19 febbraio 2013

DAL TERRITORIO ALLA REGIONE. STORIE DI POLITICA VISSUTA


Come è lontano il 2011 a Milano. Quest’inverno non somiglia affatto, con tutta la buona volontà, alla primavera arancione, e il clima è più freddo in tutti i sensi. Qualcosa certamente è cambiato, e sta cambiando, ma guardandosi intorno si direbbe che ancora non è abbastanza. Eppure, basta saperli cercare, di segni positivi e incoraggianti ce ne sono; osservando più da vicino si trova un filo rosso che lega l’entusiasmo della campagna elettorale di Pisapia con quella di Ambrosoli. A unire questi due momenti politici sono soprattutto le persone. Le stesse persone che si ritrovano dopo una pausa a lavorare insieme, che rimettono insieme i pezzi, lasciando da parte dubbi e disillusioni, tentazioni di “ritiro a vita privata” per ritrovare la stessa voglia di esserci, di partecipare, organizzare, volantinare, metterci la faccia, come ormai si usa dire; e di farsi coinvolgere e coinvolgere gli altri.

A risollevare questa campagna elettorale che sembra – non si capisce nemmeno il perché – un po’ stanca e svogliata, ci sono tutti quei candidati che, nelle diverse liste a sostegno di Ambrosoli, hanno scelto si mettersi in gioco per la prima volta. Si candidano in primo luogo per essere parte di un progetto, interpretando un’esigenza di cambiamento che travalica l’esperienza personale, ma che non sarebbe mai nata, probabilmente, in una storia diversa da quella di ciascuno di loro. Qualcuno li chiama esordienti della politica, per distinguerli dai “politici di professione”: indagando però un po’ più a fondo nelle loro vite si scopre subito che il termine è quanto meno riduttivo.

Al di fuori dei partiti e dei canali istituzionali, ma sempre in stretta relazione e interscambio propositivo con essi, molte di queste persone hanno svolto per anni attività nelle associazioni, nei circoli, nei comitati, sono stati (e continuano a essere) attivi e indispensabili punti di riferimento sul territorio; hanno lavorato e lavorano intorno a questioni di principio e a problemi concreti: tanto che questi cosiddetti “esordienti” hanno acquisito conoscenze ampie, sono in grado di formulare critiche e proposte proprio perché fanno riferimento a una realtà vissuta in prima linea. E conservano, soprattutto, un’apertura verso la gente e una capacità di coinvolgere e condividere che molti politici si sono persi per strada. È così che la politica nata e cresciuta sul territorio porta a questa campagna elettorale per la Lombardia un’energia e una freschezza che possono fare la differenza. “Fare politica dal basso”, per chi ci ha provato, è molto più di una frase di tendenza, partecipazione è una forma di cultura politica e non un ingrediente ormai da aggiungere sempre e comunque perché dopotutto ci sta bene e cattura l’interesse.

Chiamiamoli quindi rappresentanti della cittadinanza attiva, questi candidati, o con il termine che più ci sembra indicato a definirli: la sostanza non cambia. Ogni storia ha le sue specificità, eppure ci sono alcuni tratti che le accomunano tutte in una sorta di identikit, di ritratto. In queste settimane ho avuto modo di conoscere e di parlare a lungo con Antonella Meiani, maestra elementare che ha lavorato fin dal primo giorno nei ComitatixPisapia Sindaco e poi nei ComitatixMilano. Oggi è candidata al Consiglio Regionale della Lombardia come indipendente nelle liste di Sel: una donna che di politica, per vie diverse da quelle tradizionali, se ne è occupata da sempre. Parlo di lei perché mi ha aiutato a comprendere meglio alcuni aspetti, ma potrei però parlare delle altre persone, tante, che hanno scelto di candidarsi per dare voce a un diverso modo di fare politica. Nato dalla “primavera arancione”? Anche molto prima.

Nel caso di Antonella l’impegno è iniziato nella difesa della scuola pubblica in cui lavora da molti anni, per altri è nato invece in altri ambiti professionali, oppure nel quartiere, nella zona, intorno a un tema o una situazione specifica. Attenzione, perché a differenza di quanto qualcuno potrebbe credere – con un certo interessato scetticismo di fondo – in questa diversità non c’è niente di dilettantesco o di lasciato al caso. Anzi. Al politico tuttologo, che nei suoi discorsi ci mette proprio tutto, spaziando dalla politica estera ai problemi alla sanità, del precariato e ai diritto diritti delle coppie di fatto (e che dà quindi l’impressione di conoscere tutto in modo un po’ teorico e asettico), si contrappone il candidato della società civile, che si concentra su uno, due, massimo tre temi. Ma su quelli ha una preparazione che gli deriva da un’attività effettiva e concreta, da un confronto quotidiano con la gente di cui si sente parte e non portavoce. Candidarsi interpretando questo spirito, significa per prima cosa non essere da soli sulla strada, ma rappresentare – nelle piccole come nelle grandi cose – una candidatura collettiva.

Spesso si sente dire, ed è anche un po’ un luogo comune, che un politico ha “dietro” un movimento; nel caso di cui stiamo parlando, invece, il movimento non è dietro, ma “dentro” il candidato, che insieme a esso nasce e fa crescere le proprie idee, senza essere né più avanti né più. Allora anche la campagna elettorale non è più un percorso singolo, in tutto e per tutto diventa lavoro di gruppo, avventura condivisa, basata su una spontaneità che non significa mai improvvisazione. Si mettono insieme competenze e si riuniscono le forze, proprio come succede nelle riunioni dei Comitati e delle associazioni quando si devono organizzare iniziative ed eventi, feste o manifestazioni di piazza. Ciascuno fa quello che sa fare nella vita e anche il programma si costruisce insieme, come un’espressione comune e ragionata, non pronta e confezionata ma perfezionabile lungo il tragitto.

Antonella Meiani mi racconta che per lei ha funzionato e sta funzionando esattamente così, anche in questi ultimi giorni. Ciascuno ci mette una frase, una parola, un’idea, una proposta; gli errori sono normali e consentiti, fanno parte del gioco; l’agenda si monta e si smonta, gli eventi si costruiscono, quelli con gli altri candidati sono momenti di confronto senza l’ansia di dover arrivare prima o primo. Sera dopo sera si gira per i quartieri della città e in provincia, dai mercati ai circoli, foto e riprese video sono fai-da-te. Quello che non manca mai è il dialogo con le persone, ascolto e sorriso: d’altra parte Pisapia ha fatto scuola, e non si dimentica lo stile. Le strategie dei partiti, che per ordini di scuderia devono favorire un candidato piuttosto che un altro, sono quanto mai lontane, estranee.

E nei discorsi in pubblico il candidato “non professionista”, non importa che abbia diciotto o cinquantacinque anni, lo riconosci a prima vista, anche se non sei un esperto e di discorsi elettorali non ne hai sentiti poi tanti nella tua vita. Lo riconosci non perché sa meno cose degli altri o perché è meno bravo a esprimerle, ma perché ancora gli brillano gli occhi e gli si incrina la voce quando ne parla; la politica, il rapporto con gli elettori, o potenziali elettori, ancora non ha assunto i tratti grigi dell’abitudine e del lavoro di routine. Che ci creda veramente, questa persona? Ed ecco che settimana dopo settimana, ormai ne sono passate quattro o cinque, in questo entusiasmo dei candidati neofiti si torna inaspettatamente, e con immenso piacere, a riconoscersi.

 

Eleonora Poli



Condividi

Iscriviti alla newsletter!

Per ricevere in anteprima sulla tua e-mail gli articoli di ArcipelagoMilano





Confermo di aver letto la Privacy Policy e acconsento al trattamento dei miei dati personali




Ultimi commenti