga in conto sia i prezzi sia la qualità intrinseca dell’operatore. Si potrebbe cominciare a sperimentare nuove modalità dall’area della medicina territoriale (visite e diagnostica) dove gli investimenti sono minori. Cambiare vuol dire andare a minacciare posizioni acquisite causando forti resistenze, come in tutte le aree, moltissime in Italia, dove si sono create delle rendite di posizione. Ma queste situazioni sono alla fine negative non solo per lo Stato (e quindi per i cittadini che pagano le tasse), ma anche per lo sviluppo futuro del settore. Tra l’altro questo cambiamento non dovrà essere temuto dagli operatori forti e seri, mentre marginalizzerà quelli piccoli e poco orientati a innovare. Creerà una riduzione della redditività delle strutture private, ma ciò è inevitabile anche in questo settore che è stato finora protetto e molto redditizio.

3) Nuove modalità di collaborazione con i privati. Gli erogatori privati svolgono ora essenzialmente un ruolo di outsourcing del settore pubblico ed erogano secondo modalità uguali a quelle del pubblico perché l’offerta è conformata dal sistema dei rimborsi. Ciò che serve, per migliorare la qualità e ridurre i costi, è sperimentare modelli erogativi diversi. Su questo vi è consenso in tutto il mondo. In particolare trattare per patologia, prendendola in carico, e non attraverso prestazioni spezzettate erogate da operatori diversi. La presa in carico riduce la duplicazione degli esami e aumenta sia la qualità che la soddisfazione del paziente. Un esempio viene dalla medicina territoriale. Ormai i medici di medicina generale (MMG) sono diventati in larga parte dei prescrittori di esami e di visite specialistiche che sono svolte in maniera spezzettata in altri ambulatori e negli ospedali. Il paziente è come una pallina da flipper che ruota fra vari erogatori perdendo molto tempo e anche pagando molti ticket.

Se si creassero delle unità territoriali che raggruppassero i medici di base, alcuni specialisti e macchine di diagnostica di primo livello si potrebbero risolvere in questi luoghi la maggioranza dei casi, con evidente riduzione di costi e di tempi e liberando gli ambulatori ospedalieri e i pronti soccorso, che sono intasati da pazienti con patologie lievi. Di questo si parla da qualche tempo, tutti sono favorevoli ma nulla succede. Ci si limita a tentare l’unione del solo medico di medicina generale, ma questo passo non è per niente sufficiente. Occorre un’offerta integrata. Queste iniziative non partono perché il settore pubblico non ha le risorse finanziarie né la capacità imprenditoriale per realizzarle; ma neppure i MMG hanno tali risorse e competenze. Vi sono grande diffidenza e rigidità normativa rispetto all’ingresso di operatori privati che realizzino queste sperimentazioni, anche sotto un rigido controllo pubblico.

Si tratta di passare dall’outsourcing dei servizi alla partnership con i privati per costruire nuovi modelli e poi, se di successo, applicarli su larga scala. L’esperienza internazionale ha mostrato che i sistemi sanitari non possono essere cambiati con una grande riforma dall’alto, ma che debbano essere modificati con sperimentazioni dal basso che, se di successo, siano poi estese. Per farlo servono nuovi attori privati che si prenda il rischio di sperimentare nuovi modelli, probabilmente meno redditizi degli attuali, ma più efficaci. E il settore pubblico deve attrezzarsi mentalmente e con adeguate competenze per perseguire queste nuove strade.

La Sanità ha bisogno di grandi cambiamenti e per realizzarli ci vuole grande coraggio, imprenditorialità e nuovi modelli collaborativi fra il pubblico e il privato. Il tutto attraverso una trasparenza totale che oggi manca in tutto il settore sanitario. Tale trasparenza è dovuta perché la Sanità è interamente finanziato dai cittadini attraverso le tasse o il pagamento diretto.

 

Luciano Balbo

 



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