13 marzo 2013

BERSANI E IL ”RACCONTO ZERO”


Le elezioni del 2013 hanno un vincitore super partes. Ancora una volta ha vinto, anzi ha stravinto, la comunicazione. Il potere di quest’ultima nel costruire il rapporto fiduciario con l’elettorato italiano è stato fondamentale. Dunque ha vinto la comunicazione e hanno vinto anche i due migliori discepoli dell’imbonitrice televisiva Vanna Marchi: Silvio Berlusconi e Beppe Grillo.

Grazie a un linguaggio iperbolico (nel mio recente libro “La svolta fiduciaria. Da Berlusconi a Grillo” parlo di narrazione politica iperrealista), a una scrittura accesa, spesso pirotecnica, costruita intorno a pochi dettagli ingigantiti e ripetuti in modo seriale e ridondante, hanno conquistato un posto di primo piano nell’agenda setting dei media. Attraversando lo stretto di Messina a nuoto, piuttosto che passando il fazzoletto per pulire la sedia su cui era seduto Travaglio, hanno saputo attirare l’attenzione dei media. Tutti i riflettori televisivi e dei giornali erano puntati sul fare e sul dire dei nostri due eroi. Molto bravi entrambi nel proporre il frame narrativo del nemico, che ogni volta, piaccia o non piaccia, funziona.

Berlusconi si è precipitato in tutti programmi televisivi per raccontare che in Italia c’è un nemico (Monti, la sinistra) che produce un danno al Paese. Questo danno ha un nome ben preciso: IMU. Questa tassa sulla casa è diventato il simbolo del male, che distrugge il rapporto dei cittadini con lo Stato, trasformandolo in un rapporto disforico (che fa piangere). Una volta identificati i nemici e le vittime (i cittadini), è pronto a scendere in campo l’eroe-salvatore, cioè “io Silvio Berlusconi”, che sa e può rimediare al danno, abolendo l’IMU e restituendo il maltolto agli Italiani. Una volta presentato un bersaglio come nemico degli Italiani, l’eroe, seguendo lo schema delle fiabe, si dà un auto-mandato per compiere la sua performanza.

Beppe Grillo da parte sua ha costruito il suo racconto del nemico, diffondendo dapprima attraverso il suo blog e poi nei comizi pre-elettorali l’idea forte che i nemici degli Italiani sono tutti i partiti, tutti i politici che siedono immeritatamente in Parlamento. A questi nemici sono stati attribuite tutti le peggiori connotazioni disforiche, correndo anche il rischio di assomigliare a un leader del passato che aveva portato l’Italia allo sfascio. Ma il valore aggiunto che Grillo ha dato al suo racconto, e che lo differenzia da populisti come Mussolini e Berlusconi, consiste nel proporre il frame narrativo dell’eroe-salvatore all’interno di una storia partecipata e diffusa.

L’eroe diventa collettivo e si identifica nella gente comune, nei cittadini bravi e competenti, che non si riconoscono più nelle strutture obsolete dei partiti. Utilizzando la rete ha messo in campo un’intelligenza collettiva e connettiva da contrapporre al nemico. Lui naturalmente si è posto nel ruolo di mediatore e garante di questa discesa in campo dei cittadini e della società civile. L’eroe non sono io, voi siete l’eroe. Io sono solo il vostro portavoce, il vostro megafono, grazie alla mia abilità di affabulatore. Come un bardo postmoderno Grillo ha raccolto, trasmesso, celebrato, il disagio sociale di tanti Italiani e lo ha riproposto nella forma di un racconto credibile di rottura ma anche di palingenesi.

Pur utilizzando lo stesso linguaggio eccessivo delle narrazioni iperrealiste, lo ha implementato con elementi tipici del racconto collettivo della speranza, della democrazia partecipata, del coinvolgimento emotivo e passionale tipico della narrazione di Obama in America, poi ripresa dal Movimento Arancione a Milano con Pisapia. Questa narrazione mette al centro gli elettori con le loro storie personali, con i loro disagi e problemi. Li fa sentire protagonisti della campagna elettorale. Il sentirsi protagonisti crea fiducia. In pratica è lo stesso meccanismo fiduciario che spiega il successo di Wikipedia. È il passaggio dalla fiducia sono “io” leader unico alla fiducia siamo “noi” (leadership collettiva). Questo racconto a 5 stelle è stato veicolato utilizzando in modo sinergico i tre luoghi tipici del patto fiduciario: piazza, tv, web.

Ma chi ha perso queste elezioni? Le ha perse sicuramente la non comunicazione di Bersani. Il leader del PD e il suo staff sono stati capaci di realizzare il grado zero della narrazione. Ovvero zero argomenti concreti veicolati nel suo dictum. Zero dettagli a favore di un linguaggio general-generico, vago, approssimativo, fatto di “un po’ di lavoro, un po’ di tasse in meno, un po’ di …” che non accende mai la narrazione non dico di effetti speciali, ma neppure di emozioni. Tanto buon senso comune ma zero passioni. Non arrivava niente alla pancia delle persone, e questo poteva anche essere un bene dopo tanto parlare alle viscere da parte di politici-imbonitori, ma il fatto è che non arrivava niente anche al cuore delle persone. Solo la passione, che è un’emozione che si lega a un ideale, a una speranza, a una vision rispetto a un futuro migliore, può accendere il cuore di un elettorato in fuga dalla politica.

Bersani con la sua non comunicazione non ha potuto mai dettare l’agenda dei media. Veniva intervistato solo per ribattere alla proposta shock, all’argomento pirotecnico che Berlusconi o Grillo avevano gettato nell’agone mediatico il giorno prima. Gli altri attaccavano e lui giocava di rimessa, chiuso in difesa a sostegno della “politica giusta”. Uno slogan forse accattivante per i militanti, ma non certo in grado di fare breccia presso un elettorato più vasto, presso gli indecisi, soprattutto quelli che si informano attraverso la tv. Ancora una volta il centro-sinistra ha commesso l’errore di sottovalutare il potere della comunicazione durante la campagna elettorale. Tutti i contenuti migliori vengono vanificati se non sono collocati all’interno di un patto fiduciario efficace con l’elettorato.

 

Alberto Negri

 

 



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