13 febbraio 2013

CULTURA CENTRO E PERIFERIA. L’INFORMAZIONE SCHIZOFRENICA


C’è questa strana e apparente contraddizione tra centro e periferia, nel panorama culturale milanese: i ruoli “canonici” sembrano ribaltati. La “landa desolata” sarebbe tutta interna alla cerchia dei navigli (il bando del Lirico andato deserto, lo sfratto del San Babila, la chiusura dei cinema..), mentre le periferie sono ricche di incontri, concerti, spettacoli: nel mese di febbraio “oltre 120 gli appuntamenti “periferici” a ingresso gratuito”. In compenso sappiamo molto di quello che non c’è più o non c’è ancora in centro, sappiamo poco o niente del nuovo che avanza nelle periferie. Ovviamente diversi sono gli stili, gli obiettivi, le produzioni, la ricerca, ma molto ci interroga sulla cultura come fattore di coesione sociale.

Le periferie hanno un vita culturale e associativa intensa, ne da notizia  periferiemilano.com: teatri, cori, scuole di italiano per stranieri, luoghi di cultura dove la coesione sociale non è una bandiera, una etichetta o uno dei tanti buoni propositi, ma oggetto di lavoro quotidiano. Perché continuare a proiettare la periferia come povera, emarginata ed esclusa? Non vorremo che la fossa dei navigli fosse il nostro “muro di Berlino”.

Gennaro D’Avanzo direttore del Teatro San Babila, cita come modello Londra e Berlino i cui centri alla sera sono animati dalla vita culturale, a Milano invece l’uniformità del tutto-griffe lo ha desertificato: il fuori orario non esiste. È vero anche che Londra e Berlino sono città policentriche e con estensioni tali che in ognuno dei quartieri si riproduce la città intera: le istituzioni non sono chiuse nel fortino del centro simbolico ma distribuite in tutta la città. A Milano si è tentato di dislocarle ma gli esempi della Beic o della cittadella della giustizia raccontano di naufragi, per mancanza di fondi o di volontà, e il centro continua a calamitare l’intera città, attraendo traffico. Possiamo anche impedire alle auto di entrare, ma forse sarebbe più saggio perseguire un altro modello.

“Ci vorrebbe un box office in tutte le vie e programmazione esposta sugli autobus, per ridare vita al centro” afferma ancora D’Avanzo. Sono d’accordo, Times Square è un miraggio: oggi non si ha la possibilità di acquistare in un unico luogo quanto offre il cartellone, magari all’ultimo minuto. Ma parliamo dell’unico box office che esisteva in città in piazza Cairoli, all’angolo con via Cusani: finché era un “baracchino” funzionava, poi lo si è voluto moderno, multimediale, una teca trasparente, manufatto urbano oggetto di design. Ora, ed è così da almeno cinque anni, è chiuso, lasciato a se stesso, con tanto di fogli sulla scrivania, telefono, fax, pc, quattro grandi schermi, una scopa appoggiata alla parete: racconta la storia di qualcuno che ha chiuso la porta e se ne è andato (torno subito..).

Forse non se ne sono accorti, è semplicemente scomparso, in comune devono pensare che sia ancora lì, o forse hanno perso le chiavi o nessuno si ricorda chi le aveva in consegna. Ho fatto una interrogazione la scorsa legislatura da consigliera di zona 1, io allora all’opposizione: nessuna risposta. Eppure non sono poche le realtà cui potrebbero essere destinati quegli impianti, dai Cam alle associazioni, sempre che si sia capito a chi appartengono.

Nell’era di internet la soluzione potrebbe essere una altra, certamente, ma si rinuncia a presidiare il territorio, a dare un segnale di presenza. E in assenza di un portale la consultazione simultanea degli eventi si fa complicata, se poi non si ha la possibilità di acquistare il biglietto.

L’assessorato alla Cultura ha fatto opera meritoria sul sito del Comune con la scheda “Milano per lo spettacolo” dove tutti i teatri attivi in città sono linkati, ma si ferma all’aspetto informativo divulgativo di ciascuno. L’Istituzione in quanto tale potrebbe fare di più o dovrebbe essere una azione commerciale coordinata? Di fronte a una offerta culturale così ricca come quella di Milano non mi capacito del perché “Time Out” non abbia fatto l’edizione milanese, quando tra le città italiane sono presenti Napoli, Roma e Venezia. Non mi sembra si sia da meno.

Giulia Mattace Raso

 

 

 



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